Quasi un mese dopo che l’Unione Europea ha approvato il primo vaccino contro il COVID-19 sviluppato da BioNTech e Pfizer, migliaia di europei hanno ricevuto la loro prima dose di vaccino. Altri Paesi del mondo, tra cui Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, hanno iniziato a vaccinare i propri cittadini, mentre altri sono pronti a lanciare presto le campagne vaccinali.
In meno di un anno, la pandemia ha sconvolto le economie del mondo e messo in ginocchio molti settori, tra cui quello dei viaggi e del turismo, industria trainante per l’economia di molti Paesi.
Questi settori non possono aspettare che il mondo intero diventi immune al virus per ricominciare, poiché le perdite economiche che hanno dovuto affrontare sono devastanti.
Per questo si sta già lavorando sull’istituzione di “passaporti sanitari” per consentire la ripresa della libera circolazione delle persone.
L’obiettivo è realizzare un passaporto digitale per i viaggiatori, con cui esibire i dati sanitari (vaccinazione e risultati dei test anti COVID-19) attraverso una piattaforma riconosciuta a livello globale accessibile tramite identità digitale.
Ogni Paese può stabilire le proprie regole come, ad esempio, quali vaccini accetterà, per permettere l’accesso alle frontiere, ma anche a grandi eventi o stadi.
Per esempio, in Israele, dove il 20% della popolazione residente è già stata vaccinata, il governo è intenzionato a rilasciare una vera e propria green card sanitaria. Il “passaporto verde” verrà rilasciato dallo stato di Israele una settimana dopo il richiamo del vaccino e sarà valido per 6 mesi dando libero accesso a teatri, cinema e palestre, ma servirà anche per evitare la quarantena prevista per chi torna da viaggi all’estero.
Tuttavia, sarebbe auspicabile la creazione di standard armonizzati ed è proprio su questo che sta lavorando l’OMS: invece di costruire una serie di regole che sarebbero lasciate all’interpretazione degli Stati membri o degli operatori del settore privato come crociere, compagnie aeree o organizzatori di eventi, l’OMS renderebbe più omogenee le politiche e gli interventi. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di implementare questi standard entro metà marzo 2021, in modo da evitare uno scenario in cui si acuirebbero ancor di più le disparità sociali, basate sull’accesso ai vaccini.
Secondo molti, infatti, l’adozione di questa misura si baserebbe su premesse sbagliate, non solo dal punto di vista scientifico, considerato il fatto che non è ancora noto se i soggetti vaccinati che entrano a contatto con il coronavirus possano diventare vettore del patogeno trasmettendolo anche se asintomatici, ma anche dal punto di vista sociale, visto che il passaporto vaccinale creerebbe nuove frontiere fra le persone schedate come sicure e quelle non sicure.
Il presupposto per condizionare alla vaccinazione la libertà di movimento dovrebbe essere un equo accesso al vaccino. Invece, al momento, le forti differenze nell’andamento della campagna vaccinale nei vari Stati rendono molto più alta la probabilità di essere vaccinati per i cittadini di alcuni Paesi rispetto ad altri.
Un certificato di questo tipo potrebbe sembrare una buona soluzione per gestire la pandemia, ma, siamo sicuri che sia effettivamente una panacea?
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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