L’interesse dei brasiliani per il cibo del Belpaese continua a crescere e le esportazioni dell’agroalimentare italiano registrano numeri più che positivi, nonostante la pandemia. Entrare in questo mercato può essere abbastanza complicato se non si conosce la normativa locale. Di seguito, un memorandum delle cose più importanti da tenere in considerazione prima di sbarcare nel Paese sudamericano.
L’Italia, con più di 300 prodotti DOP, IGT e STG, è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine protetta e indicazione geografica. Non a caso, l’alta qualità è riconosciuta in tutto il mondo e i consumi di prodotti italiani continuano a crescere.
Per il Brasile, l’Italia rappresenta il nono Paese fornitore, secondo nell’Unione Europea, dopo la Germania, rappresentando circa il 2,3 % delle importazioni brasiliane. Tuttavia, negli ultimi due anni, si è registrato un notevole crollo negli scambi commerciali, circa il 15% in meno rispetto al 2019, a causa di fattori diversi quali la pandemia, l’instabilità economica e politica e la svalutazione della moneta locale.
In questo scenario scoraggiante, il settore degli alimenti e delle bevande ha seguito una tendenza inversa e le vendite dell’agroalimentare italiano in Brasile sono addirittura aumentate.
Complice la chiusura dei ristoranti e lo smart working, anche i brasiliani hanno cambiato le loro abitudini, cominciando a consumare i loro pasti in casa e cimentandosi in cucina nella preparazione di ricette gourmet. La richiesta di prodotti italiani di qualità è aumentata e le esportazioni dell’agroalimentare italiano sono cresciute dell’1,06% nel 2020, per un valore di circa 231.27 milioni di dollari, stando ai dati dell’ITA (Italian Trade Agency).
A trainare le importazioni, in volume, sono i grandi classici: pasta ripiena e non (23.5 mila tonnellate), pomodoro e altri sughi (21.4 mila tonnellate), kiwi (11.2 mila tonnellate) e olio di oliva (4.6 mila tonnellate). Se si guarda al valore, invece, al primo posto si posizionano i biscotti e altri dolci (+145%), gli insaccati (+31%), il riso e i preparati per risotti (+30%), l’aceto (+22%) e le farine (+20%).
Dunque, sugli scaffali dei supermercati brasiliani c’è ancora spazio per nuovi prodotti italiani. Ma cosa è necessario sapere prima di cominciare a vendere i propri prodotti?
Consigli da seguire prima di esportare in Brasile
Vendere i propri prodotti in Brasile può risultare un’operazione ardua, ma se ci si prepara al meglio, senza tralasciare alcun dettaglio, è più facile di quanto sembri.
Prima di iniziare, è bene considerare che il Brasile è un Paese dalle dimensioni continentali e la richiesta del Made in Italy non è uniforme su tutto il territorio. Storicamente, gli Stati più ricchi e con le comunità italiane più grandi sono gli Stati di Sao Paolo, Rio De Janeiro, Minas Gerais, Santa Catarina, Paranà e Rio Grande do Sul. Negli ultimi anni, però, anche altri Stati, soprattutto nel Nord Est, hanno cominciato ad aumentare l’offerta di prodotti italiani sui propri scaffali.
Allo stesso tempo, trattandosi di un sistema federale, è bene considerare che il sistema tributario può cambiare da uno Stato all’altro ed è fondamentale verificare le specificità dei singoli Stati.
Vediamo insieme quali sono i passi più importanti da compiere prima di approcciarsi al Paese verde oro.
1. Verificare il codice doganale
In un sistema complesso come quello brasiliano, identificare il corretto codice doganale del proprio prodotto è il primo passo per conoscere fin da subito se è ammessa l’importazione, quali sono i dazi e altri tributi, se e quali licenze sono necessarie. Il Brasile, per i codici doganali, adotta la nomenclatura del Mercosur, il cosiddetto NCM. È bene, pertanto, prima di cominciare un progetto di esportazione, verificare in quale NCM si inquadra il proprio prodotto. Di solito, differisce per le ultime 4 cifre dall’HS code utilizzato in Europa.
Sul sito della segreteria del Ministério da Fazenda è possibile fare una ricerca a partire dalla descrizione del prodotto o dalla categoria merceologica di appartenenza.
2. Calcolare i dazi, le imposte e gli altri costi
La svalutazione del real brasiliano e gli elevati dazi spesso rendono i prodotti italiani particolarmente cari per il consumatore finale. Prima di preparare un listino prezzi ad hoc, è opportuno conoscere quali imposte verranno applicate e quali costi dovranno essere considerati (in primis, supply chain e costi di distribuzione). Il sistema fiscale brasiliano, infatti, è piuttosto complesso, essendo articolato su tre livelli (federale, statale e comunale).
