Nel corso degli ultimi anni, il settore del retail è stato al centro di numerosi cambiamenti, sia per rispondere in modo efficace alle nuove tendenze di acquisto dei consumatori, alla continua ricerca di esperienze significative e coinvolgenti, sia per offrire opportunità diverse rispetto alle rigide condizioni del mercato immobiliare. Gli affitti temporanei di spazi commerciali sono soluzioni che accontentano in primis retailers e proprietari di immobili, ma vanno anche nella direzione dei consumatori apportando novità e flessibilità nell’offerta.
Il 2019, può essere definito l’anno “Pop-Up” per eccellenza: secondo l’indagine condotta dal Department of Retailing dell’Università del South Carolina, più dell’80% delle 600 organizzazioni di vendita al dettaglio che hanno aperto nel 2019 almeno un pop-up store, hanno registrato un successo dell’operazione, ed il 58% ha manifestato la volontà di aprirne un altro. A livello geografico, inoltre, l’analisi condotta nello stesso anno negli Stati Uniti da Cushman & Wakefield, azienda leader nell’industria retail a livello globale, evidenzia che le città in cui si sono intensificati i pop-up store sono New York, Los Angeles e San Francisco. Soltanto a Manhattan, nello specifico, il team di Cushman ha identificato almeno 300 negozi negli ultimi due anni che ben si sono prestati ad affitti temporanei.
I “Pop-Up Store” si presentano come una soluzione vantaggiosa, non solo per le aziende che decidono di investirvi per rafforzare il proprio brand o introdurre sul mercato nuovi prodotti, ma anche per gli agenti del settore immobiliare che possono ripopolare continuamente gli spazi fisici, altrimenti inutilizzati. Con il termine “pop-up”, infatti, si indica qualsiasi soluzione in cui un rivenditore (o anche un ristorante) utilizza temporaneamente un negozio fisico che altrimenti rimarrebbe vuoto.
Proprio la Cushman & Wakefield mette a confronto ben sei distinti modelli di pop-up che si stanno affermando nelle città e centri commerciali Statunitensi.
Pop-In Stores
Si tratta di negozi temporanei che vengono aperti nei grandi magazzini o in catene di negozi già esistenti.
Questo tipo di modello è particolarmente prediletto dalle aziende presenti sui canali digitali o indipendenti che vogliono accrescere la propria brand awareness e viene adottato generalmente per occasioni specifiche (ad esempio lancio di un nuovo prodotto, la pubblicazione di un’opera discografica, un evento sportivo o festivo).
Un esempio perfetto è offerto dal colosso dei social media a livello mondiale, Facebook, che nel 2018 ha aperto in ben nove punti vendita della catena di lusso Macy’s i cosiddetti Facebook Small Business Pop-Up, ossia negozi temporanei dedicati alla promozione di centinaia di brand che hanno avuto le migliori performance di vendita sulla stessa piattaforma Facebook e su Instagram.
Experiential Pop-Up
Questo è il modello che più di tutti viene realizzato al fine di offrire esperienze, molto più di una mera offerta di prodotti.
Il modello è stato sperimentato da Toys R Us (TRU), azienda leader nell’industria di giocattoli per bambini, che, per far rinascere il proprio brand, ha aperto lo scorso novembre a Chicago un nuovo experiential pop-up composto da installazioni e spazi di gioco interattivi.
Media/Entertainment Pop-Up
Il nome suggerisce la tipologia di format adottati da questi pop-up store, ideati e realizzati a partire da uno show televisivo. Questo modello, ritenuto il più forte tra le nuove categorie, offre un’esperienza continua dedicata non solo a quelle che sono le creazioni televisive attuali ma anche agli spettacoli più classici, quelli che hanno fatto la storia, per i quali è ancora possibile suscitare entusiasmo e, perché no, anche un sentimento di nostalgia.
In questa categoria, annoveriamo il caso di Baskin-Robbins: nell’estate del 2019 ha ricreato in uno dei suoi punti vendita in California lo stesso stile marinaro ed atmosfera della gelateria “Scoops Ahoy”, l’iconico set comparso nella terza stagione dello show televisivo Stranger Things.
Hospitality Pop-Up
In questa categoria, rientrano le alternative di pop-up store nate dalle collaborazioni temporanee tra brand e hotel, ristoranti o bar.
