Uno dei settori più importanti per l’export Made in Italy negli Stati Uniti è quello della meccanica strumentale che attualmente assorbe circa il 21% dei 40,5 miliardi di euro esportati dal Belpaese verso Washington. Scopriamo insieme tutte le opportunità offerte dal comparto e gli aspetti che è bene tenere in considerazione se si decide di vendere macchinari negli States!

L’economia statunitense sta vivendo un periodo di crescita ininterrotta dal 2011 tanto che il PIL a stelle e strisce ha raggiunto quota 20.000 miliardi di dollari e secondo le stime del FMI dovrebbe crescere di un ulteriore 2.5% nei prossimi 6 mesi. Merito soprattutto delle manovre espansive attuate dal nuovo governo come il taglio delle tasse e la semplificazione in materia di investimenti che sta favorendo anche il rientro dei capitali americani dall’estero. In discesa anche il tasso di disoccupazione che dal 3,8% dell’ultimo rilevamento è previsto attorno al 3,6% nel 2019, il livello più basso dal 2000.

Indicatori positivi anche per ciò che concerne il comparto manifatturiero americano che dovrebbe crescere del 2,8% nel 2018 e del 2,6% nel 2019. Nell’ultimo anno inoltre sono state ben 245.000 le nuove assunzioni nel settore, segno che la produzione americana sta ripartendo con grande slancio.

Tutto ciò può favorire l’import statunitense di macchinari italiani anche per i seguenti motivi:

- Aumento della produzione domestica: le politiche protezionistiche Buy American del governo Trump avranno un effetto positivo sulla produzione Made in USA determinando un aumento delle richieste di macchinari e beni industriali. Un altro fenomeno di cui tener conto è quello del re-shoring, ovvero il rimpatrio di linee di lavoro spostate in precedenza all’estero (Cina e Messico in particolare);

- Efficienza produttiva: i costi di produzione negli Stati Uniti sono notevolmente più alti rispetto a quelli asiatici e sudamericani (del 20-30% circa). Dunque, per raggiungere un livello di efficienza ottimale, saranno necessari nuovi investimenti per rinnovare gli impianti produttivi;

- Investimenti infrastrutturali: Trump ha intenzione di mettere sul piatto 200 miliardi di fondi federali per finanziare nuovi progetti infrastrutturali, in particolare nelle aree più rurali del Paese. Questo contributo a fondo perduto ha l’obiettivo di stimolare investimenti per un valore di 1500 miliardi nei prossimi 10 anni, sia nel settore pubblico che privato.

Fattori fondamentali che, al di là della linea protezionistica promossa dal tycoon, potrebbero rappresentare una grande opportunità per le aziende italiane produttrici di macchinari .

I numeri del Made in Italy

Per quel che concerne il settore della meccanica nel 2017 gli Stati Uniti hanno importato Made in Italy per 11,23 miliardi di dollari (1,6% del totale) con una crescita considerevole del 10.8% rispetto al 2016. Nel dettaglio si segnalano i seguenti prodotti:

- Macchinari e componenti elettrici: $1,91 miliardi di dollari (+9,1% rispetto al 2016);
- Componenti meccanici: $1,43 miliardi di dollari (+12,5%);
- Pompe: $982,4 milioni (+69%);
- Macchine utensili: $570,8 milioni (-6,3%);
- Macchine per imballaggi: $568,8 milioni (+10,1%)
- Macchine alimentari: $429,1 milioni (-20,2%)
- Macchinari specifici e Robot: $394,7 milioni (+19,1%)

Buone performance anche per le macchine per movimento terra ($242,3 milioni e +11,5%), macchine per la lavorazione di plastica e gomma ($190,4 milioni e +18,4%) e centrifughe ($188,2 milioni e +5%).
Infine nel primo trimestre del 2018 le esportazioni italiane di macchinari sono aumentate del 6,7% rispetto allo stesso riferimento cronologico del 2017.

Vendere macchinari negli Stati Uniti

Ma come entrare in un settore così sofisticato dopo aver rintracciato tutte le opportunità nella prima fase di studio del mercato? Innanzitutto è necessario costruire una strategia commerciale solida attraverso la costituzione di una società di diritto statunitense, procedere con la registrazione dei nomi e dei marchi appartenenti all’azienda, organizzare la logistica e valutare tutti gli aspetti relativi all’assistenza post vendita.

A livello strettamente operativo e commerciale le opzioni sono due: affidarsi ad una rete di agenti oppure ad un distributore. Nel primo caso l’azienda riceve l’ordine, decide se accettarlo o meno, paga la provvigione all’agente e spedisce direttamente al compratore tenendo traccia del prezzo e della destinazione finale del bene. Nel secondo caso invece il distributore compra il prodotto direttamente dall’azienda, la quale inevitabilmente ha un controllo minore rispetto al bene (sia in termini di prezzo che di destinazione finale).

Sono dunque molteplici gli aspetti da tenere in considerazione se si decide di esportare macchinari negli Stati Uniti, in particolar modo se questi hanno un altro grado di sofisticazione e richiedono un’assistenza post vendita costante. Non a caso la difficoltà di stabilire una presenza negli Stati Uniti a causa dei livelli d’investimento elevati rappresenta spesso il limite principale per le PMI del Belpaese.

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Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it

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