COVID-19 in USA: La reazione dei consumatori americani all’evoluzione del contagio

COVID-19 in USA: La reazione dei consumatori americani all’evoluzione del contagio

16 Marzo 2020 Categoria: Retail

Il Coronavirus 2019 (o COVID-19) oltre a stravolgere la vita e le abitudini quotidiane delle persone, sta compromettendo le economie dei singoli Stati e gli scambi commerciali internazionali. Anche negli Stati Uniti l’epidemia, in un primo momento sottovalutata, ha iniziato a registrare numeri in ascesa, costringendo le autorità federali e locali, a prendere rigidi provvedimenti per cercare di arginare il contagio. Uno studio della Nielsen ha evidenziato la reazione agli acquisti degli Americani a seconda delle informazioni che essi ricevono in merito all’andamento della pandemia. Anche i retailers si adeguano e cercano di limitare i danni introducendo nuovi servizi o modificando i processi interni.

La settimana che ci siamo appena lasciati alle spalle è stata caratterizzata da numerosi avvenimenti di portata internazionale relativi alla diffusione del nuovo Corona Virus (COVID-19). L’11 Marzo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (la WHO) ha dichiarato che il coronavirus non è più un’epidemia confinata ad alcune zone geografiche, ma è una vera e propria pandemia; il 12 Marzo, il presidente Donald Trump ha imposto il divieto di spostamento di persone dall’Europa agli Stati Uniti per una durata di 30 giorni fino al 13 Aprile 2020); il 13 Marzo, il presidente Donald Trump dichiara lo stato di emergenza.

In questo momento così delicato stiamo assistendo ad un graduale e critico cambiamento delle abitudini di acquisto da parte dei consumatori a livello globale come diretta conseguenza della diffusione del virus. Quali potranno essere invece, le conseguenze del contagio sul mercato statunitense? Come i retailers reagiranno a questa imprevedibile situazione?

Le esigenze di acquisto dei consumatori sono sensibili al contagio

Un recente studio condotto da Nielsen, società leader nelle ricerche di mercato, ha identificato sei differenti comportamenti che si manifestano a fronte dei diversi livelli di preoccupazione connessi al coronavirus.

Ciascun comportamento è connesso a specifici indicatori di mercato ed è correlato a diversi livelli di consumo.

1. Proactive health-minded buying: I consumatori manifestano un maggiore interesse nei confronti di prodotti che favoriscono il benessere fisico.
2. Reactive Health Management: I consumatori danno priorità ai prodotti essenziali per il contenimento del virus, per la propria salute e per la sicurezza pubblica.
3. Pantry Preparation: I consumatori iniziano ad accumulare prodotti agroalimentari a lunga conservazione, incrementandone le unità di acquisto e visitando più spesso i punti vendita.
4. Quarantined living preparation: Nell’ottica di preparazione alla quarantena, aumentano gli acquisti online, si riducono le visite nei negozi. Si assiste ad una carenza di prodotti sugli scaffali dei supermercati.
5. Restricted living: I consumatori iniziano a limitare drasticamente gli spostamenti, anche la fornitura online dei prodotti inizia a subire delle limitazioni ed aumentano la preoccupazione che i prezzi possano aumentare a causa della ridotta disponibilità di prodotto.
6. Living a new normal: Le persone ritornano gradualmente alle loro routine quotidiane ma mantenendo una certa attenzione verso la propria salute. I fenomeni di consumo precedenti lasciano tuttavia dei segnali permanenti nella filiera produttiva, negli acquisti online e nelle pratiche di igiene.

Lo studio dimostra che sul mercato statunitense i consumatori reagiscono molto rapidamente alle informazioni relative al contagio, manifestando delle scelte di acquisto strettamente connesse al tipo di informazione ricevuta.

Ad esempio, lo scorso 26 Febbraio, la conferenza stampa condotta dal presidente Donald Trump in materia di COVID-19 ha letteralmente traslato l’interesse pubblico dal livello di “Reactive Health Management” a quello di “Pantry Preparation”.
Come diretta conseguenza, infatti, i consumatori americani hanno manifestato nelle ultime settimane quello che gli esperti di dinamiche comportamentali definiscono “panic-buying”, ossia un assalto ai supermercati al fine di rifornirsi di prodotti alimentari a lunga conservazione, nonché prodotti essenziali per la sanificazione (igienizzanti per le mani e mascherine protettive). Non a caso, l’ultima settimana di febbraio ha registrato degli aumenti significativi nelle vendite di fagioli in scatola (+37%), di carne in scatola (+32%) e di riso e tonno (+25%).

