Piccole, a volte piccolissime, ma non per questo rinunciatarie. Questa è la fotografia scattata da un’indagine Doxa-Assocamerestero che studia le imprese Made in Italy che si rivolgono alle Camere di commercio italiane all’estero per avere un supporto nel loro processo di internazionalizzazione.

Oggi le PMI italiane che esportano sono circa 220mila ma di queste solo 15-20mila possono dire di aver effettivamente “vinto” sui mercati esteri, altre 60mila hanno le potenzialità per farcela mentre la grande maggioranza rimanente esporta saltuariamente e per ragioni che potremmo definire contingenti.

Per evitare che l’esperienza commerciale oltreconfine si tramuti in un’avventura dagli esiti incerti è bene condurre approfondite analisi di mercato, valutare attentamente la scelta di eventuali partner locali, studiare e comprendere procedure doganali e dazi vigenti nel mercato target, ecc.

A quanto pare molte di queste attività vengono affidate proprio alle Camere di commercio perché il 50% delle imprese internazionalizzate afferma di avervi fatto ricorso. Per il 94% si tratta di micro e piccole imprese (da 3 a 49 addetti). Di queste, l’82% ha un fatturato che non supera i 10 milioni di euro (di cui la metà non arriva oltre i 2 milioni). Infine va segnalato che tra le imprese che hanno già fatto ricorso alle Ccie oltre la metà appartiene al manifatturiero.

Comunque le PMI che si rivolgono alle Camere all’estero non sono “vergini”: due su 3 esportano da almeno 4 anni in maniera continuativa (quasi la metà di queste in 3-5 Paesi) ma ben l’80% vende all’interno dei confini comunitari (solo il 34% opera anche nell’Europa extra-Ue ed il 25% vende negli Usa).

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