La contraffazione di due dei prodotti simbolo dell’enologia Made in Italy nel mondo, prosecco e spumante, è ormai una pratica diffusissima e sempre più complicata da frenare senza la sincera e piena collaborazione della autorità dei Paesi in cui vengono prodotte e commercializzate le bottiglie contraffatte.
La crescita del numero di bottiglie false è molto consistente soprattutto nell’Est Europa (Ucraina e Moldavia) dove viene copiato il nome del vino, ma anche colori e simboli delle etichette. In altri casi vengono addirittura copiati i marchi privati o storpiati i nomi dei luoghi dove nascono i nostri vini, trasformando ad esempio Asti in “Astin” e Alba in “Alb”.
Nella sola Ucraina, nel giro di tre anni l’Asti falso è passato da un milione a 2,5 milioni di bottiglie ma se si prendono in esame tutti i canali di vendita (hotel, ristoranti, bar, ecc.) si arriva a ben 4 milioni di bottiglie “tarocche”. Ciò che impressiona è che spesso le bottiglie non contengono neanche vino, ma una miscela di acqua, zucchero e gas.
Il danno per le nostre produzioni è incalcolabile soprattutto perché riguarda l’immagine stessa del nostro vino nel mondo: dopo aver assaggiato un prodotto scadente, il consumatore rimane deluso e potrebbe anche decidere di non acquistare più il prodotto.
Infine a far tremare i produttori del Belpaese c’è anche la possibilità che Ucraina e Moldavia fungano da porta di ingresso alla contraffazione sul mercato russo che, nonostante il rallentamento degli ultimi anni, rimane uno dei più importanti per l’export di vino italiano.