Secondo il rapporto “L’industria alimentare italiana oltre il Covid-19. Competitività, impatti socio-economici, prospettive” elaborato da Nomisma, l’impatto del Coronavirus sulle imprese del food & beverage porterà nel 2020 ad un profondo calo del fatturato del settore, sia a livello nazionale che internazionale.
Secondo lo studio, il settore agroalimentare Made in Italy nei primi sette mesi del 2020 è risultato piuttosto resiliente, soprattutto se confrontato con le performance degli altri settori chiave italiani. Infatti, nei primi sette mesi dell’anno le vendite di prodotti alimentari al dettaglio sono cresciute del +3,3% (mentre le altre categorie merceologiche hanno perso il -17,6%), sostenendo anche le vendite della GDO e delle piccole superfici (rispettivamente +4,4% e +3,9%).
Anche dal lato delle esportazioni il settore alimentare italiano ha rilevato performance positive nel periodo gennaio-luglio 2020, con una crescita complessiva del +3,5%, mentre l’intero export italiano ha rilevato nel medesimo periodo un profondo rallentamento del -14%.
L’industria alimentare rappresenta per l’Italia uno dei principali settori dell’economia, dato il complesso di 1,3 milioni di aziende e i 3,4 milioni di lavoratori (circa il 14% dell’intera forza lavoro nazionale). Inoltre, genera un valore aggiunto pari a 140 mld di Euro (corrispondente al 9% del Pil) e il 9% del totale delle vendite estere nazionali, grazie ai 43 miliardi di Euro di export prodotti nel 2019,che ha inoltre rilevato un incremento del +89% rispetto al 2009.
Oltretutto, secondo l’indagine di Nomisma, alla quale hanno partecipato 200 realtà del settore alimentare, il 42% delle aziende esportatrici rileva un rallentamento degli scambi sui mercati esteri, mentre il 35% delle imprese teme per i prossimi mesi una perdita in termini di posizionamento dei prodotti nostrani sui mercati esteri a causa di una maggiore spinta nazionalista dei consumi interni.
Anche sul fronte degli investimenti le prospettive sono negative, con il 38% delle aziende che ha deciso di modificare i piani di investimento previsti e il 31% a rinviarli mentre solo il restante delle realtà li manterrà invariati, quando a inizio anno ben l’82% delle realtà produttrici aveva pianificato di investire quest’anno.
Infine, lo studio rileva ancora la preponderante presenza di micro imprese, in quanto meno di 8.000 aziende su un complesso di 56.000 hanno più di 9 lavoratori, e se ne evidenzia la scarsa propensione ai mercati internazionali, a causa di profonde debolezze negli ambiti dell’export, marketing e digitalizzazione.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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