Il contrassegno Made in Italy per combattere l’Italian Sounding di prodotti agroalimentari s’ha da fare.
Questo è quanto trapela dal Mise dove nei giorni scorsi si è tenuta una riunione in cui il Ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, ed il Sottosegretario Ivan Scalfarotto hanno avuto l’occasione di confrontarsi con le principali associazioni del mondo produttivo sul tema della possibile istituzione di un segno distintivo per il Made in Italy sui mercati esteri.
Lo scopo è fin troppo chiaro: tutelare le imprese italiane a distinguere le proprie produzioni d’eccellenza dalle aziende straniere che, con una serie di artifici (nomi italiani o confezioni che ricordano l’Italia), puntano a confondere i consumatori meno attenti.
Questa misura, proposta nel 2014 dal Ministro per Politiche Agricole Martina, sarebbe efficace solo per l’export extra-UE e non sarà obbligatoria ma rimarrà una libera scelta delle singole imprese
Le prossime settimane saranno importanti perché il Mise procederà alla verifica dei requisiti di fattibilità tecnica per le aziende, al termine dei quali sarà avviata operativamente la fase di sperimentazione.
Infine si segnala che è ancora aperto il dibattito fra chi, come Coldiretti, vorrebbe che il marchio distintivo sia applicato solo ai prodotti realizzati con materie prime unicamente italiane e chi, come Federalimentare, sostiene invece che la vera peculiarità del Made in Italy è quella di saper trasformare (anche a causa di una non amplissima dotazione di materie prime).
Anche su questo aspetto ci sarà ancora da discutere prima di prendere una decisione definitiva.