Oltre ad agroalimentare, moda, arredamento e design l’Italia può contare anche su un altro settore che offre un esempio concreto del grande apprezzamento della produzione italiana nel mondo: la meccanica strumentale. Ma per rimanere competitive nello scenario globale, alle imprese italiane è richiesto quel salto di qualità verso la digitalizzazione che la faccia entrare a pieno titolo nella “quarta rivoluzione industriale”.
La fabbricazione di macchinari e impianti destinati ai settori produttivi e all’automazione industriale è tra i biglietti da visita del Made in Italy nel mondo. I mercati che rappresenta valgono assieme 24 miliardi di euro di fatturato, occupano 70mila lavoratori e nella gran parte dei casi hanno un livello di export vicino al 70%. L’ottimo stato di salute dell’automazione industriale è confermato dal fatto che per il sesto anno di fila il comparto ha fatto registrare un aumento del giro d’affari: nel 2017 il suo fatturato è cresciuto dell’11,5% a 4,8 miliardi di euro, dopo il +4% fatto segnare nei dodici mesi precedenti. Questi ottimi risultati sono riconducibili anche alla buona performance delle esportazioni: nel periodo 2008-2017 le vendite estere di tecnologie per l’automazione industriale hanno fatto registrare un tasso di crescita medio annuo pari al 4% che nel 2017 ha addirittura sfiorato il +7% (dati ANIE).
Queste tendenze si inquadrano in un contesto di riavvio del ciclo degli investimenti e della produzione a livello internazionale che favorisce la domanda di tecnologie Made in Italy all’interno delle catene globali del valore. Non va dimenticato infatti che il manifatturiero italiano si caratterizza tradizionalmente per una specializzazione orientata alla produzione di beni intermedi e semilavorati e risente in misura determinante dell’integrazione con i mercati esteri.
Su questo versante l’avanzata di alcuni Paesi emergenti è stata innegabile negli ultimi anni, ma ha colpito meno che altrove, dato che il fattore prezzo in genere non è il parametro più importante al quale guardano gli acquirenti. Piuttosto l’attenzione è puntata soprattutto sulla qualità del prodotto e sulle possibilità di personalizzazione, due ambiti in cui la creatività e il know-how italiani non hanno pari al mondo.
Va comunque ricordato che l’innovazione non è legata al solo progresso tecnologico inteso in senso stretto, ma si afferma attraverso altri elementi, come la presenza sul mercato di professionisti formati alle nuove opportunità e l’attenzione verso dinamiche di integrazione e sinergia possibili con altri comparti in modo da massimizzare l’impatto positivo sul business. È la cosiddetta “Industria 4.0”, o “Smart manufacturing”, un approccio indispensabile per le aziende che puntano ad affermare la propria eccellenza e soprattutto per le realtà italiane che vogliono confermare la propria leadership qualitativa sui mercati esteri.
Che cos’è l’Industria 4.0?
L’Industria 4.0 indica quel processo di digitalizzazione del settore manifatturiero che, rinnovando la catena del valore, cambia il modo di lavorare ma anche la natura delle organizzazioni.
Il livello di innovazione è tale per cui oggi il sinonimo di Industria 4.0 è Smart Manufacturing, dove il suffisso “smart” diventa il denominatore comune di una gestione integrata delle informazioni, associata all’uso della tecnologia digitale. Si tratta di un sistema che permette di far lavorare in maniera più intelligente e “connessa” le risorse, portando velocità e flessibilità, elementi di cui le imprese manifatturiere necessitano per recuperare competitività.
Dai robot auto-apprendenti all’adozione pervasiva di una sensoristica avanzata (atta a potenziare la capacità di monitoraggio e di controllo lungo tutta la filiera), unitamente a una potenza elaborativa e a connessioni sempre più affidabili e sicure; dall’utilizzo di stampanti 3D a una programmazione di ultima generazione che introduce modalità di simulazione e applicazioni inedite di realtà aumentata, il digitale favorisce l’integrazione e la cooperazione aziendale e interaziendale, elevando all’ennesima potenza la qualità dei flussi informativi.
A che punto sta l’Italia? E gli altri Paesi?
In uno scenario internazionale in cui diversi governi hanno già varato piani per la digitalizzazione del comparto manifatturiero, oggigiorno solo le medie e grandi imprese italiane hanno iniziato a investire in tecnologie come Internet of Things, Big Data e Cloud computing, sistemi di produzione automatizzati (Advanced automation), dispositivi wearable e nuove interfacce uomo/macchina (Advanced Human Machine Interface) o stampa 3D (Additive manufacturing), mentre le PMI, che costituiscono il 98% del tessuto imprenditoriale italiano, hanno solo marginalmente agganciato la trasformazione in atto.
La “Quarta Rivoluzione industriale” in Italia, infatti, stenta a decollare e appare rallentata da fattori di contesto, culturali, organizzativi e dalla capacità di offerta. Le principali barriere sono le ridotte dimensioni delle nostre imprese, i limiti di cultura digitale nelle decisioni per l’adozione delle tecnologie, l’assenza di equilibrio tra operational technology ed information technology nelle organizzazioni. E poi i problemi con i fornitori che – nella percezione delle imprese - tendono a “monetizzare” commercialmente l’innovazione proposta, più che a supportare la comprensione della portata del cambiamento.
Un’ indagine dell’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano realizzata all’estero rivela invece come nel mondo lo Smart Manufacturing sia un fenomeno ben recepito, dagli Stati Uniti all’Europa fino alle potenze manifatturiere asiatiche. Il Governo tedesco è stato il primo a livello mondiale a definire una strategia nazionale a sostegno della digitalizzazione della manifattura nel 2011. Nel 2012, negli Stati Uniti si è costituita la Smart Manufacturing Leadership Coalition (SMLC), organizzazione privata no profit per favorire la collaborazione tra aziende, enti di ricerca, università e organizzazioni di produttori nella ricerca e nello sviluppo di standard, piattaforme e infrastrutture per l’adozione dello Smart Manufacturing. Il Regno Unito sta lavorando con l’iniziativa “High value Manufacturing”, all’interno del proprio programma nazionale.
In Italia, dove per anni è emersa l’assenza di una visione strategica, si è tentato di correre ai ripari solo nel 2016 con il piano del governo per l’Industria 4.0, un mix di incentivi fiscali, sostegno al venture capital, diffusione della banda ultralarga, formazione dalle scuole all’università con lo scopo ultimo di favorire e incentivare le imprese ad adeguarsi e aderire pienamente alla quarta rivoluzione industriale. Secondo l’Osservatorio, grazie al Piano Nazionale Industria 4.0 è cresciuta tra la imprese la consapevolezza della centralità delle competenze, la più rilevante delle quali è ritenuta la capacità di definire un piano di adozione delle tecnologie e di trasformazione, su cui solo il 46% si sente preparata; è cresciuto a doppia cifra anche il mercato di Industria 4.0 in Italia nel 2016 (circa 1,7 miliardi €), ma il vero potenziale è ancora da esprimere.
Il grande assente per ora, in Italia come in altri Paesi, è lo Smart Planning: la capacità di gestire in modo completamente integrato, anche tra sedi diverse, le forniture unitamente ai processi di produzione, distribuzione e inventario. Un’adeguata e innovativa pianificazione a monte sarà così il complemento ideale per processi sempre più sicuri, rapidi e automatizzati a valle.
Fonte: a cura di Exportiamo, Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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