È entrato in vigore oggi 1 marzo l’accordo tra Ue e Cina a tutela dei rispettivi prodotti ad identificazione geografica protetta. L’intesa rappresenta un grande passo in avanti per le imprese italiane dell’export agroalimentare, soprattutto per quanto riguarda il contrasto al fenomeno dell’Italian Sounding.
Si tratta di un’intesa preziosa per la produzione agroalimentare unionale ed, in particolare, per quella italiana che attualmente conta 311 prodotti tra DOP, IGP e SGT.
L’accordo dovrebbe generare vantaggi commerciali reciproci e consentire ai consumatori di avere accesso a prodotti di qualità garantiti.
Nell’elenco UE delle indicazioni geografiche ci sono prodotti quali Cava, Champagne, Feta, Irish whiskey, Münchener Bier, Ouzo, Polska Wódka, e Queso Manchego. Le 26 italiane che fanno parte del deal bilaterale sono: l’Aceto Balsamico di Modena, il formaggio Asiago, i vini Asti, Barbaresco, Bardolino Superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, il Brunello di Montalcino, il Chianti, il prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, il dolcetto d’Alba, il Franciacorta, il Soave, il vino nobile di Montepulciano,il Montepulciano d’Abruzzo,il vino Toscano, la bresaola della Valtellina, il Gorgonzola, il Grana Padano, la grappa, la Mozzarella di bufala campana, il Parmigiano Reggiano, il Pecorino Romano, il prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Taleggio.
Dall’altro lato, i consumatori europei potranno scoprire le vere specialità cinesi come il Pixian Dou Ban (pasta di fagioli Pixian), Anji Bai Cha (tè bianco Anji), Panjin Da Mi (riso Panjin) e Anqiu Da Jiang (zenzero Anqiu).
Entro quattro anni dall’entrata in vigore, l’ambito di applicazione dell’accordo sarà esteso ad altre 175 indicazioni geografiche per parte.
Il cuore dell’accordo è rappresentato dagli strumenti di tutela che le due parti stabiliscono di adottare, nel quadro più ampio dei diritti di proprietà intellettuale e della lotta alla contraffazione dei prodotti.
In particolare, ciascuna parte protegge le IGP contro:
- l’uso nella designazione o nella presentazione di un prodotto di qualsiasi elemento che indichi o suggerisca che il prodotto in questione è originario di un’area geografica diversa dal vero luogo d’origine in modo tale da indurre in errore il pubblico sull’origine geografica del prodotto;
- qualsiasi uso di un’indicazione geografica che identifichi un prodotto identico o simile non originario del luogo designato da tale indicazione geografica, anche se la vera origine del prodotto è indicata o l’indicazione geografica è tradotta, trascritta o traslitterata o accompagnata da termini quali “genere”, “tipo”, “stile”, “imitazione” o simili;
- qualsiasi uso di un’indicazione geografica che identifichi un prodotto identico o simile non conforme al disciplinare del nome protetto.
Come in altri accordi, tuttavia, le indicazioni geografiche coesisteranno con i legittimi marchi anteriori, di cui la stragrande maggioranza appartiene comunque a proprietari europei.
L’obiettivo principale del nuovo accordo è, infatti, mitigare ogni azione fraudolenta che possa generare distorsioni del mercato, sia attraverso l’effettiva contraffazione che si manifesta con illeciti relativi alla violazione del marchio registrato, delle denominazioni di origine (DOP, IGP, ecc.), del logo, del design, del copyright, fino a giungere alla totale contraffazione del prodotto, sia con la piaga altrettanto grave dell’” Italian Sounding”, termine che fa riferimento all’imitazione di un prodotto/denominazione/marchio attraverso un richiamo alla sua presunta italianità.
Secondo l’ultima relazione sulla protezione e il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, infatti, oltre l’80% delle merci contraffatte e usurpative sequestrate nell’UE nel 2018 e nel 2019 proviene dalla Cina, con una perdita di circa 60 miliardi di euro per gli Stati membri dell’UE. Ne discende come sia necessaria una costante azione di controlli e verifiche rigorosi al fine di individuare i prodotti alimentari contraffatti e fraudolenti.
In termini di valore, il mercato delle indicazioni geografiche dell’UE è pari a circa 74,8 miliardi di €, ossia il 6,8% dei prodotti alimentari e delle bevande dell’UE, con esportazioni per 16,9 miliardi €, che rappresentano il 15,4% di tutte le esportazioni UE di prodotti alimentari e bevande.
Le IG hanno anche dimostrato di essere un utile strumento di marketing, contribuendo a garantire entrate più elevate e più stabili ai produttori.
Secondo uno studio commissionato dalla Commissione, infatti, un prodotto di indicazione geografica in media è venduto a oltre il doppio del prezzo di un prodotto analogo ma senza IG.
Dato non da poco, soprattutto se associato ai trend di crescita del mercato cinese per i prodotti europei Food & Beverage. Nel 2019 la Cina è stata infatti la terza destinazione dei prodotti agroalimentari dell’UE, raggiungendo 14,5 miliardi di euro, nonché la seconda destinazione delle esportazioni di prodotti protetti come indicazioni geografiche (per 9% del valore), tra cui vini, prodotti agroalimentari e bevande spiritose.
Peraltro, le prospettive future potrebbero essere ancora più significative considerando che il 15 novembre scorso la Cina ha concluso il più grande accordo di libero scambio della storia (il Regional Comprehensive Economic Partnership – RCEP - con i membri dell’ASEAN, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda) e che dunque il regime di tutela per i prodotti agroalimentari potrebbe essere esteso anche a tutti i Paesi firmatari per una sempre più ampia salvaguardia dei prodotti più pregiati della nostra tradizione agroalimentare.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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