La scorsa settimana, invece, ha segnato un’ulteriore variazione comportamentale: l’11 marzo l’organizzazione mondiale della Sanità (la WHO) ha annunciato che il COVID-19 ha raggiunto il livello di pandemia, registrando un numero di casi superiore ai 100,000. A seguito di questa dichiarazione, l’interesse pubblico si è gradualmente rivolto alla fase di “quarantined living preparation”: gli americani si stanno gradualmente attrezzando ad un periodo di quarantena.

La risposta dei supermercati al panic-buying

Sono molte, infatti, le catene di supermercati statunitensi che stanno adottando misure specifiche per rispondere ad un tale comportamento d’acquisto:

La catena Texana H-E-B ha imposto temporaneamente delle limitazioni sugli acquisti di almeno una dozzina di prodotti agroalimentari e tali limitazioni cambiano a seconda delle referenze. A partire dallo scorso 13 marzo, i consumatori dovranno dunque limitare l’acquisto di uova, pasta, latte e riso a 4 unità alla volta; di zuppe in scatola a 8 unità alla volta; di verdure in scatola a 12 unità alla volta; di fagioli in scatola a 6 unità alla volta.

Inoltre, per finalità precauzionali, altri colossi americani nel settore retail, come Target, Hy-Vee e Trader Joe’s, hanno deciso di sospendere fino a data da destinarsi l’offerta di campioni omaggio all’interno dei loro store, in modo da garantire una maggiore sicurezza nei confronti dello staff interno e dei consumatori.
Walmart, la catena di supermercato più grande al mondo, ha adottato negli ultimi giorni una serie di controlli per contrastare un potenziale rincaro dei prezzi da parte dei rivenditori terzi. Walmart dichiara tolleranza zero in caso di violazione delle politiche tariffarie interne e vendita di articoli proibiti.
Le soluzioni alla quarantena da parte delle agenzie che offrono servizi di consegna a domicilio.

Un’analisi condotta da Chicory, azienda informatica di base New York City, dimostra che la crescente preoccupazione in merito al coronavirus sta portando ad una maggiore predisposizione all’acquisto di prodotti alimentari online nelle aree urbane.
Non a caso, le aziende leader nei servizi di consegna a domicilio, come Instacart e FreshDirect, hanno assistito ad un aumento della domanda di acqua, pesce e carne fresca ed alimenti per bambini.

Inoltre, visto il crescente timore di diffusione del virus, gli operatori specializzati nelle consegne espresso stanno testando nuove modalità di consegna che vanno a limitare il contatto diretto tra le persone: Instacart, ad esempio, ha dichiarato che nelle ultime settimane i consumatori americani hanno inserito sempre più frequentemente l’opzione “Leave at My Door Delivery” che consente di ricevere la spesa online sul proprio pianerottolo senza bisogno di interagire con il personale addetto alla consegna.

Le misure precauzionali delle catene di ristoranti

A reagire in misura ferrea al contagio si annoverano anche le catene di ristoranti che stanno iniziando ad adottare specifiche misure precauzionali sia per limitare le occasioni di aggregazione, sia per garantire il rispetto delle distanze sociali all’interno dei punti vendita.

Alcune catene di ristoranti nello Stato di New York, come Panera Bread, hanno già chiuso le proprie sale da pranzo in alcuni punti vendita. Altre invitano i propri clienti ad ordinare il cibo attraverso le proprie app online, oppure a ritirare i propri ordini in macchina o di persona ma vietando il consumo in loco.

La catena di fast food Taco Bell, ha recentemente annunciato che nei suoi 7200 punti vendita sarà possibile solo l’opzione del drive-thru, ossia ritiro in auto, oppure l’opzione di ordinare online direttamente da casa.

Starbucks, il colosso dell’industria del caffè, sta adottando simili misure per proteggere consumatori ed impiegati dal coronavirus: in alcuni casi rimarranno aperte solo stazioni che permettono il ritiro in auto, in altri casi, sarà disponibile ordinare online dall’omonima app aziendale o sarà disponibile la consegna tramite Uber Eats.

Da questa analisi sui comportamenti di consumo e di acquisto del mercato americano, si può notare che cruciali indicatori di mercato che si verificano in uno specifico Paese, in situazioni di alto rischio come quella attuale, possono ripetersi e quindi preannunciare in un paese differente, in un momento differente. In questa circostanza, l’Italia sta avendo un importante impatto globale, tanto da essere definita dal leader di Nielsen Global Intelligence, Scott McKenie, un caso studio fondamentale per comprendere le reazioni dei consumatori negli stadi successivi di comportamenti e azioni di consumo, che porteranno problematiche nell’evasione degli ordini online, limitazioni nella supply-chain, periodi estesi di isolamento e mancanza di un normale accesso ai negozi.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Maria Chiara Migliaro, redazione@exportiamo.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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