Oltre ai dazi di importazione (II), si applicano altre imposte come l’IPI (Imposta sui Beni Industriali), l’ICMS (Imposta sulla Circolazione delle Merci e dei Servizi), con aliquote che variano da Stato a Stato, e infine PIS/PASEP e COFINS, che rappresentano dei contributi destinati alla sicurezza sociale. A queste, si aggiunge l’AFRMM, contributo per il rinnovo della Marina Mercantile brasiliana, che corrisponde generalmente al 25%.
Per maggiori approfondimenti, leggi questo articolo. Districarsi fra tutte queste imposte e conoscere le aliquote giuste non è facile, ma sul sito del Ministério da Fazenda è disponibile un simulatore per calcolare i dazi e gli altri tributi, in base all’NCM, la valuta e il valore CIF della merce.
Vediamo insieme un esempio. L’NCM della pasta, non fresca e che non contenga uova, è 1902.19.00. Inserendo questo codice e considerando un valore CIF simbolico di 1 euro, il simulatore mostra quali imposte incidono e con quali aliquote, calcolando anche il loro valore in reais brasiliani.
Oltre ai tributi, altri costi saranno rappresentati dal trasporto, dalle licenze eventualmente necessarie per alcuni tipi di prodotto e dai costi per lo sdoganamento. Questi costi incidono generalmente per il 5-10%.
3. Verificare gli adempimenti necessari (licenze e certificazioni)
Utilizzando l’NCM, è possibile verificare anche il “trattamento amministrativo” sul portale Siscomex o sullo stesso simulatore sul sito del Ministério da Fazenda.
Alcuni prodotti, infatti, come quelli di origine vegetale, non richiedono particolari adempimenti. Al contrario, i prodotti di origine animale devono ottenere un certificato sanitario, il DIPOA, e lo stesso produttore deve essere accreditato presso il MAPA, il Ministero dell’agricoltura brasiliano. All’arrivo, la stessa merce sarà sottoposta ad un’ispezione da parte del MAPA, prima di essere liberata per la vendita.
Inoltre, è opportuno verificare se è necessaria una particolare autorizzazione da parte di ANVISA (Agência Nacional de Vigilância Sanitária) o del MAPA, a seconda del tipo di prodotto, per ottenere la licenza di importazione.
Per la maggior parte dei prodotti la licenza di importazione può essere richiesta anche successivamente all’invio della merce, ma sempre prima dello sdoganamento. In alcuni casi, invece, è necessaria una licenza previa, non automatica, e la merce potrà essere spedita solo dopo l’ottenimento di questo tipo di documento.
4. Adeguare le etichette
I prodotti possono essere venduti con l’etichetta in italiano, ma è necessario che almeno la retro etichetta contenga le informazioni in portoghese, rispettando tutti i requisiti stabiliti dal Ministero dell’Agricoltura con la circolare 125/98/DCI/DIPOA. Le informazioni necessarie per un’etichetta corretta sono disponibili a questo link. È bene ricordare che per i prodotti di origine animale, così come per il vino e l’olio di oliva, l’etichetta deve essere previamente approvata.
5. Valutare tra esportazione diretta o utilizzo di trading company
A differenza di altri Paesi, in Brasile non è obbligatorio l’utilizzo di intermediari locali per esportare la propria merce. Prima di valutare, però, se optare per una esportazione diretta o affidarsi ad una trading company, è opportuno sapere che la merce destinata alla vendita può essere esportata/importata solo da aziende registrate presso la dogana brasiliana e in possesso del RADAR, che permette di svolgere tutte le operazioni di sdoganamento. Solo in questo modo si avrà accesso al SISCOMEX, il sistema informatico per la registrazione di tutte le operazioni di importazione e esportazione. Inoltre, le procedure di sdoganamento sono abbastanza complesse ed è fondamentale affidarsi ad un despachante, un agente doganale, che agisce in nome dell’importatore o esportatore e conosce a fondo tutti i requisisti e le pratiche necessarie per lo sdoganamento.
Pertanto, sebbene l’esportazione diretta permetta di avere un controllo maggiore e di abbattere alcuni costi, non sempre il processo di esportazione è così facile, soprattutto se la propria merce rientra in quelle categorie speciali, per le quali sono previste particolari certificazioni, licenze e/o adempimenti.
Il Brasile è un Paese dal grande fascino e il suo mercato ha ancora un grande potenziale. Tuttavia, un sistema complesso e una normativa così articolata possono spaventare le aziende che si avvicinano per la prima volta a questo mercato.
Affidarsi a degli esperti risulta spesso la strada più semplice per esportare in totale sicurezza.
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Fonte: a cura di Exportiamo, di Mariavittoria Petrosino, redazione@exportiamo.it
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