Ammontano a 46,1 miliardi di euro le esportazioni agroalimentari italiane nel 2020: un nuovo record per il food Made in Italy, che appare ancor più significativo in tempo di pandemia.
È passata un po’ in sordina la notizia dell’ennesimo record delle esportazioni agroalimentari italiane nel 2020: 46,1 miliardi di euro di cui 39,1 miliardi di prodotti alimentari, bevande e tabacco, in crescita del +1,9% sul 2019, e 6,9 miliardi di euro di prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, in crescita dello +0,7%.
A dirlo i dati aggregati Istat che confermano la forza del Made in Italy a tavola, anche in un anno difficilissimo come quello appena passato, con un settore che, come spesso avvenuto nelle crisi, si conferma anticiclico rispetto al resto dell’economia. Nel complesso, infatti, l’export totale dell’Italia, nel 2020, ha accusato una flessione del -9,7%, mentre l’agroalimentare ha rappresentato l’unica voce in crescita oltre al farmaceutico (+3,8%), confermandosi pilastro economico, sociale ed occupazionale del Belpaese (nel complesso vale oltre il 10% delle esportazioni complessive pari a 433,5 miliardi di euro).
Un record ottenuto – sottolinea la Coldiretti – nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e il lockdown in tutti i continenti che ha pesantemente colpito la cucina e la ristorazione italiana ma anche favorito il ritorno in tutti continenti alla preparazione casalinga dei pasti con il boom delle ricette Made in Italy.
Le esportazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy nel 2020 sono state dirette per oltre la metà (55%) verso l’Unione Europea, con la Germania che si classifica come il principale cliente con 7,73 miliardi, in crescita del 6%, mentre al secondo posto c’è la Francia con 5.08 miliardi che rimane stabile, e a seguire con 3,6 miliardi la Gran Bretagna (+2,8%) poi uscita con la Brexit. Fuori dai confini comunitari sono gli Stati Uniti il primo partner commerciale dell’Italia con 4,9 miliardi di export agroalimentare che - sottolinea la Coldiretti - aumenta del 5,6 % nonostante i dazi aggiuntivi introdotti dall’ex presidente Donald Trump.
Ad essere avvantaggiate sono state nell’ordine le esportazioni nazionali di conserve di pomodoro (+17%), pasta (+16%), olio di oliva (+5%) e frutta e verdura (+5%) che hanno raggiunto in valore il massimo di sempre. In calo del 3% sono invece – precisa la Coldiretti – le spedizioni di vino italiano nel mondo duramente colpite dalla chiusura dei ristoranti che rappresentano il principale mercato di sbocco per le bottiglie di alta qualità secondo l’analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno.
L’ emergenza sanitaria Covid, infatti, ha provocato una svolta salutista nei consumatori a livello globale che hanno privilegiato la scelta nel carrello di prodotti alleati del benessere. Secondo un report elaborato da Nielsen con il contributo di AssoBio , infatti, è “più che positiva, nonché superiore a quella registrata dall’export agroalimentare nel suo complesso, la performance dell’export bio: nel 2020 l’esportazione di prodotti biologici ha superato i 2.619 milioni di euro con un ritmo di crescita dell’8% rispetto al 2019 e un incidenza del 6% sul totale delle esportazioni agroalimentari italiane”. L’Italia, non a caso, è la seconda nazione al mondo per l’esportazione dei prodotti bio, dopo gli USA e decisamente prima in Europa. Tra gli elementi più apprezzati l’italianità, il legame con il territorio e i prodotti di filiera capaci di coniugare qualità e genuinità.
“L’Italia può ripartire dai punti di forza con l’agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte alla crisi e può svolgere un ruolo di traino per l’intera economia” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “a livello internazionale occorre impiegare tutte le energie per superare le politiche dei dazi e degli embarghi per ridare respiro all’economia mondiale in momento difficile per tutti”. “Ma per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia Made in Italy serve anche agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno – continua Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci”.
“Il Recovery Plan – conclude Prandini – rappresenta dunque una occasione unica da non perdere per superare i ritardi accumulati e aumentare la competitività delle imprese sui mercati interno ed estero”.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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