La moda maschile italiana dimostra una solida resilienza, trainata da un export in crescita. I dati del 2023 e dei primi mesi del 2024 delineano un quadro positivo, con mercati di riferimento in espansione e nuove opportunità all’orizzonte. In questo contesto favorevole, Pitti Uomo 106 si conferma un appuntamento chiave per comprendere le tendenze del mercato e definire strategie di business efficaci.
Nonostante il contesto internazionale particolarmente incerto, l’export si conferma il motore trainante della moda maschile italiana.
Secondo i dati diffusi da Sistema moda Italia alla vigilia di Pitti Uomo 106, che si sta svolgendo proprio in questi giorni (11-14 giugno) alla Fortezza da Basso di Firenze, il menswear made in Italy ha archiviato il 2023 con un aumento del fatturato del +4,7%, sperimentando una variazione più contenuta rispetto a quella registrata negli ultimi anni, ma portandosi comunque a 11,9 miliardi di euro, che equivale al 18,5% della filiera tessile-abbigliamento italiana.
E proprio l’export rappresenta il 74,5% di questo giro d’affari.
Le esportazioni di settore hanno fatto registrare nel 2023 una variazione del +6,6%, superando gli 8,8 miliardi di euro.
Di contro, l’import sperimenta una contrazione del -2,3% e cala a 5,6 miliardi circa, determinando un aumento del saldo commerciale, che risulta in attivo per 3,2 miliardi di euro.
Sia le aree Ue sia quelle extra-Ue si sono rivelate favorevoli, crescendo rispettivamente del 7,2% e del 6%. Il mercato UE copre il 45,7% dell’export totale di settore, mentre l’extra-UE risulta il maggior “acquirente”, assorbendo il 54,3%. Analogamente, nel caso delle importazioni, dalla UE proviene il 48,2% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, mentre l’extra-UE garantisce il 51,8%, nonostante abbia registrato una perdita del -13,8% rispetto all’anno precedente.
Dove va il menswear italiano?
La prima destinazione è risultata la Francia, in aumento del 16,8%, per un valore di 1,2 miliardi di euro, pari al 12,2% del totale settoriale; seguono Germania (a quota 10,3%) e Stati Uniti (con uno share del 9,3%), interessati entrambi da una dinamica positiva, rispettivamente pari al +0,4% e al +3%. La Svizzera - strategico hub logistico/commerciale per le principali griffe del settore - dopo la buona performance sperimentata nell’anno precedente (+14,1%), nel 2023 è scivolata al quarto posto a fronte di una variazione negativa pari al -26,5%, che la porta a rappresentare il 7,7% delle vendite estere. La Cina, in crescita del +13,9%, ha raggiunto i 647 milioni di euro (6,8% sul totale). Parallelamente, Hong Kong, in undicesima posizione, mostra anch’esso un aumento a doppia cifra dell’export italiano di comparto nella misura del +28,8%. La Spagna, in sesta posizione, fa registrare un incremento del +9,9%; segue il Regno Unito che contrariamente ha presentato un calo del -3,4%. Troviamo poi Corea del Sud e Giappone che hanno sperimentato vivaci variazioni positive, pari rispettivamente al +18,1% e al +19,8%. Seguono i Paesi Bassi, che viceversa sono scesi del -1,5%, assicurandosi il 3,3% delle esportazioni di comparto. Infine, troviamo quattro destinazioni con un’incidenza compresa tra il 2,4% e l’1,5% del totale di settore, che evidenziano tutte un’importante crescita delle esportazioni italiane di moda uomo: si tratta di Polonia (in aumento del +21,2%), Russia (+44,0%), Austria (+0,7%) ed Emirati Arabi Uniti (+45,3%).
Da dove importa l’Italia?
Relativamente alle importazioni, da gennaio a dicembre 2023, la Cina si è confermata il top supplier di moda uomo con un’incidenza del 12,2%, nonostante abbia accusato un decremento notevole (-25,0%). Anche il Bangladesh - rimasto in seconda posizione - ha registrato una dinamica negativa nella misura del -22,1%; seguito dalla Francia, che all’opposto presenta una crescita pari al +15,1%. I dati dell’import di Cina e Bangladesh vanno comunque incrociati con quello dei Paesi Bassi, tradizionale porto d’ingresso per merci asiatiche, che ha rilevato un aumento del +18,2%, nonché con quello del Belgio, anch’esso interessato da una dinamica positiva (+20,5%). La Romania, al quinto posto, si è incrementata del +19,2%, seguita dalla Spagna che ha contenuto la crescita al +3,2%.
