Meno Germania e più Asia nel futuro del vino italiano?

Meno Germania e più Asia nel futuro del vino italiano?

11 Aprile 2019 Categoria: Food & Beverage

Dal 7 al 10 aprile a Verona, si è svolta la 53°edizione di Vinitaly, il celebre salone internazionale dei vini e dei distillati, consolidato strumento di divulgazione e promozione del vino italiano. Come nelle edizioni passate, sono stati presentati diversi studi di settore, tutti concordi nel constatare l’ottimo stato di salute del vino Made in Italy.

Quest’anno la fiera che celebra la qualità e biodiversità del patrimonio vitivinicolo italiano ha raggiunto un traguardo storico per numero di espositori e superficie: oltre 100mila metri quadrati netti, 4.600 espositori provenienti da oltre 30 Paesi, buyer esteri da 143 diversi Paesi ed oltre 130 nuovi espositori diretti.

Oltre a costituire un immancabile appuntamento per gli operatori del settore, ogni anno, Vinitaly si presta ad essere la sede ideale per presentare le indagini effettuate da diversi istituti di ricerca sull’andamento del mercato vinicolo e dei trend che lo caratterizzano. Molto esaustiva in tal senso è stata l’indagine sul settore vitivinicolo 2019 condotta dall’Area Studi di Mediobanca, la quale ha analizzato le performance delle 168 principali società italiane del settore. Nonostante qualche segnale di difficoltà, il 2018 ha visto una crescita dei fatturati del 7,5% rispetto al 2017.

Parlando invece in termini di produzione di vino nel 2018, l’Italia si pone in vetta al classifica di ettolitri prodotti con ben 55 milioni, in crescita dei 29% rispetto al 2017, seguita da Francia (46,4 milioni di ettolitri) e Spagna (40,9 milioni di ettolitri).

Ciò che più ha sorpreso è stato che tale crescita è stata realizzata più grazie al mercato interno (+9,9%) che all’export (3,3%): nel complesso infatti si è trattato di un anno molto positivo, il migliore dal 2013.

Un andamento divergente si è registrato nelle due macrotipologie di vino: gli spumanti crescono del 7,1% grazie alla crescita registrata sul fronte esportazioni (+7,2%), mentre la crescita dei vini fermi (+7,6%) è da attribuirsi principalmente alle vendite domestiche.

Per quanto riguarda i principali mercati di destinazione dei vini Made in Italy, al primo posto si trovano gli Stati Uniti, in crescita del 2,2% nel 2018 (valore complessivo 1,6 miliardi di euro), seguiti da Regno Unito (+3,7%) e Germania. Nella più grande economia europea si è però registrato un calo delle vendite rispetto al 2017 sia nella Grande distribuzione (-2,8%) sia nei discount (-40%). Davide Mazzola, Responsabile Vini e Bevande di Metro Italia, nota azienda distributiva che ha sede in Germania, ha così spiegato le ragioni di questo andamento negativo: “Si tratta di un calo generalizzato del mercato del vino in Germania considerato che il 70% del vino viene venduto tra discount e supermercati. Ormai in Germania si tende a bere solo vino di qualità, e sempre meno durante i pasti. Dunque bisognerà spingere sui vini premium e sul mercato degli spumanti, molto apprezzati in Germania. E sui vini bio italiani, molto considerati dai tedeschi, che infatti importano il 35% del vino bio prodotto in Italia”.

Un altro importante elemento emerso dallo studio “Asia: la lunga marcia del vino italiano”, a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, è che il vino parla sempre più asiatico. Negli ultimi 10 anni le importazioni di vino in Asia Orientale sono aumentate del 227%, undici volte in più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area geoeconomica Nordamericana che, ad oggi, vale 6,45 miliardi di euro ed è prossima ad agganciare il Nord America (Canada e Usa), a 6,95 miliardi di euro.

Dunque considerate le impressionanti percentuali di crescita della domanda di vino, quella asiatica è un’area su cui bisogna puntare, come fanno già da tempo con successo i francesi. L’Italia, dal canto suo, nonostante abbia aumentato il volume delle vendite in Asia, è cresciuta meno dei suoi concorrenti: in Cina, in 5 anni, l’incremento italiano ha sfiorato l’80% mentre le importazioni cinesi dal resto del mondo hanno segnato un +106%. Così a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del Sud (+36% vs +60%) e soprattutto in Giappone – il mercato più tricolore in Asia – dove il Belpaese non ha fatto meglio di un +3,4%, contro una domanda del Sol Levante cresciuta di quasi il 30%. Per dirla in bottiglie, nel 2018 l’Asia Orientale ha importato quasi 93 milioni di bottiglie di Bordeaux (e 6 milioni di Borgogna), mentre il complessivo dei rossi Dop provenienti da Toscana, Piemonte e Veneto supera di poco i 13 milioni di bottiglie.

Questi dati confermano il sussistere di difficoltà in termini di accesso al mercato asiatico da parte degli imprenditori italiani dovute principalmente ai seguenti fattori: concorrenza sul prezzo, dipendenza da intermediari stranieri, ostacoli normativi e linguistici, e concorrenza sulla qualità.

Infine, si è parlato anche dei trend futuri che caratterizzeranno sempre di più il mercato vitivinicolo. Secondo la filiera che si è riunita nel “Tavolo di lavoro” alla presenza del Ministro delle Politiche Agricole e del Turismo, Gian Marco Centinaio, innovazione tecnologica, sostenibilità ed enoturismo saranno i pilastri del domani.

Un particolare legame di interdipendenza unisce infatti l’innovazione tecnologica alla sostenibilità dei processi produttivi, poiché la tecnologia diventa in questo contesto lo strumento strategico in grado di facilitare il passaggio verso procedure ecosostenibili rilanciando la competitività di tutto il comparto.

La strada da intraprendere è quindi chiara e definita ma come ha sostenuto Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “occorre ancora lavorare per superare molte criticità, sia strutturali sia politiche e culturali”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesca Simonelli, redazione@exportiamo.it

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