Nei primi sette mesi del 2022, sulla base delle elaborazioni effettuate dal Centro Studi di Confindustria Moda per Federorafi su dati Istat, il settore dei gioielli Made in Italy ha registrato un aumento del +29,7% sull’analogo periodo dello scorso anno: sono stati venduti fuori dai confini nazionali beni per 5,8 miliardi di euro (vale a dire 1,3 miliardi in più).
Il raffronto con la situazione pre-pandemia mostra come i livelli attuali risultino superiori di ben il 42% rispetto a quelli del gennaio-luglio 2019. Andamenti altrettanto vivaci rispetto allo scorso anno si sono registrati per le quantità esportate (espresse in kg), cresciute nel complesso del +38,5%.
Il saldo commerciale del settore ha superato, nei primi 7 mesi 2022, i 4,5 miliardi di Euro: una cifra record, superiore del +32,8% rispetto all’attivo realizzato nello stesso periodo 2021. Tra i settori che compongono il Tessile, Moda e Accessorio italiano è il secondo più elevato, dopo quello del Tessile-Abbigliamento (pari a 5,1 miliardi nei primi 7 mesi). Dopo aver chiuso l’anno 2021 con un considerevole +59,7% in valore sul 2020, che ha permesso di superare di un non trascurabile +15,6% i livelli pre-Covid del 2019, e dopo una prima metà del 2022 altrettanto premiante (con incrementi superiori al +30% sia nel primo che nel secondo trimestre) le esportazioni del settore gioielli hanno registrato in luglio un modesto +5,7% in valore sull’analogo mese 2021.
Nella lettura di questi dati mensili vanno però considerati i fortissimi incrementi registrati lo scorso anno nello stesso mese (+78% rispettivamente sul 2020): i rallentamenti registrati nel luglio 2022 appaiono quindi ‘fisiologici’, giacché i valori attuali si confrontano con quelli assolutamente eccezionali raggiunti un anno addietro. I risultati dei mesi successivi permetteranno di capire se si sia trattato di un episodio isolato o se sia invece in atto un ridimensionamento reale dei ritmi di crescita, sino alla metà del 2022 assolutamente vigorosi.
L’analisi dell’export per Paese di destinazione mostra aumenti non trascurabili (quasi sempre a doppia cifra) per tutti i principali mercati, sia rispetto ai primi 7 mesi 2021 che nel confronto con la situazione pre-Covid. L’unica eccezione, nella top 20 dei principali sbocchi, è rappresentata da Hong Kong che, pur sfiorando i livelli di un anno addietro (-0,3%), presenta un gap notevole col 2019 (-29,9%). Trend marcatamente favorevoli hanno interessato sia i flussi verso i partner della Ue27 (+37,2% su gennaio-luglio 2021) che i mercati fuori dai confini dell’Unione (+27,3%), che coprono quasi 3/4 delle vendite estere del settore.
Gli Stati Uniti (+18,2% sui primi 7 mesi 2021, pari a quasi 125 milioni di euro in più in termini assoluti) si sono confermati in vetta alle destinazioni, con una quota del 14% sul totale export settoriale. Al secondo posto tra i mercati di sbocco troviamo la Svizzera, cresciuta del +29% circa, e al terzo gli Emirati Arabi (+25,3%). La Francia è al quarto posto. La Cina, dopo aver sperimentato una variazione del +130% a consuntivo 2021, che le aveva permesso di raggiungere il 15° posto tra i principali paesi clienti del settore, nei primi 7 mesi di quest’anno ha registrato una contrazione del -3,4%, scendendo al 24° posto.
Focalizzando infine l’attenzione sui due mercati direttamente coinvolti nel conflitto esploso a fine febbraio scorso, Russia e Ucraina, va detto che, anche prima della guerra, non occupavano posizioni di primissimo piano per il settore. Insieme coprivano nel 2021 lo 0,9% dell’export (1% nel 2020 e 1,1% nel 2019). I dati cumulati dei primi 7 mesi mostrano un -74% circa per la Russia e un -50% per l’Ucraina sul medesimo periodo dello scorso anno: nell’insieme hanno acquistato beni italiani per 12,1 milioni di euro (erano 39,7 milioni, -69,5%). La quota dei due mercati (crollati rispettivamente al 47° e al 64° posto tra le destinazioni) sul totale export settoriale è scesa allo 0,2% complessivo.
Fonte: a cura della redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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