L’industria farmaceutica italiana si conferma un’eccellenza globale, raggiungendo il primo posto a livello mondiale per crescita dell’export e dimostrandosi una forza trainante per l’economia nazionale. Nonostante le sfide poste dall’aumento dei costi e dalla concorrenza internazionale, il settore guarda al futuro con ottimismo, grazie a un impegno costante in ricerca e sviluppo, investimenti in formazione e progetti di responsabilità sociale.
Un traguardo storico per l’industria farmaceutica italiana, che ha raggiunto il primo posto a livello mondiale per crescita dell’export tra il 2021 e il 2013, con un valore di oltre 49 miliardi di euro su un totale di 52 miliardi di euro di produzione nel 2023. Un traguardo reso ancora più significativo considerando l’aumento del 30% dei costi rispetto al 2021.
È quanto è emerso nel corso dell’Assemblea di Farmindustria che si è svolta ieri 4 luglio 2024 a Roma, in occasione della quale Marcello Cattani, Presidente dell’associazione di categoria, ha sottolineato appunto che è “l’export che traina la produzione e che fa registrare record su record”. Le ricerche presentate, infatti, hanno evidenziato che farmaci e vaccini rappresentano il secondo settore made in Italy per saldo estero, generando un valore di 17 miliardi di euro nel 2023. Inoltre, la quota dell’export farmaceutico sul totale manifatturiero è più che raddoppiata negli ultimi 20 anni, passando dal 3,8% all’8,3%.
Un’industria hi-tech strategica per il Paese, che non solo genera ricchezza ma investe anche sul futuro: gli investimenti sul territorio sono stati di 3,6 miliardi, di cui 2 in R&S. Un impegno che si traduce in un aumento del numero di addetti (70.000, +2% nel 2023 e +9% in 5 anni), con una particolare attenzione ai giovani (quasi il 20% in più di under 35 negli ultimi 5 anni) e alle donne (che rappresentano il 45% della forza lavoro).
L’industria farmaceutica italiana si distingue per il suo welfare aziendale all’avanguardia e rappresenta il primo settore tra quelli manifatturieri, secondo Istat, per competitività, con il più alto valore aggiunto per addetto, parametro di produttività che posiziona l’Italia sopra i grandi player europei.
Forte di questo primato, il settore guarda al futuro con ottimismo, con progetti di responsabilità sociale, tra cui l’alternanza scuola-lavoro, nelle scuole superiori e negli ITS per formare gli studenti e sviluppare le competenze necessarie alle imprese. per formare gli studenti e sviluppare le competenze necessarie alle imprese. Proprio con questo obiettivo è stato recentemente firmato un Protocollo d’Intesa con l’Egitto, nell’ambito del Piano Mattei, per la partnership tra imprese e per la formazione, attraverso scambi accademici e professionali di docenti e studenti.
L’innovazione è il cuore del successo del settore farmaceutico italiano: negli ultimi 5 anni, le domande di brevetto farmaceutico nel Paese sono cresciute del 35%, contro il +23% dei Big Ue. Un dato che riflette l’accelerazione scientifica e tecnologica in atto, con intelligenza artificiale, data driven industry, ricerca nello spazio e nuovi modelli di trial clinici che aprono la strada a terapie sempre più personalizzate. A inizio 2024 è stato raggiunto un record storico, per i farmaci in sviluppo nel mondo, 23.000, con investimenti in R&S da parte delle imprese farmaceutiche di oltre 1.700 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2028.
Nonostante i successi ottenuti, l’industria farmaceutica italiana deve però affrontare sfide importanti per mantenere la sua competitività a livello globale.
Secondo Farmindustria, è arrivato il momento di accelerare con determinazione su due fronti. In Europa è necessario rimettere al centro il tema della competitività, dell’attrattività per gli investimenti, dell’autonomia strategica e delle catene di approvvigionamento. Occorre inoltre rivedere la proposta di revisione della legislazione farmaceutica per tutelare la proprietà intellettuale.
A livello globale l’obiettivo invece è quello di ridurre il divario con i principali competitor, come USA, Cina, Singapore, Emirati Arabi e Arabia Saudita, che stanno investendo massicciamente nel rafforzamento delle proprie strutture industriali. Basti pensare che il gap di investimenti in R&S tra UE e USA è passato in 20 anni da 2 miliardi di dollari a 25. Con il 60% dei nuovi lanci di medicinali che avviene negli USA mentre in UE è meno del 30%. Secondo recenti dati Efpia, la Cina nel 2023 ha superato l’Europa come area di origine di nuovi farmaci: su 90 molecole a livello globale 28 arrivano dagli Usa, 25 dalla Cina, 17 dall’UE. Cina che in R&S cresce a ritmi 3 volte superiori a quelli del nostro Continente. “Non bisogna perdere ulteriore terreno con scelte sbagliate che penalizzano l’attrattività e ci espongono a dipendenze strategiche. Si consideri che già oggi il 74% dei principi attivi di uso più consolidato dipende infatti da produzioni in Cina o in India così come il 60% dell’alluminio, materia prima fondamentale per le nostre imprese” sottolinea Farmindustria.
“In Italia è indispensabile una governance farmaceutica davvero moderna, con regole nuove, chiare, adatte alla rapidità dell’innovazione, superando il sistema del payback, tassa iniqua e aggiuntiva che grava sulle aziende per quasi 2 miliardi nel 2024. Riforme da accompagnare a una semplificazione per la ricerca clinica e a regole per consentire l’uso del dato clinico per necessità di Ricerca, nel rispetto della privacy”, ha concluso Cattani.
Con un impegno comune da parte di tutti gli attori coinvolti, l’industria farmaceutica italiana può continuare a essere un motore di crescita e di sviluppo per il Paese, contribuendo a migliorare la salute e la qualità della vita di tutti.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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