L’inquinamento da plastica è un problema collettivo le cui responsabilità ricadono sui singoli, sui governi, ma anche sulle aziende, in particolare quelle che producono cibo, che sono i principali inquinanti. Ecco cosa stanno facendo alcune delle aziende USA più eco-friendly per tentare di arginare il problema.
Ormai lo sappiamo tutti: l’utilizzo estensivo della plastica è un problema da affrontare con la massima urgenza.
L’Europa tende ad essere un passo in avanti rispetto agli Stati Uniti nella lotta alla plastica, anche grazie ad un sistema di riciclo più diffuso, efficiente e integrato nella società. Tuttavia oggi, anche le grosse aziende USA cercano sempre più di ideare e implementare nuovi sistemi e procedure per ridurre l’impatto ambientale della plastica che proviene dai loro business, anche se il lavoro da fare rimane tanto.
Plastica: il problema
Si stima che ogni anno vengano prodotte 380 milioni di tonnellate di plastica nel mondo. Di queste, solo il 14% viene riciclato, il resto finisce incenerito, sepolto nelle discariche o disperso nell’ambiente. Nello specifico, ogni anno, 9,5 milioni di tonnellate di plastica sfociano negli oceani, contribuendo alla distruzione di un ecosistema ormai fragile.
Le attuali misure in atto non sono sufficienti alla risoluzione del problema. Le proiezioni mostrano infatti che senza un intervento sostanziale, le attuali politiche ridurranno la plastica immessa nell’ambiente solo del 7% nei prossimi 20 anni.
Il settore agroalimentare gioca un ruolo fondamentale in questa nuova sfida globale, rappresentando un ambito in cui la plastica, per motivi pratici ed economici, viene ampiamente usata.
L’approccio del consumatore americano e la risposta dell’industria
I consumatori Americani sono sempre più sensibili a questo problema. In un recente sondaggio infatti, il 64% degli intervistati ha dichiarato che nella decisione d’acquisto di un prodotto alimentare, la riciclabilità dell’involucro gioca un ruolo fondamentale. La metà di questi ha anche asserito che sono interessati ad un packaging che sia riutilizzabile, ed il 39% ad una confezione biodegradabile.
Grazie a questa nuova sensibilità, sempre più produttori USA stanno investendo nella ricerca e nello sviluppo di nuovi packaging che possano andare incontro ai desideri dei consumatori e che possano rispondere alla crisi globale che la plastica rappresenta. Infatti, il 93% delle aziende americane produttrici di alimenti confezionati dichiara di essere attualmente alla ricerca di nuove soluzioni per il confezionamento, sia dal punto di vista del design che dal punto di vista dei materiali.
I nuovi trend
La nuova sensibilità che il consumatore americano dimostra verso il problema della plastica è ormai un trend già affermato, che rappresenta un elemento (ed un’opportunità) che le aziende non possono ignorare.
Questo trend è tuttavia destinato ad evolversi in diversi modi. Uno su tutti, probabilmente il più interessante, è quello della crescente importanza della cosiddetta “esperienza green” che nella scelta d’acquisto pesa di più rispetto alla “brand loyalty”, elemento che ha sempre caratterizzato il mercato americano. Assistiamo quindi all’abbandono di brand che hanno goduto da sempre della fedeltà dei consumatori, in favore di marchi meno conosciuti (o non-marchi) che dimostrano però un concreto impegno ecologico che soddisfa la sensibilità di chi compra.
Questa tendenza è confermata da diverse osservazioni in merito alle abitudini dei consumatori americani nel fare la spesa. Una fra tutte, la crescente popolarità dei negozi “zero waste” e delle “refill station”. In questi format i prodotti (alimentari, ma anche prodotti per l’igiene personale) sono sfusi, e sono venduti al cliente nei contenitori che lo stesso porta da casa, invece di essere preconfezionati. Questo metodo è 100% plastic free e, se vogliamo essere precisi, è totalmente zero waste.
La plastica nel settore agroalimentare USA
Basta fare un giro al supermercato per rendersi conto di quanto la plastica sia utilizzata praticamente ovunque nel confezionamento dei cibi. Dopotutto, è un materiale che assolve decisamente bene al suo compito, prolungando la conservazione dei cibi, isolando l’alimento da batteri e sostanze nocive e proteggendo il contenuto da urti e colpi.
Ci sono tuttavia altre nicchie nel mercato agroalimentare USA, più specifiche, che concorrono all’uso della plastica. Nello specifico, il settore dei “pasti pronti” consegnati a domicilio, che spopola in America e che è destinato a quadruplicare il suo giro d’affari nei prossimi 5 anni. Consegnare quotidianamente a domicilio pasti pronti, oppure kit di ingredienti, comporta chiaramente l’utilizzo di una grande quantità di materiale dal imballaggio. Basti pensare ai contenitori per i piatti, gli involucri, gli imballaggi per mantenere la temperatura: tutto a base di plastica.
Un altro settore è quello della ristorazione take-away, che utilizza bicchieri, piatti e utensili monouso, storicamente e solitamente in plastica.
Trovare delle soluzioni alternative è, quindi, compito di chi produce cibo preconfezionato ma non solo: è richiesto l’impegno di tutti i player di questo settore.
La soluzione classica: il riciclo e perché non funziona
Di tutta la plastica globalmente prodotta fino ad oggi, ne è stata riciclata solo il 9% (ad oggi il tasso annuale è di circa il 14%). Il riciclo della plastica presenta delle criticità che lo rendono inadatto alla risoluzione del problema, soprattutto se considerato come unico metodo.
Quali sono gli elementi che impediscono un funzionamento efficiente dei sistemi di riciclo?
