Sveglie che suonano, persone che escono di casa per andare in ufficio. Chi in auto, chi in moto, chi con i mezzi pubblici. Alcune intente ad ascoltare musica, altre già concentrate a gestire criticità via smartphone. Una routine che va in scena in quasi ogni parte del mondo e che mostra l’accelerazione di un cambiamento di prospettive nell’attitudine al lavoro che si riflette anche sulla concezione di ufficio.

Secondo la “2017 Global Cities. The Flexible Workspace Market Review” di Instant, nell’ultimo anno si è registrata una crescita complessiva del 18% nel numero di spazi di lavoro flessibili a livello globale. Questa espansione del mercato è stata guidata da un aumento del numero di centri di coworking ed ibridi che ora rappresentano il 30% di tutto lo spazio di lavoro flessibile. Inoltre, si stima che entro il 2030, il 30% del real estate corporate portfolio includerà spazi dinamici: le aziende hanno nuovi obiettivi da raggiungere ed hanno sempre più bisogno di ambienti lavorativi efficienti in termini di occupazione, flessibilità, tecnologia, attenzione alle persone e alla sostenibilità. Uno studio di CBRE del 2017 effettuato sulle grandi corporation, riporta che nei prossimi tre anni l’interesse nei confronti degli spazi di lavoro condivisi aumenterà del 70% in tutta Europa.

Non è un segreto che le organizzazioni che abbracciano la flessibilità all’interno dell’ambiente lavorativo hanno un forte vantaggio competitivo. Solo in Italia l’Osservatorio Smart Working del Politecnico stima che l’adozione di un modello “maturo” di Smart Working per le imprese possa produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significano 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi.

Un trend globale

Sebbene con nomi, accezioni ed impianti normativi diversi, le politiche di flessibilità nell’organizzazione del lavoro si stanno diffondendo ovunque. Le differenze risentono delle diversità in termini di cultura, diffusione delle tecnologie e legislazione del lavoro, ma esiste un tratto comune, a livello linguistico: anche se i termini utilizzati sono diversi (Flexible Working, Telework, Work 4.0, Agile Working, Activity Based Working, Mobile Working e New Ways of Working) balza all’occhio che quello che si sta definendo e diffondendo non è tanto una modalità o un luogo di lavoro differente ma uno stile di lavoro e di vita diverso: agile, flessibile, innovativo, mobile.

Lo stesso Parlamento Europeo con la risoluzione del 13/9/2016 (principio generale n°48), afferma di sostenere “il lavoro agile”. La risoluzione mette in evidenza i benefici sociali affermando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata per sostenere il rilancio demografico, preservare i sistemi di sicurezza sociale e promuovere il benessere e lo sviluppo delle persone e della società nel suo insieme.

Lavoro agile, cosa significa?

La normativa italiana sullo smart working fa parte della legge n.81 del 22 maggio 2017, intitolata “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Una legge che tutela chi desidera sovvertire il concetto tradizionale di ufficio, e lavora in hotel, treno, aereo, con cellulare, tablet o canonico pc.

Secondo l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, il lavoro agile è una “filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità ed autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

In parole povere, lo smart working è una nuova opportunità di gestione del lavoro che si basa sui concetti di fiducia, flessibilità ed organizzazione.

Stiamo, insomma, assistendo a una rivoluzione, un adattamento da parte delle aziende e dei lavoratori verso tempi che cambiano e che richiedono di ripensare modelli di business che ora non funzionano più.

Le incredibili rivoluzioni tecnologiche degli ultimi anni chiedono nuove modalità di fare impresa, che generano opportunità economiche guardando al benessere delle persone e dell’ambiente, in un panorama che è sempre più globale, digitalizzato, connesso.

Dall’ufficio all’ecosistema: lo spazio di lavoro come una “Rainforest”

È in questo contesto che è nato e si sviluppato Copernico, la piattaforma italiana per lo smart working promuovendo il concetto di “Rainforest Workspace”. “L’idea alla base di Copernico è quella di creare contesti fertili, con spazi personalizzati e scalabili, in cui le aziende e le persone possano proliferare – spiega Pietro Martani, founder e CEO della società. Il desiderio è creare una rete di luoghi e servizi a sostegno delle imprese e dei professionisti che intendono innovare il loro modo di fare business scegliendo uno stile di vita e di lavoro moderno e confortevole, basato sulla forte volontà di condividere spazi, esperienze, conoscenze all’interno di un ambiente che aiuta a generare valore e ad accelerare la crescita delle imprese”.

Copernico non è un ufficio, ma un ecosistema e una rete di spazi fisici e digitali dove le aziende possono crescere attraverso la condivisione dei fattori produttivi più significativi: spazi, servizi, tecnologia, conoscenza – proprio come succede in una foresta pluviale.

Il nostro obiettivo è creare un’economia interna, dove l’appartenenza alla community sia di per sé un patto di fiducia per le aziende che sanno di poter trovare all’interno di Copernico partner per il loro business – continua Martani. L’incontro e la nascita di opportunità possono scaturire in maniera casuale, al bar, in ascensore, in palestra, durante un evento oppure attraverso le attività di comunicazione che danno visibilità all’interno del mondo copernicano. In più, i community manager agiscono da connettori tra aziende e aiutano a far nascere sinergie laddove intravedono ci sia la necessità”.

Copernico – che oggi conta un network di 14 location e 5.000 professionisti tra Milano, Roma, Torino, Bruxelles – sarà presto anche a Bologna, Cagliari e Varese.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesca Zuffi, Copernico, redazione@exportiamo.it

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