Il settore che in assoluto ha subito le maggiori ripercussioni a causa dell’emergenza sanitaria provocata dall’epidemia di Covid-19 è il turismo. Infatti, i diffusi lockdown e la profonda limitazione degli spostamenti hanno messo in ginocchio un comparto che rappresenta il 10% del Pil mondiale.

Secondo uno studio realizzato da Cassa Depositi e Prestiti, nei primi tre mesi del 2020 a livello mondiale sono stati registrati 67 milioni di turisti in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Per l’anno in corso, il UNWTO prevede nello scenario peggiore un miliardo di viaggiatori in meno nel complesso dei 12 mesi, ovvero il -78% rispetto al 2019, andando così a segnare un crollo dei flussi turistici peggiore rispetto all’epidemia di SARS e alla crisi economica del 2008-2009.

Dal punto di vista economico, le ripercussioni sono difficilmente valutabili, ma si prospettano perdite per circa 100 milioni di posti di lavoro e 2.700 miliardi in meno in termini di Pil mondiale. La dinamica relativa alla diffusione della pandemia non ha sicuramente aiutato, concentrandosi nelle aree geografiche a maggior flusso turistico, ovvero Europa (50,8% dei turisti nel 2018) e Asia (24,4%).

In Italia il turismo rappresenta il 13% del Pil e il 15% dell’occupazione nazionale, e risulta senza ombra di dubbio il comparto più in difficoltà a causa della crisi Covid-19. Nel dettaglio, il settore alberghiero è quello che rileva le performance peggiori, soprattutto a causa della modesta dimensione aziendale e dei livelli di indebitamento elevati, che rendono le attività ricettive particolarmente vulnerabili in termini di vincoli di liquidità ai quali si trovano esposte per l’improvviso blocco dell’attività. Alcuni fattori però, come la varietà dell’offerta e l’alta stagionalità della domanda, insieme all’obbligo di turismo interno, potrebbero attenuare gli impatti negativi della crisi.

Nel 2020, secondo il report di CDP, l’emergenza causerà alle imprese ricettive un calo del fatturato pari a circa il -50% rispetto allo scorso anno, pari a 10 miliardi di ricavi in meno, questo solo se le attività turistiche riprenderanno durante la stagione estiva. Si attende inoltre per le imprese del settore una diminuzione della liquidità per circa 2-2,5 miliardi di Euro e una riduzione del patrimonio netto pari a 3 miliardi di Euro.

Anche dal lato dell’occupazione le previsioni sono piuttosto negative, dato che l’80% degli occupati del comparto lavora in aziende di piccole dimensioni con meno di 50 addetti, e i contratti stagionali sono particolarmente diffusi nel settore, molti dei quali quest’anno non verranno rinnovati. Si stima infatti un rischio di disoccupazione/inoccupazione in un range che va dal 47% al 54,8%.

Per poter sostenere il duro colpo e sperare in una pronta ripresa del settore turistico, lo studio di Cassa Depositi e Prestiti suggerisce alcune fondamentali direttrici che serviranno a ristrutturare l’intero sistema turistico italiano. Nello specifico, i tre pilastri dovrebbero essere:

Innovazione dell’offerta turistica: Tramite l’ideazione di nuovi modelli di fruizione del prodotto esistente e di sviluppo di prodotti innovativi e sostenibili;
Politiche di sostegno finanziario e fiscale e di rafforzamento patrimoniale: al fine di promuovere il rafforzamento finanziario e patrimoniale, crescita dimensionale e l’attrazione di investimenti esteri e di grandi player internazionali;
Misure di tutela dell’occupazione e azioni di up-skilling e re-skilling del personale: tramite la formazione, sia in ambiti tradizionali che per competenze di tipo digitale, e il sostegno al lavoro con misure ad hoc per supportare imprese e lavoratori del settore;
Recupero di fiducia nel sistema: Tramite la definizione di un Protocollo sanitario adeguato agli standard internazionali.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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