Il settore della cosmetica tricolore ha pesantemente risentito degli effetti negativi causati dalla pandemia, retrocedendo del -12,8%. Ma puntando su digitale, R&S, sostenibilità, sicurezza e mercati esteri è già pronto a ripartire.
La cosmetica italiana, dopo anni di forte crescita, è stata fortemente colpita dalla pandemia. Secondo i dati preconsuntivi dell’indagine congiunturale presentata dal Centro Studi di Cosmetica Italia, il fatturato del settore nel 2020 ha subito una riduzione pari al 12,8%, scendendo a quota 10,5 miliardi di euro, 1,5 miliardi in meno rispetto al 2019. Hanno pesato sia gli arretramenti subiti sul mercato interno (-10,2%), sia le perdite accusate all’estero: risentendo delle limitazioni e delle incertezze a livello internazionale, le esportazioni registrano infatti un -16,5% e per un valore di oltre 4 miliardi di euro. L’export rimane, tuttavia, un fattore importante di competitività, pensando che nel 2019 l’Italia della cosmetica aveva segnato una bilancia dei pagamenti attiva per oltre 3 miliardi di euro.
L’export dei cosmetici italiani
La Francia, primo Paese in termini di destinazione con 414 milioni euro, registra un calo delle esportazioni prossimo ai venti punti percentuali: così come la Francia, anche gli altri fedeli partner mostrano trend negativi in linea con la media generale dell’export cosmetico dei primi dieci mesi (-17,9%). Infatti, nel ranking per valore delle esportazioni italiane di cosmetici si trovano la Germania, 373 milioni di euro e oltre 22 punti percentuali di calo rispetto al 2019, Stati Uniti, 341 milioni di euro e una diminuzione di quasi 20 punti percentuali, Regno Unito che, con 224 milioni di euro, registra il trend peggiore con una variazione negativa di oltre il 27% dovuta probabilmente a una contrazione del mercato interno. Proseguendo la classifica, particolare rilievo assume Hong Kong che, con un valore dell’export di oltre 192 milioni di euro, registra un calo, relativamente inferiore rispetto agli altri player internazionali, prossimo ai sette punti percentuali.
Andando oltre le prime dieci destinazioni, emergono invece segnali positivi da parte di Cina, +6,1% con 71 milioni di euro, Repubblica Ceca, +6,2% e 55 milioni di euro e Ucraina, +14,6% e 38 milioni di euro. Grazie a questi Paesi, e al loro contributo alla crescita dell’export cosmetico italiano, i primi venti player concentrano oltre il 78% del totale export cosmetico italiano.
Infine, la lettura delle esportazioni per famiglie di prodotto consolida l’attenzione verso le categorie cosmetiche che comprendono i prodotti per l’igiene come strumenti di prevenzione per l’emergenza sanitaria in corso.
Il boom dell’ e-commerce
L’analisi dell’andamento dei canali distributivi evidenzia le dinamiche di reazione alla pandemia, condizionate dalla specializzazione di riferimento oltre che dalle limitazioni stesse che li hanno riguardati. Sono stati particolarmente colpiti i canali distributivi interessati dalle chiusure obbligatorie dei negozi professionali o più esposti ai forti vincoli agli spostamenti delle persone: le vendite di centri estetici, saloni di acconciature, profumerie ed erboristerie hanno subito cali compresi tra il 26% e il 30,5%. Farmacie e grande distribuzione hanno limitato le perdite a pochi punti percentuali (-2,5%), mentre l’e-commerce ha invece sperimentato un vero e proprio boom: il suo valore raggiunge i 700 milioni di euro (+42% rispetto al 2019), portando il retail digitale al quarto posto tra i canali di distribuzione con un peso del 7,4% sul totale mercato 2020.
Si assiste ad una riconfigurazione dell’industria in cui l’ambito digitale ridisegna l’esperienza per i consumatori che hanno cambiato il loro comportamento d’acquisto. Andranno quindi poste in essere azioni di fidelizzazione e promozione qualificata per non perdere le nuove fasce di consumatori. Tra i fenomeni più importanti in ambito digitale, grazie alle nuove modalità di acquisto generate durante il lockdown, si registrano i nuovi meccanismi di servizio: ad esempio la possibilità di provare il prodotto grazie alla fotocamera del proprio smartphone o il click and collect direttamente a casa. I negozi fisici, soprattutto nell’ultimo anno, hanno cambiato pelle, grazie all’utilizzo di piattaforme di instant messaging e dei social per dialogare con i propri clienti e offrire nuovi servizi come la prenotazione e il ritiro in negozio, oppure l’apertura di proprie vetrine virtuali sulle piattaforme di delivery, o l’avvio di iniziative di e-commerce tramite propri e-shop o vetrine su intermediari digitali.
