Il settore calzaturiero (che conta 650 imprese e circa 77mila addetti) non vive un periodo facile e, per capirlo, è sufficiente citare alcuni dati relativi all’ultimo biennio: 150 aziende chiuse e 8.500 posti di lavoro “saltati”. Ma non è finita qui, infatti anche nei primi sei mesi del 2016 i numeri del settore appaiono in chiaroscuro con la produzione che fa segnare una contrazione di 2 punti percentuali e con le esportazioni che scendono dell’1,1% in termini di volumi.

Fortunatamente però se si considerano i valori e non i volumi si nota che nel primo semestre del 2016 il settore è tornato, seppure di poco, in territorio positivo (+0,1%) con una buona performance registrata sul lato export (+3,8%).

Il dato sorprendente è che i valori del settore sono cresciuti addirittura del 25,2% negli ultimi sette anni e questo non può che avere un unico significato: il prezzo delle scarpe made in Italy è in forte crescita sui mercati esteri.

Il costo medio delle scarpe esportate è infatti aumentato di un terzo dal 2008 passando da 31,2 al paio a 41,7 euro.

Assocalzaturifici per bocca del suo Presidente Annarita Pilotti richiede a gran voce un aiuto al governo: “il comparto moda-calzatura dovrebbe rientrare nel piano per l’Industria 4.0 presentato dal ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda. Anche noi abbiamo il diritto di essere coinvolti, non solo per i macchinari, ma anche per i capitoli ricerca e sviluppo, come avviene per settori come la meccanica, la chimica o le nanotecnologie”.

Ricordiamo infine che di fondamentale importanza per un rilancio del settore sarebbe il recupero, anche parziale, delle quote perse sul mercato russo in seguito alle sanzioni economiche imposte a Mosca. In questo senso la vittoria di Trump potrebbe portare a qualche novità già nel 2017.