Che cosa esportiamo/importiamo?
Guardando al dato di interscambio non più per Paese ma per merceologia, si assiste a performance positive con riferimento all’export per tutti i prodotti, ad eccezione dell’abbigliamento in pelle, che ha presentato una flessione del -9,6%. Nel dettaglio, la camiceria ha registrato un aumento del +17,2%; seguono le cravatte con un +13,2%, l’abbigliamento confezionato e la maglieria, che hanno palesato rispettivamente un +9,5% e un +2,3%.
Nel caso delle forniture provenienti dall’estero, le importazioni di confezione e maglieria maschile sono arretrate rispettivamente del -2,3% e del -4,8%. Al contrario l’import di cravatte ha presentato un aumento del +4,2%, mentre abbigliamento in pelle e camiceria sono cresciuti del +5,1% e del +9,9%.
Cosa ci attende nel 2024?
Nei primi due mesi del 2024 la moda maschile italiana ha visto proseguire l’export su un sentiero favorevole, mentre l’import ha evidenziato una frenata. Sulla base degli ultimi dati ISTAT recentemente diffusi, il gennaio-febbraio vede infatti l’export settoriale in aumento del +13,0%, per un totale di circa 1,8 milioni di euro, mentre l’import perde il -13,3%, calando a poco più di 1 milione di euro.
Focalizzando dapprima l’analisi sulle esportazioni, con riferimento agli sbocchi commerciali si sottolinea come sia le aree UE sia quelle extra-UE si siano mantenute favorevoli per la moda uomo, crescendo rispettivamente del +5,8% e del +19,6% nel periodo monitorato. Il mercato UE copre il 44,6% dell’export totale di settore, mentre l’extra-UE risulta il maggior “acquirente” assorbendo il 55,4%.
Nel periodo in esame la prima destinazione del menswear made in Italy è la Francia, che mette a segno una crescita del +15,3%. Seguita da Germania, che registra un timido +0,2%, e dagli Stati Uniti, che presentano un +7,9%. Al quarto posto troviamo la Cina, che evidenzia un forte aumento (+62,9%), anche Hong Kong, in nona posizione, presenta un incremento a doppia cifra, nella misura del +56,8%. Da sottolineare la dinamica negativa registrata dalla Svizzera, che con un -35,6%, scivola in sesta posizione.
Relativamente alle importazioni, dalla UE proviene il 50,3% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, mentre l’extra-UE garantisce il 49,7%. Entrambe le aree risultano in flessione: il mercato comunitario chiude il gennaio-febbraio 2024 con una dinamica negativa del -2,8% e quello extra-UE segna una variazione peggiore (-21,8%).
In tale periodo la Cina si posiziona al primo posto, nonostante un calo del -18,3% e supera di quasi 20 milioni di euro il Bangladesh, in calo del -39,5%. Tra gli altri fornitori, gli unici a registrare una dinamica positiva sono la Germania (+11,5%), la Spagna (+7,3%) e la Svizzera (+0,7%), sebbene presentano tutti valori assoluti ben più contenuti (inferiori al 7% di incidenza sul totale).
Guardando al dato di interscambio di moda maschile non più per Paese ma per prodotto, con riferimento all’export si rileva l’ottima performance dell’abbigliamento esterno, in aumento del +23,3% rispetto al primo bimestre del 2023, nonché della camiceria (+18,1%), della maglieria (+15,7%) e dell’abbigliamento in pelle (+14,6%). Sono risultate più contenute le esportazioni di cravatte, che registrano una crescita del +3,0%.
In termini di prodotto, la flessione delle importazioni risulta generalizzata. Le vendite estere di cravatte perdono addirittura il -38,2% e quelle di camiceria il -24,3%. Anche confezione e maglieria si contraggono, calando rispettivamente del -22,1% e del -21,8%. Al contrario, le importazioni dell’abbigliamento in pelle chiudono il primo bimestre con una crescita a doppia cifra, pari al +10,6%.
Al di là di queste prime indicazioni, l’appuntamento fieristico di Pitti Uomo si rivelerà ancora una volta un termometro particolarmente significativo per capire le tendenze del mercato, consentendo agli operatori del settore di formare al meglio le proprie aspettative per i mesi a venire e indirizzare, di conseguenza, le proprie strategie di business.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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