Nuove abitudini di consumo
Le norme anti-contagio hanno plasmato nuove abitudini tanto nelle modalità quanto nelle scelte di acquisto. Nel secondo semestre 2020 rispetto allo stesso periodo nel 2019, ad esempio, i consumi di profumeria alcolica sono calati di oltre 20 punti percentuali, mentre sono cresciute le tinture per capelli fai da te (+30%), e i saponi liquidi (+38%). L’utilizzo prolungato della mascherina ha generato specifiche esigenze nella richiesta di prodotti per la cura della pelle e per il trucco. L’uso di questo dispositivo di protezione ha penalizzato l’applicazione di rossetti (per questi ultimi la richiesta si è orientata sui prodotti no-transfer), a favore di tutta la famiglia del make-up occhi. Al contempo, la pelle del viso, sottoposta allo “stress” da mascherina, arrossamenti e altre problematiche, ha portato in auge cosmetici per lo skincare in grado di lenire, idratare, rigenerare. Le stesse esigenze sono state riscontrate anche nei prodotti per le mani, in conseguenza al lavaggio più frequente e all’utilizzo di gel idroalcolici.
Il repentino cambio delle abitudini di acquisto ha generato una serie di nuovi comportamenti e opzioni di consumo che sicuramente si consolideranno in futuro: dalla dilatazione della beauty routine, alla maggiore attenzione verso i cosmetici a connotazione naturale e sostenibile, alla nuova sensibilità per il concetto di sicurezza, arriva la conferma della anticipazione di quei trend che a inizio anno erano proiettati nel medio periodo e che oggi invece sono del tutto consolidati.
Prospettive future
Nonostante i segni negativi, le prospettive per il 2021 sono comunque in crescita grazie all’alto livello di resilienza del settore che ha saputo reagire, consegnando saldi finali meno critici di quanto previsto. “Le prospettive di ripresa per il 2021, seppur distanti dai valori del 2019, sono legate alla natura anticiclica del comparto. Il cosmetico è infatti un bene indispensabile, come la stessa pandemia ci ha ricordato – ha commentato Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia – Le imprese sentono da un lato la spinta alla ripartenza, dall’altro hanno però bisogno di nuove e solide condizioni per potersi realizzare, accompagnate da un piano governativo capace di affiancarle, anche in termini di promozione del Made in Italy, sul piano dell’innovazione, della digitalizzazione e dello sviluppo sui mercati esteri”.
In prospettiva le maggiori opportunità di crescita saranno offerte dai mercati internazionali. Su tutti la Cina e gli Stati Uniti che sono i primi due principali importatori mondiali di prodotti della cosmetica, con una quota rispettivamente pari all’8,1% e al 9%. La Cina già nel 2020 è riuscita a chiudere l’anno con un lieve aumento dei consumi, mentre gli Stati Uniti dovrebbero recuperare il terreno perso nel corso del 2021.
Il percorso di recupero sarà più lento in Europa e, in particolare, in Italia, dove, secondo le proiezioni della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, solo nel 2023, si tornerà sui livelli del 2019. È vero anche che le imprese italiane della cosmetica possono vantare un’elevata competitività sui mercati esteri: nella classifica internazionale l’Italia ha guadagnato una posizione in dieci anni, salendo al quarto posto con una quota di mercato pari al 5,9%, grazie soprattutto ai progressi sperimentati nell’alta qualità, dove siamo al 6,6%, 1,3 punti percentuali in più rispetto a dieci anni prima.
Si tratta di risultati non casuali. La cosmetica italiana presenta un’intensità di ricerca e sviluppo pari al 6% e ha mantenuto alto il suo impegno sul fronte dell’innovazione anche nel corso della crisi: il 40% delle imprese nel secondo semestre del 2020 dichiara di aver aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo. La capacità innovativa, infatti, è uno dei punti di forza del settore, insieme agli alti standard qualitativi, alla flessibilità e all’adattamento al contesto.
Digitale, R&S, sostenibilità, sicurezza e mercati esteri sono dunque i principali driver di crescita del settore, da cogliere proseguendo lungo la via degli investimenti, materiali ma soprattutto immateriali, da accompagnare con adeguati programmi di formazione.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA