Sharing mobility significa due cose: sviluppo e mobilità. Quello della mobilità condivisa è un fenomeno socio-economico che riguarda sia la domanda sia l’offerta di servizi di mobilità.
Dal lato della domanda, la Sharing mobility – come si legge nel secondo rapporto sulla Sharing mobility del 2017- consiste in una generale trasformazione del comportamento degli individui che tendono a privilegiare l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità piuttosto che utilizzare i propri mezzi di trasporto.
Dal lato dell’offerta, questo fenomeno concerne la diffusione di servizi di trasporto che utilizzano le tecnologie digitali per:
- facilitare la condivisione di veicoli e tragitti;
- realizzare servizi flessibili, scalabili ed originali;
- abilitare l’interattività tra utenti/operatori e/o la collaborazione tra pari;
- massimizzare l’uso di risorse latenti.
Sono oltre 18 milioni gli italiani che ricorrono ai sistemi di mobilità condivisa che, nel triennio 2015-2017, ha registrato un aumento del 50%: Milano è al primo posto, ma è al sud Italia che la crescita ha mostrato livelli più elevati.
Dal report redatto dall’Osservatorio nazionale sharing mobility, promosso dal Ministero dell’Ambiente, dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e composto da 80 membri fra operatori del settore e altri player, emerge che il mercato della sharing mobility più fruttuoso è quello delle auto. Car sharing e car pooling sono le due modalità di spostamento condiviso più gettonate: il car sharing italiano, ad esempio, si è sviluppato soprattutto nel ricorso a Car2Go del gruppo Daimler e alla Enjoy di Eni. Oggi non mancano i concorrenti: a Milano è arrivato DriveNow, uno dei più grandi operatori a livello globale, ed è raddoppiata la mobilità elettrica trainata da Sharen’Go, E-Vai e Blue-Torino.
Uno dei limiti della mobilità condivisa sta nella scarsa copertura del servizio: a oggi gli investimenti – in termini di denaro e auto messe su strada - sono sì superiori e riguardano sì un numero di persone superiore rispetto al passato ma si possono trovare solo all’interno di poche aree urbane. Dei 7.679 veicoli in car sharing censiti al 31 dicembre 2017, il 43% è localizzato nella sola Milano, mentre il restante 47% risulta diviso tra Roma, Torino e Firenze.
Il presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, invita a riflettere sul fatto che quello della mobilità condivisa è per ora un fenomeno prevalentemente cittadino, mentre nei piccoli centri potrebbe rappresentare un investimento superfluo: «La mobilità dei passeggeri è un fenomeno essenzialmente urbano perché la maggior parte degli spostamenti avviene nelle città. È in città che si riscontrano gli impatti negativi ma anche le maggiori opportunità di sviluppo, a patto che la mobilità condivisa riesca a conquistare spazio togliendolo all’utilizzo del mezzo privato».
Anche il car pooling sta accendendo sempre di più i motori: esso consiste nella possibilità per un individuo di mettere a disposizione la propria macchina e dare la possibilità ad altri che percorrono lo stesso tragitto di proseguire nel viaggio insieme. Blabla Car è l’applicazione più conosciuta in Italia e ha superato i 2,5 milioni di iscritti.
Probabilmente la percezione delle auto cambierà nel tempo, si ricorrerà a quelle sostenibili e a basse emissioni: “Ci sarà una forte riduzione del traffico e l’auto sarà sempre più condivisa, passerà da bene a servizio”, sottolinea l’architetto urbanista Andrea Boschetti. “Nelle nostre città cambieranno tutte le infrastrutture che oggi sono occupate dalle vetture: meno carreggiate, più spazio a biciclette e pedoni e meno barriere architettoniche. Potremo riportare nella nostra vita quotidiana anche quel verde che oggi ci è stato privato da tutto ciò che fino a oggi ha ridotto lo spazio della qualità urbana ai minimi termini”.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Claudia Cavaliere, redazione@exportiamo.it
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