Secondo lo studio elaborato da Ismea in collaborazione con Cibus e Federalimentare, il settore agroalimentare del Sud Italia ha visto negli ultimi 3 anni una crescita del fatturato complessivo del +5,4%. Tuttavia l’export ha la possibilità di svilupparsi maggiormente e diventare il principale motore per il settore. Qualcosa è stato fatto ma il futuro è tutto da scrivere.
Il 30 ottobre è stato presentato presso l’Università degli Studi di Salerno il Rapporto sulla Competitività dell’Agroalimentare nel Mezzogiorno, realizzato da ISMEA, in collaborazione con Fiere di Parma e Federalimentare, nel quale è emerso l’ottimo stato di salute del settore del food nel Meridione, sempre più propenso a diventare la locomotiva economica per quest’area, puntando specialmente sui fattori che contraddistinguono le produzioni locali, ovvero l’elevata qualità dei prodotti e il forte legame con il territorio.
Tra le principali caratteristiche emerse, si evidenzia come il comparto abbia conosciuto negli ultimi anni un’importante ascesa delle esportazioni, in primo luogo grazie a un modello di specializzazione agroalimentare più coerente rispetto al passato, accompagnato dalla tendenza crescente della domanda internazionale per il food Made in Italy, che ha contribuito a portare l’export agroalimentare del Sud a raggiungere un valore complessivo di 7 miliardi di euro nel 2018.
Alcuni elementi in particolare hanno permesso al Mezzogiorno di vedere questa importante espansione del settore. Nello specifico, l’elevata presenza di aziende di piccole e medie dimensioni, maggiormente capaci di adattarsi ai repentini cambiamenti dei mercati, la recente costituzione di nuove realtà locali e il generale cambio generazionale che ha caratterizzato gli ultimi anni, hanno consentito all’intero settore di crescere negli ultimi tre anni a un tasso maggiore rispetto a quanto registrato nel Centro-Nord, con un +5,4% al Sud e un +4,4% nel resto del Paese. Nell’ultimo triennio, il valore aggiunto prodotto dal comparto ha superato i 19 miliardi di euro, le imprese del settore sono arrivate a contare 378 mila aziende, di cui 344 mila sono agricole e 34 mila fanno parte dell’industria agroalimentare. Gli occupati nel settore sono arrivati alla cifra di circa 668 mila persone, che corrisponde al 10% del totale della forza lavoro impiegata nel Meridione.
Tra i settori che hanno visto un maggiore sviluppo nelle performance sono da evidenziare la filiera dell’olio (+21%), i prodotti da forno (+18%) e caffè, cioccolato e confetteria (+14%). Tuttavia ci sono alcuni aspetti critici sui quali è necessario continuare a lavorare per non rimanere indietro in un contesto sempre più orientato verso l’innovazione e le nuove tecnologie. Basti pensare che le immobilizzazioni presenti nelle imprese del Mezzogiorno sono ancora a livelli molto bassi e riguardano specialmente quelle tecniche, mentre le immobilizzazioni immateriali ricoprono una percentuale ancora troppo bassa.
Elda Ghiretti, Cibus and Food Global Coordinator, Fiere di Parma, in occasione della presentazione dello studio ha affermato che “Lo studio di ISMEA descrive il sistema agroalimentare meridionale come una realtà in forte espansione. Un dato confermato anche dall’aumento della partecipazione delle aziende del Sud a Cibus, passata negli ultimi 5 anni dal 17% al 36%. Cibus è la fiera alimentare di riferimento all’estero e vede la partecipazione di migliaia di buyer internazionali. La cresciuta partecipazione delle imprese meridionali a Cibus ha contribuito – ha riferito Ghiretti – all’aumento dell’export dei prodotti agroalimentari del Meridione che nel 2018 aveva toccato la quota di 7 miliardi e 110 milioni di euro, con un aumento del 6,1% nel quadriennio 2015/2018. Un dinamismo sostenuto anche dalla creazione di nuove forme di aggregazione private, come consorzi e associazioni, che consentono anche ad imprese di medie dimensioni di interloquire con importatori e distributori esteri”.
Il direttore di Federalimentare, Nicola Calzolaro, ha poi aggiunto “Un trend positivo quello del nostro settore nel Mezzogiorno sia in termini occupazionali che in termini di fatturato con grandi margini di crescita su diversi fronti. Uno su tutti, l’export. L’agroalimentare del Sud, infatti, è ancora molto orientato al mercato italiano e poco alle esportazioni che rappresentano meno del 20% di quelle totali del Paese. Una porzione davvero troppo piccola se si pensa alla potenzialità del nostro Sud e all’importanza strategica dell’export per l’Italia. È necessario, dunque, l’impegno di tutti per farlo crescere e questo può avvenire attraverso l’innovazione, ma soprattutto attraverso un potenziamento della rete infrastrutturale senza la quale non si potranno mai sfruttare appieno le grandi possibilità dell’alimentare nel Mezzogiorno.“
In conclusione da questo rapporto scaturisce con evidenza come si possa fare ancora molto per potenziare l’intero settore agroalimentare del Sud, puntando in primis sull’export, partendo con il rafforzamento delle attività a monte della filiera, favorire gli investimenti con particolare riferimento per l’innovazione, oltre a promuovere forme di collaborazione locali e putando sempre più sulle produzioni tipiche locali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Federico Milone, redazione@exportiamo.it
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