Il turismo halal è un’opportunità di ampliamento e differenziazione di mercato che le aziende italiane impegnate nel settore del business turistico non sempre sanno cogliere. Eppure si tratta di un segmento in espansione che andrebbe promosso e incoraggiato. Scopriamo come e perché.

La scarsa competitività dell’offerta turistica italiana dipende da un’ampia serie di motivi quali, tra gli altri, l’incapacità del nostro sistema turistico di attirare e soddisfare i turisti non essendo sufficientemente differenziato e nel contempo poco attento alle preferenze espresse dalle “nuove” tipologie di utenti . La promozione del prodotto Italia non deve avvenire in modo asettico ma personalizzato, sulla base dei gusti e delle esigenze dei diversi fruitori. Soprattutto nell’attuale fase post-pandemica di rilancio del turismo in Italia è dunque necessario pensare a nuovi mercati e proposte al fine di attrarre nuovi turismi e turisti.

In questo senso, i l cosiddetto “turismo halal” potrebbe rappresentare una fetta di torta potenzialmente molto ricca per il Belpaese, che vanta circa 58,3 milioni di turisti l’anno provenienti da tutto il mondo, ma di cui solo una quota ridotta - o perlomeno molti meno di quanti potrebbero essere – sono turisti musulmani, a causa del fatto che le strutture ricettive italiane non sono adeguate alle loro esigenze e richieste.

Un’occasione veramente sprecata se si considerano le dimensioni del mercato: secondo il Global Muslim Travel Index del 2018, il turismo halal registrava valori - prima della pandemia - pari a circa 220 miliardi di dollari, numeri che potranno rapidamente raddoppiare grazie all’incremento demografico della popolazione musulmana e al suo crescente reddito. I viaggiatori musulmani, infatti, nel 2000 erano 25 milioni, nel 2020 sono saliti a 158 milioni e si prevede che nel 2026 il valore dei loro spostamenti toccherà quota 300 miliardi di dollari. Un segmento in crescita che ha come protagonisti i Millennials, desiderosi di viaggiare e scoprire nuovi luoghi e culture, in larga parte benestanti e desiderosi di esperienze di viaggio di elevata qualità, che poi condivideranno sui social media contribuendo così alla visibilità delle destinazioni visitate.

“Un Paese come il nostro, ricco di luoghi e monumenti che raccontano secoli di incontro e fusione fra la cultura occidentale e quella musulmana, dovrebbe essere tra le prime mete del turismo halal – commenta Paolo Biancone alla guida – insieme a Silvana Secinaro – del team di lavoro del Dipartimento di Management dell’Università di Torino che ha condotto una ricerca sul tema. Invece manca un approccio complessivo in grado di creare una estesa rete di accoglienza che tenga conto delle peculiarità di un turismo che ha sì esigenze particolari, ma che è di norma alto spendente e qualificato”.

Nel mercato turistico internazionale halal, la capacità competitiva dell’Italia è infatti al di sotto delle potenzialità, al punto da non comparire neanche fra le prime dieci destinazioni internazionali nel Global Muslim Travel Index, posizionandosi molto al di sotto di Germania e Francia, i Paesi europei che più si sono dati da fare per intercettare questo importante flusso di turisti, con le ricadute economiche positive che comporta.

Ma cosa si intende esattamente per turismo halal?

Il termine halal significa consentito o permesso. È solitamente correlato alle norme alimentari della religione musulmana, ma il concetto si estende allo stile di vita in generale, dall’abbigliamento alle relazioni interpersonali e tra i sessi, la vita sociale, la finanza e la sanità. Riguarda la purezza del proprio corpo e l’incolumità degli altri, per cui si devono apportare solo cibi con nutrienti essenziali senza alcol o sostanze inebrianti-tossiche che danneggiano la razionalità umana.

L’espressione ” turismo halal ” è stata coniata per definire il modo di viaggiare dei turisti musulmani. Ciò significa proporre un’offerta che si adegui alle necessità del sempre crescente turismo musulmano, nel rispetto quindi dei principi dell’Islam.

Cosa cerca il turista musulmano durante le sue vacanze?

I requisiti specifici degli ospiti musulmani possono essere diversi da cliente a cliente, ma in linea generale, un servizio di accoglienza “muslim friendly” dovrebbe prevedere:

  • la presenza, nelle stanze riservate alla clientela musulmana, del Corano e di tappetini per la preghiera, di una freccia sul soffitto o di una bussola per individuare la direzione della Mecca;
  • l’opportunità di sale di preghiera interne e/o indicazione delle più vicine;
  • l’assenza di alcolici nei minibar;
  • la presenza di linea di cosmesi senza alcol e derivati;
  • la presenza di personale con conoscenza dell’arabo;
  • a presenza di piatti halal nei menù dei ristoranti interni, che non significa offrire cibo “etnico”, non solo perché i Paesi di Provenienza dei turisti musulmani sono i più disparati e con tradizioni culinarie diverse, ma soprattutto perché il turista viene in Italia per vivere un’esperienza con il cibo italiano, rinomato nel mondo. Dunque, bisogna proporre una cucina italiana adeguata ai canoni islamici (che prevedono l’assenza di alcool e di carne di maiale e dei loro derivati, nonché l’osservanza di un particolare rituale di macellazione);
  • l’opportunità di prenotazione di Spa interne per tutelare la privacy;
  • la presenza, per i più conservatori, di piscine o spiagge riservate alla sole donne.

Diversificare il mercato del turismo può essere un grande investimento per le imprese italiane, aumentando e alzando il livello di competitività. Il timore di molti consiste nella difficoltà che tale sforzo richiede, nelle possibili critiche o polemiche che potrebbero sollevarsi. Sebbene queste siano remore comprensibili, non sono comparabili all’immenso beneficio che il turismo italiano può ottenere non solo a livello economico, ma anche in termini di apertura verso un mondo globalizzato, che esalta e include le differenze che ci arricchiscono.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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