Cibus 2018: a Parma si celebra l’ottimo momento dell’agroalimentare italiano

Cibus 2018: a Parma si celebra l’ottimo momento dell’agroalimentare italiano

11 Maggio 2018 Categoria: Food & Beverage

Dal 7 al 10 maggio si è svolta a Parma l’edizione 2018 del Salone internazionale dell’agroalimentare. Erano attesi 80.000 visitatori, di cui il 20% da Paesi esteri e fra questi c’erano 2.500 top buyer. Numerosi i temi affrontati: dall’Italian sounding al valore dell’export alle prospettive del settore per il prossimo futuro

Alla diciannovesima edizione di Cibus – ospitata nella nuova area del Cibus Innovation Center – hanno partecipato 3.100 aziende alimentari (100 in più rispetto al 2016), tutte tricolore, che hanno presentato ben 1.300 prodotti pronti ad essere immessi sul mercato globale.

Cibus è sempre più protagonista nel panorama fieristico italiano” – ha affermato Gian Domenico Auricchio, presidente di Fiere di Parma – aggiungendo che “oltretutto, questa edizione cade nell’Anno del Cibo, proclamato dal governo italiano”.

I dati diffusi da Federalimentare - federazione italiana che rappresenta l’eccellenza del Made in Italy ed alla quale aderiscono 14 associazioni nazionali di categoria dell’industria alimentare – relativi al settore food and beverage sono molto positivi: il fatturato per il 2018 punta ai 140 miliardi di euro con un export lanciato verso i 34 miliardi. Fra le destinazioni estere principali dei nostri prodotti di punta – formaggi, salumi, dolci, spiumanti, farine speciali – crescono quelle Stati Uniti e Paesi asiatici come Cina, Taiwan, Thailandia, Corea del Sud ed Hong Kong.

Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, si è infatti spinto ad affermare che “il 2018 segnerà la definitiva riscossa del settore e consacrerà l’agroalimentare come il comparto trainante del Paese con una crescita del +3,5% che supererà quella del totale dell’industria italiana”.

Nel pomeriggio della prima giornata si è tenuta anche l’Assemblea Generale di Federalimentare dal titolo “Il Quinto Elemento. Made in Italy. Made with Care”, aperto dall’indirizzo di saluto di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, che ha dichiarato: “I numeri di Cibus fanno ben sperare perché questa fiera è lo specchio di un Paese che è conosciuto nel mondo per le sue esportazioni alimentari ed è secondo esportatore europeo nelle manifatture. Quindi un segnale di salute delle imprese alimentari che producono e che generano occupazione. Le imprese alimentari stanno lavorando bene vendendo prodotti e servizi nel mondo”.

Durante la seconda giornata di Cibus ha invece debuttato l’Osservatorio Alimentare, la piattaforma digitale dedicata al settore agroalimentare italiano che rappresenta un punto di incontro per tutta la filiera, dal campo alla tavola, creata nella convinzione che sia possibile crescere e migliorare solo attraverso politiche di collaborazione. Il progetto, pensato e promosso dai Giovani di Federalimentare, nasce con l’obiettivo di supportare e garantire una corretta informazione basata su dati scientifici e contributi autorevoli di scienziati, nutrizionisti e professori universitari, nel tentativo di eliminare le fake news che rischiano di inquinare il panorama e di ingannare il consumatore.

Dopotutto non c’è italiano che non apprezzi il buon cibo, naturale e sicuro come conferma un’analisi Censis con il supporto di Federalimentare: il 90,9% degli italiani parla e si appassiona di cibo e tale numero sale fra i più giovani (93%). Fra questi addirittura il 53,5% di questi si definisce un appassionato e richiede informazioni puntuali sui prodotti che acquista.

Tuttavia, sono in molti a non rendersi conto di quanto cibo viene sprecato quotidianamente: nelle proprie case, nelle mense scolastiche, nei bar, durante i convegni negli hotel. È per questo che a Cibus è stato ritagliato un momento di approfondimento e sensibilizzazione sul tema dello spreco alimentare, con LIFE-Food.Waste.StandUp, il progetto co-finanziato dal programma LIFE 2014-2020, di Federalimentare, Federdistribuzione, Fondazione Banco Alimentare Onlus e Unione Nazionale Consumatori. Il programma si è rivolto a oltre 20.000 imprese alimentari italiane ed ha coinvolto 5.000 punti vendita e più di 150.000 consumatori.

Il Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, ha sostenuto: “È purtroppo tra le mura domestiche che si registrano i maggiori sprechi alimentari con circa 85 chilogrammi di cibo pro capite che ogni anno finisce nella spazzatura. Per questo è fondamentale sensibilizzare i consumatori verso corretti stili di vita e più consapevolezza sia nel fare la spesa che nel modo di conservare e cucinare gli alimenti. Non è soltanto una questione di sostenibilità ambientale, ne va della stessa economia familiare: spesso non ci si rende conto di quanto si potrebbe risparmiare con una spesa più razionale, senza farsi influenzare da mode e pubblicità”.

Secondo i dati FAO, un terzo della produzione alimentare mondiale finisce nella pattumiera e solo in Italia all’anno vengono buttati via alimenti per un valore di oltre 12 miliardi e mezzo di euro. Dal 2016 in Italia la lotta allo spreco alimentare è diventata legge grazie all’introduzione di semplificazioni burocratiche e sgravi fiscali a favore di chi dona cibo per fini di solidarietà (legge Gadda - n. 166/2016).

Un altro tema che sta molto a cuore alle principali aziende dell’agroalimentare italiano – e non solo – è quello della contraffazione e dell’Italian sounding, dal momento che da solo determina un costo annuo di circa 90 miliardi di euro, pari al triplo del valore dell’export alimentare nazionale.
A tal proposito Scordamaglia ha mostrato una certa preoccupazione: “Questo fenomeno preoccupa ancor di più se andrà ad inserirsi in un contesto di dazi che potrebbero essere posti in essere dagli Usa, un Paese che da solo vale 23 miliardi di euro di Italian Sounding”.

Il giro d’affari illegale cresce in modo direttamente proporzionale rispetto all’aumento della richiesta di cibo italiano nel mondo. La domanda di autenticità aumenta e la produzione in serie di prodotti non originali pure. Ma cosa si può fare per frenare questa onda?

Sono diversi gli strumenti a cui ricorrere per evitare che sui mercati circolino prodotti non italiani ed il presidente di Federalimentare ne ha elencati alcuni fra cui: utilizzo dei media per spiegare la differenza tra authentic italian e fake; conclusione di accordi con le catene distributive e di e-commerce; forte tutela delle denominazioni di origine che deve essere considerata pregiudiziale dalla UE per la chiusura di qualsiasi tipo di accordo in materia.

A tal proposito, nell’ambito del ciclo di convegni organizzati a Cibus, il 10 maggio si è tenuta la conferenza “Il food italiano sui mercati esteri: l’esperienza di True Italian Taste”, a cura di Assocamerestero, a cui ha partecipato il Ceo di IBS Italia e founder di Exportiamo.it, Alessio Gambino, il quale ha approfondito le tematiche del Business International e le competenze necessarie per guidare progetti di espansione all’estero, che richiedono una strategia omnichannel basata sulla compenetrazione di canali tradizionali e digitali. 

Obiettivi per il futuro? Entro il 2020 il comparto ha l’obiettivo di raggiungere una quota export pari a 50 miliardi di euro, che abbia un’incidenza sul fatturato totale del settore pari a circa il 25% ovviamente continuando ad esportare esclusivamente prodotti italiani autentici al 100%.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Alessio Gambino, redazione@exportiamo.it

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