Italian food: quanto ne sanno all’estero?

Italian food: quanto ne sanno all’estero?

08 Luglio 2018 Categoria: Food & Beverage

Il 2018 è l’Anno del Cibo Italiano. Un anno ricco di manifestazioni, iniziative ed eventi dedicati al Made in Italy enogastronomico e a tutte le sue eccellenze, che come spesso si dice “sono apprezzate e conosciute in tutto il mondo”. Ma siamo sicuri che sia proprio così?

Dati alla mano, ci tocca purtroppo mettere da parte il nostro orgoglio italico e accettare il fatto che l’equazione Italia = buona tavola non può ancora essere data per scontata in molte parti del mondo, ad esempio in Cina.

Secondo l’indagine dell’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies sul posizionamento del Made in Italy in Cina, condotta da Nomisma Wine Monitor, su un campione di 1.000 cittadini dal reddito medio-alto residenti a Pechino e Shanghai, la metà dei consumatori cinesi chiamati ad associare al Belpaese un prodotto o un brand agroalimentare ha risposto “non so”, mentre sette su dieci associano il vino solo alla Francia. I dati hanno confermato che la pasta è la più conosciuta dalla upper class cinese nominata dal 31% di coloro che danno un’indicazione di prodotto, seguita dai brand Ferrero (10%) e Illy (4%). Incredibilmente resta fuori dal podio la pizza (4%) mentre a sorpresa il tiramisù batte i prodotti simbolo dell’italianità: gli spaghetti, il brand Barilla, il formaggio e i maccheroni. La classifica del vino vede premiati il Barolo (13%), l’Amarone (7%) e il Chianti (6%), seguiti però da risposte come “Piemonte”, “Docg”, “Italia”, “vino italiano”, “vino rosso” e “Toscana”, indicazioni che evidenziano una sostanziale confusione culturale rispetto ai nostri prodotti enologici.

Va un po’ meglio su quei mercati più avvezzi alle produzioni nostrane, come quello a stelle e strisce. Da un’indagine condotta da Cia-Agricoltori Italiani emerge infatti che il 43% degli statunitensi chiede più Made in Italy nei supermercati e ben il 74% dichiara di essere disposto a riconoscere un prezzo maggiorato sui prodotti, a patto che siano 100% italiani.

Se la “reputation” di cui gode il Made in Italy all’estero può essere dunque promossa a pieni voti, è bocciatura netta sul fronte della conoscenza della sua straordinaria varietà: gli stranieri conoscono appena il 5% dei prodotti nazionali. A fronte di una produzione nazionale che vanta 5.874 cibi tradizionali e denominazione di origine, sulle tavole dei consumatori internazionali ne arrivano appena 200. Se all’estero quindi è facile reperire alcuni “must” dell’agroalimentare tricolore come l’Aceto balsamico di Modena, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, i Prosciutti di Parma e San Daniele, di altri prodotti come il Caciocavallo Silano o il Riso vialone nano del Veronese, tanto per citarne qualcuno, si ignora totalmente l’esistenza.

È anche grazie a questo enorme gap conoscitivo che prolifera il mercato dei tarocchi, un business che ha fatto dell’Italian sounding il proprio cavallo di battaglia e che muove 60 miliardi di euro ogni anno, scippandoli letteralmente al vero Made in Italy. Una falla di conoscenza e di promozione che si traduce in un deficit di comprensione per i consumatori e in una conseguente difficoltà di posizionamento per i produttori a vantaggio degli altri competitor.

Farci conoscere, insomma, è la ricetta per vincere. In fondo, lo diceva anche Leonardo da Vinci, “Il più nobile dei piaceri è la gioia della conoscenza”!

Lo sapevate che…

Dalle “Fettuccine Alfredo” agli “Spaghetti Meatballs”, fino alla pizza con l’ananas e la carbonara con lo yogurt, sono tantissime le ricette pseudoitaliane che gli stranieri considerano la quintessenza della cucina Made in Italy? Peccato che, non solo in Italia nessuno le conosce, ma spesso fanno ci fanno anche accapponare la pelle! Quale italiano che voglia definirsi tale infatti mangerebbe mai una pizza all’ananas?

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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