- Economicità. Ad oggi, è semplicemente più economico produrre nuova plastica che riciclarne, per questo le aziende non sono incentivate a scegliere plastica riciclata per i loro prodotti.
- Inefficienza dei sistemi. I sistemi di raccolta e riciclo della plastica sono ancora ampiamente sottosviluppati rispetto alla necessità, e non sono quindi in grado di tenere il ritmo con la quantità di rifiuti in plastica generata. Inoltre, nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, questi sistemi di raccolta e gestione della plastica sono semplicemente inesistenti.
- Inefficienza del metodo. La maggior parte della plastica viene ad oggi riciclata secondo il metodo “meccanico”. Viene cioè fusa e ricomposta in “nuova” plastica. Questo processo impoverisce il materiale ad ogni ciclo fino a renderlo inutilizzabile. Il metodo quindi può essere ripetuto un numero finito di volte destinando di fatto la plastica alla discarica dopo appena un paio di cicli.
- Problema della contaminazione. In una partita di plastica destinata al riciclo, basta una minima contaminazione da altro materiale (anche alimentare), per rendere l’intera partita non-riciclabile, ed essere quindi dirottata verso la discarica.
Quali sono le alternative sostenibili?
Come abbiamo visto, il riciclo cosi come avviene oggi, non può risolvere il problema della plastica. Le soluzioni da adottare sono diverse, e più che guardare ad una soluzione sopra le altre, è necessario considerare un concorso di tutte. Vediamone alcune:
- Advanced recycling. Questo tipo di processo, diverso da quello meccanico, permette di scomporre le plastiche nelle loro particelle più piccole che vengono poi “rimontate” in “nuova plastica”. Questo procedimento annulla di fatto la degradazione della plastica, rendendolo teoricamente atto ad essere ripetuto all’infinito. Ad oggi però questo metodo consuma ancora troppe energie per essere considerato un’alternativa sostenibile.
- Nuovi materiali. Start-up, Università, organizzazioni indipendenti: ogni giorno qualcuno inventa un nuovo materiale adatto a sostituire in tutto o in parte le plastiche ad oggi comunemente usate nel settore agroalimentare. Spesso sono materiali a base di alghe o altri elementi vegetali, e sono solitamente biodegradabili, compostabili e alcune volte, addirittura commestibili! Le innovazioni in questo ambito sono spesso sorprendenti, come l’ultimo sostituto del polistirolo da imballaggio che invece di restare decenni nell’ambiente, si scioglie nell’acqua del lavello come niente fosse. Ciò che manca sono sufficienti investimenti nella ricerca di nuovi materiali.
- Politiche di reso e riutilizzo. Riutilizzare è il metodo migliore per ridurre l’utilizzo della plastica. Ecco perché molte aziende lavorano con incentivi per fare in modo che i consumatori rendano le confezioni, che vengono poi igienizzate e riutilizzate.
Cambiamenti nel mercato in direzione plastic free
Nell’ambito dell’industria agroalimentare americana sono già presenti dei cambiamenti in direzione plastic-free, sempre più comuni. Nell’ambito dei cibi preconfezionati, per citare solo qualche esempio:
- sempre più produttori di pasta hanno eliminato la “finestrella” di plastica, raffigurando il prodotto solo tramite una rappresentazione grafica (foto o altro) stampata sull’imballaggio.
- Alcuni produttori di salse o condimenti hanno eliminato le bottiglie in plastica in favore di bottiglie di vetro.
- L’acqua “in bottiglia” viene venduta sempre più frequentemente in vetro oppure in imballaggi di cartone.
Ci sono dei cambiamenti anche in ambito take away:
- le cannucce in plastica sono sempre meno utilizzate in favore di cannucce in cartone o materiali a base vegetale e quindi biodegradabili.
- Le confezioni in polistirolo sono sempre più sostituite da confezioni in cartone o altri materiali biodegradabili.
Un esempio virtuoso è quello di Hagen Daaz. Chi consuma i gelati di Hagen Daaz può portare indietro i loro barattoli usati che saranno poi inviati all’azienda che li laverà e riutilizzerà. Questo modello funziona meglio nelle zone ad alta densità abitativa, evitando le spedizioni a largo raggio. Inoltre, questo metodo implica due cose fondamentali:
- la collaborazione dei punti vendita che di solito fungono da punto di raccolta per i container usati, avendo già loro rapporti logistici con le aziende.
- La collaborazione della popolazione che deve impegnarsi a prendere parte al progetto.
Nuove opportunità per il mercato USA
La necessità di trovare un’alternativa alla plastica è estremamente sentita dal consumatore americano, soprattutto nell’ambito del food. Questo scenario permette di identificare delle opportunità per chi vuole espandere il proprio business nel settore alimentare statunitense.
Come visto in precedenza, il fattore plastic-free sta diventando una leva d’acquisto importante per i consumatori, che prevale sulla fedeltà al marchio o alla familiarità con determinati prodotti. Entrare sul mercato con un prodotto agroalimentare confezionato secondo una logica plastic-free può dare un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti con delle soluzioni di packaging “tradizionali”. Inoltre, questa situazione ha creato una nicchia di mercato di consumatori attenti all’imballaggio e disposti a pagare un premium price per un prodotto in linea con i propri valori.
La plastica è un elemento che sarà sempre meno presente nel settore agroalimentare a livello globale, e gli Stati Uniti stanno prendendo seriamente questo cambiamento, sia dal punto di vista della domanda che dal punto di vista dell’offerta. Approfittare dei vantaggi che questo nuovo trend offre può sicuramente essere un’opportunità importante per chi sta pensando di inserirsi in un mercato competitivo come quello americano.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marianna Niero, redazione@exportiamo.it
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