Nel 2017 il mercato globale della meccanica strumentale ha ottenuto ottimi risultati e di questa brillante performance ha beneficiato anche l’Italia. Le previsioni per il 2018 sono anch’esse positive: scopriamo insieme quali saranno i principali mercati che traineranno l’export delle eccellenze italiane.
Il 2017 è stato l’anno d’oro della meccanica strumentale per via della forte crescita del comparto a livello internazionale che, secondo le stime, continuerà ad aumentare anche nel 2018. Analizzando i dati forniti da Prometeia in collaborazione con Intesa Sanpaolo emerge come la meccanica sarà ancora protagonista all’interno del panorama manifatturiero italiano: esso rappresenta infatti il primo settore d’esportazione della Penisola.
Inoltre, grazie al contributo positivo del canale estero, il settore rimarrà tra i più dinamici anche nel medio termine (+3,1% nella media nel quadriennio 2018-2022), nonostante un progressivo e fisiologico rallentamento degli investimenti.
Nel rapporto “Analisi settori industriali” di maggio 2018 si legge che il fatturato manifatturiero italiano ha accelerato il ritmo nella seconda metà dell’anno passato “grazie al ritrovato slancio degli investimenti”. L’analisi sottolinea che “la crescita si presenta diffusa a livello settoriale, con l’eccezione di Elettrodomestici e Largo Consumo. Tra i settori best performer spiccano Metallurgia (+15.5%), Elettrotecnica (+8.8%), Intermedi chimici (+8.3%), Autoveicoli e moto (+7.3%), Prodotti in metallo (+6.4%) e Meccanica (+5.7%)“.
Altro motivo di ottimismo deriva dal fatto che nel report si legge che l’Italia è “cresciuta più dei competitor in termini di esportazione di manufatti nei primi nove mesi del 2017, in particolar modo nei mercati extra europei”.
Prometeia e Intesa Sanpaolo sono dunque fiduciose per il 2018 e definiscono “buone” le prospettive per il manifatturiero tricolore: “Gli indicatori anticipatori fanno ritenere probabile la prosecuzione di un percorso di crescita, grazie al mantenimento di buone prospettive sui mercati internazionali, dove l’export italiano risulta essere sempre meno sensibile all’effetto del cambio. Un’analisi di sensibilità al cambio dollaro/euro evidenzia come, nella media del manifatturiero, i Paesi legati al dollaro o con valute in forte deprezzamento sull’euro pesino per appena il 23% delle nostre esportazioni e rappresentino solo il 15% della concorrenza“.
Ma i dati del 2017 e le proiezioni per il 2018 non devono essere motivi per cullarsi sugli allori perché è proprio questo il momento in cui gli esportatori italiani devono continuare a lavorare sodo.
“Le imprese stanno investendo bene nella digitalizzazione, nella robotica applicata e nell’interconnessione sistemica. Ma il vero salto alla Smart Industry avverrà quando capiremo che il Piano Impresa 4.0 tocca tecnologie e produzione, ma soprattutto dona flessibilità, lavorando anche molto sulla formazione”. Questo il pensiero di Alberto Caprari, presidente Anima Confindustria meccanica Varia, che ha poi aggiunto: “Dopo aver evoluto hardware e software, ora bisogna impegnarsi con gli uomini e le donne che rendono grandi e competitive le nostre imprese. La formazione 4.0 è la necessità primaria per i prossimi cinque anni. È anche una grande opportunità per inserire nel mondo del lavoro i “giovani 4.0”, linfa vitale per l’industria manifatturiera in termine di innovazione e familiarità con le nuove tecnologie e logiche. Quello di cui abbiamo certamente bisogno, senza tentennamenti, è una stabilità nella politica industriale. Auspico pertanto che anche il prossimo governo scommetta sulla crescita delle imprese italiane, unica via per trainare tutto il Paese. È basilare continuare ad infondere fiducia all’imprenditoria tutta, affinché si possa continuare con gli investimenti mirati e presentarsi più forti nei mercati internazionali”.
Quindi, è necessario proiettare il lavoro nel futuro servendosi di ogni risorsa utile per fare il grande salto, sia macchine sia uomini.
Ma non sarà semplice individuare le migliori aree dove investire anche se, in linea di massima, l’incremento sarà più alto dove oggi è più bassa la quota di export italiano. “Tra gli elementi trainanti del 2018 ci sono gli investimenti manifatturieri, in particolare per la componente dei macchinari che si aggiunge al consueto traino dei mezzi di trasporto”, ha spiegato Alessandra Lanza, partner di Prometeia che ha inoltre sottolineato come “la necessità di rinnovare gli impianti, attraverso l’introduzione di macchinari 4.0, andrà di pari passo con l’esigenza di ampliare la capacità produttiva per far fronte a una domanda crescente. Altre misure, come il credito d’imposta per le attività di Ricerca&Sviluppo e il patent box, stanno sostenendo la crescita degli investimenti nella proprietà intellettuale”.
Rimanere nella propria comfort zone potrebbe essere una buona scelta per il prossimo anno, soprattutto se si vogliono rinforzare le proprie quote di mercato nei tre Paesi che acquistano più prodotti della meccanica Made in Italy vale a dire Germania, Francia e Stati Uniti in altri tre mercati “rassicuranti” e poco rischiosi come Spagna, Polonia e Repubblica Ceca.
Per chi invece ha intenzione di fidarsi delle stime Ice sul potenziale di crescita, il 2018 potrebbe essere l’anno di Cina (grande mercato, va da sé, ma solo parzialmente espresso), Russia (in ripresa) ed Emirati Arabi Uniti (in ascesa). In definitiva sembra proprio che la meccanica Made in Italy abbia tutte le carte in regole per issare le vele e prendere il largo e, stando ai dati rilasciati dalla ricerca Prometeia-Intesa Sanpaolo, ha anche il vento in poppa.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Claudia Cavaliere, redazione@exportiamo.it
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