Un recente caso di successo è rappresentato da “Hotella Nutella”, innovativa struttura ricettiva tematica che la multinazionale italiana Ferrero ha messo a disposizione lo scorso Gennaio 2020 in California per pochi eletti, i vincitori di un contest ispirato alla deliziosa crema alla nocciola.
Event Pop-Up
Sebbene possano assumere forme molteplici, i cosiddetti “event pop-up” sono accomunati dall’essere dei negozi temporanei annessi ad un evento specifico (ad esempio, il lancio di un album o un’apparizione in concerto) e dallo scopo ultimo di garantire la presenza massima di partecipanti all’evento stesso.
Gli esempi sono offerti dal negozio Taylor Swift: The Lover Experience, negozio aperto a New York durante un weekend nella stagione estiva del 2019, per celebrare in anticipo l’uscita dell’album della giovane autrice e cantante americana e per promuovere la sua collaborazione con Stella McCartney nella realizzazione della nuova linea di abbigliamento.
Retail Marketplaces
Quest’ultimo modello rappresenta una soluzione intermedia tra il tradizionale punto vendita fisso ed il pop-up store temporaneo: si tratta di uno spazio in cui nuovi marchi si concentrano ed alternano continuamente in piccoli negozi temporanei. Questo modello viene definito Retail Marketplace. Sempre più proprietari dei centri commerciali stanno lanciando differenti versioni di Retail Market per conto proprio o in partnership con altri operatori del settore.
Senza dubbio il caso più noto di Retail marketplace è rappresentato da Showfields a Manhattan: all’interno di questo negozio fisico di quasi 1500 metri quadri un’accurata selezione di aziende nate nel mondo digitale e orientate al consumatore finale si succedono continuamente. I vantaggi che le aziende acquisiscono dall’applicazione di questo modello sono molteplici: prima di tutto, viene pagata una quota mensile fissa, che va a sostituire il contratto di affitto tradizionale; inoltre, c’è la possibilità di testare la propria offerta senza vincoli di lungo termine e di garantire al consumatore finale l’emozione di scoprire le novità del futuro.
Le motivazioni che spingono l’azienda verso l’adozione di un format di vendita temporaneo vanno al di là dei meri obiettivi di natura commerciale e promozionale: questi nuovi canali di vendita garantiscono maggiore visibilità e favoriscono ulteriore coinvolgimento nei confronti della clientela corrente e potenziale.
Come spiegato da Garrick Brown, Vice Presidente di Cushman & Wakefield:
“I pop up store non sono più focalizzati sulla promozione una tantum, sulla vendita dei campioni o sulla liquidazione di merce in eccesso; l’obiettivo finale è quello di creare una community di consumatori, entusiasmo istantaneo e misurabile, nonché esperienze personalizzate che richiedono una presenza fisica”.
Nel caso specifico di aziende e brand che sono nati e cresciuti a livello digitale, il rafforzamento della brand awareness, l’interazione diretta con i consumatori finali e la volontà di sperimentare e perfezionare il proprio concept sui consumatori, sono le ragioni più comuni e plausibili di apertura di un “flash store”.
Infine, i fattori critici di successo dei pop-up store si possono raggruppare nei seguenti aspetti:
1) Lo stile e l’aspetto complessivo del negozio e delle rispettive vetrine deve essere innovativo, accattivante e coinvolgente in modo da generare curiosità ed entusiasmo tali da attirare sempre più persone all’interno del punto vendita;
2) La posizione del pop-up store deve essere facilmente accessibile e garantire il giusto traffico di persone;
3) L’esperienza complessiva che si crea all’interno del punto vendita deve essere tale da far parlare di sé. Il miglior pop-up store cresce in misura esponenziale grazie al passaparola, fenomeno definito anche “worth of mouth”, dei clienti appassionati;
4) Infine, le persone devono sapere la natura temporanea del punto vendita e soprattutto le tempistiche di chiusura. La sensazione di “fugacità” che viene trasmessa assicura la presenza effettiva delle persone, non più tendenti a rinviare la visita.
In un’ottica di sviluppo internazionale, questa forma alternativa di presenza fisica ed operativa all’estero (che la letteratura anglosassone definisce Foreign Operation Mode o FOM) può rappresentare una base solida da cui partire per investire in un mercato fortemente ricettivo come quello statunitense. Questa strategia permette, non solo di adattare e modellare il proprio concept ai gusti del consumatore americano e di rafforzare il profilo internazionale del proprio brand, ma anche di avviare collaborazioni con nuovi stakeholders locali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Maria Chiara Migliaro, redazione@exportiamo.it
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