Durante la pandemia di COVID-19 ci stiamo adattando a nuovi modi di lavorare, vivere e fare shopping, ma la crisi potrebbe trasformare il commercio al dettaglio per sempre. Strategie e modelli di vendita stanno cambiando per assecondare le esigenze di distanziamento sociale e sanificazione. In forte crescita è la sperimentazione della digitalizzazione, un acceleratore di trasformazione, che inizia ad essere compresa ed accettata anche dai più scettici.
Mentre tutti lottiamo per trovare risposte alle sfide attuali, è bene guardare anche al futuro e ripensare la società e l’economia con competenza, creatività ed ottimismo. Non dobbiamo quindi stupirci che l’attuale crisi avrà il potenziale per trasformare la vendita al dettaglio e la vita, rispetto a come eravamo abituati a concepirla. Le aziende, in questo momento, devono essere flessibili ed adattarsi rapidamente ai cambiamenti, rivedendo e mettendo in discussione i loro modelli e le loro strategie di business. Coloro che hanno installato nuovi formati di lavoro digitali dimostrano di avere un chiaro vantaggio, poiché le connessioni online stanno costruendo ponti nella società e nell’economia.
Per la vendita al dettaglio fisica, sorgono molti dubbi e, ci si chiede, quali strumenti sarà necessario implementare per far ripartire il motore di questo tipo di commercio.
In molti ipotizzano infatti, che le realtà manifatturiere più piccole, saranno quelle maggiormente colpite dalla situazione di crisi. Il mondo retail nella fase 2 dovrà ripensare al proprio ruolo e ai propri modelli di vendita.
Durante il webinar “Il retail ai tempi del Covid-19” organizzato dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano si è discusso del tema. In particolare è emerso che, prima del Covid-19 i consumi nelle economie più mature stavano crescendo in media del 3% con l’Italia un po’ più in difficoltà, ma che mostrava comunque un aumento dell’1,5% rispetto al 2018. Il canale e-commerce cresceva a ritmi molto sostenuti. Nel nostro Paese si stimavano a fine 2019 oltre 18,1 miliardi di acquisti online, pari al 6% degli acquisti totali. Pochi ancora se paragonati al 16% del Regno Unito e al 21% della Cina, ma comunque significativi e relativi ad un trend ormai delineato.
Il dato più rilevante, però, è la crescita in termini assoluti del commercio online, che lo scorso anno in Italia è stata di ben 3,1 miliardi di euro, pari al 70% dell’incremento complessivo dei consumi, a testimonianza del fatto che le abitudini dei consumatori italiani stavano cambiando già prima della pandemia. Inoltre, si stavano già sperimentando nuovi formati di negozio, come il “cashless store”, con i pagamenti invisibili, che permettono di abbattere le barriere in cassa, o come il punto vendita che mette lo smartphone al centro del processo d’acquisto. Si investiva anche nell’integrazione omnicanale, con l’e-commerce sempre più a supporto dei punti vendita tradizionali. ll lockdown prima, e la necessità di distanziamento sociale e sanificazione continua degli ambienti poi, avranno sicuramente pesanti riflessi sulla gestione del retail.
Umberto Bertelè, Chairman degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, afferma con convinzione che, in questa emergenza sanitaria, l’e-commerce sarà il fenomeno vincente e anche i retailer più tradizionali dovranno inevitabilmente riprogettare tutti i processi, improntandoli a un’operatività nuova, perché le abitudini che abbiamo sviluppato in questo periodo, perdureranno anche negli anni a venire.
La volontà di fare acquisti da casa, è dovuta a molteplici fattori: da un lato, molti clienti, in particolare i consumatori più anziani e i gruppi a rischio, avranno un bisogno crescente di sicurezza e tenderanno ad evitare lo shopping e le altre attività potenzialmente affollate, fino a quando non sarà disponibile un vaccino; dall’altra parte, anche quelli a cui non piaceva lo shopping online, ora sono stati costretti ad adattarsi alla situazione, ed è molto probabile che, anche gli acquisti tradizionalmente registrati nei negozi fisici, avverranno completamente online.
In aggiunta, il confinamento domestico ha fatto riscoprire agli italiani l’abitudine di fare la spesa presso rivenditori locali, valorizzando gli esercizi di quartiere di piccole dimensioni, che per sopravvivere, dovranno convertirsi all’innovazione digitale, magari in un primo momento affidandosi alle vendite tramite Whatsapp o social media tipo Instagram.
Tra i settori colpiti ci sarà il comparto dell’abbigliamento, che sarà uno di quelli più penalizzati. Chi da anni investe nel potenziamento dell’e-commerce, come Nike, è riuscita ad uscire bene dal periodo di lockdown e le performance ottenute nel digitale, stanno consentendo di sopperire alle perdite dei punti vendita.
Altri player invece, hanno dovuto procedere con la chiusura dei negozi, come ad esempio H&M che, solo in Italia, ha paventato la chiusura di 7 punti vendita e conseguentemente ha annunciato la trasformazione di molti negozi in veri e propri hub logistici, al servizio delle strategie di e-commerce, per il ritiro e il reso dei capi acquistati nello store online. Relativamente a questo aspetto è molto probabile che a seguito del lockdown, nella cosiddetta “fase 2”, molti player rivedranno le strategie commerciali ed anche in Italia potranno affermarsi piattaforme digitali tipo Shopify, che offrono ai retailer tutti gli strumenti per andare online, come logistica e gestione dei pagamenti.
Dunque è evidente come la pandemia abbia già iniziato a modificare la vendita al dettaglio e come soluzioni rapide ed idee digitali creative, possano risollevare le sorti dei rivenditori. La situazione che stiamo vivendo potrà fungere da catalizzatore di trasformazione creando nuovi modelli di business e nuovi ecosistemi di vendita. La creatività è la valuta del futuro e, in questo preciso momento, conta più che mai.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Giulia Rocchetti, redazione@exportiamo.it
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