Dopo il Food e il Fashion, anche l’ultima delle famose tre F del Made in Italy, il Furniture, entra nell’era dell’innovazione disruptive ovvero della trasformazione profonda dei prodotti e delle esperienze e della nascita di nuovi modelli di business ad alto potenziale.
Forte dell’eccellente competenza tutta italiana, il settore dell’arredamento e del design, fiore all’occhiello del Made in Italy, negli ultimi anni ha registrato costanti trend di crescita. Considerando, infatti, la finestra temporale 2015-2018, il fatturato è passato da 13,5 miliardi di euro a circa 15 miliardi. Una crescita da attribuire in gran parte alle vendite estere che, raggiungendo i 9,6 miliardi di euro nel 2018, hanno determinato il 60% del fatturato totale del comparto.
Analizzando i principali mercati di sbocco, Usa e Cina risultano essere i più promettenti per potenziale di crescita e dimensione. Nonostante si tratti di due mercati molto diversi, entrambi sono caratterizzati da una spiccata attenzione per la qualità piuttosto che per il prezzo, fatto che valorizza i prodotti di design Made in Italy, universalmente apprezzati per gli alti standard qualitativi. Non a caso, in Cina, l’Italia è il Paese esportatore leader nel settore arredamento e design, registrando, nel 2018, incassi pari a 481 milioni di euro.
Secondo un’analisi condotta da Confindustria, questa serie di successi è destinata a continuare anche nel prossimo futuro: nel 2022 i 31 mercati mondiali più economicamente sviluppati acquisteranno 70 miliardi di manufatti di produzione Made in Italy, di cui il 73% sarà generato dagli introiti del settore tessile e degli arredi di design.
Ma cosa rende l’arredamento italiano così appetibile?
La risposta va ricercata nell’originalità, nell’innovazione di prodotto e nella tradizione che vede come protagonista il vecchio artigiano che si rinnova e si evolve aprendosi all’utilizzo di tecnologie industriali sempre più moderne e all’avanguardia. In effetti il comparto crede fermamente nella necessità di innovare, come dimostrato dai 40 milioni di euro di investimenti annui in R&S effettuati dal 37% delle imprese italiane operanti nel settore.
Ecco dunque che la digital trasformation sta coinvolgendo e contaminando anche il settore dell’arredamento, dando vita ad un nuovo concept: dall’Internet of Things si passa all’Internet of Furniture, dove le tecnologie all’avanguardia come IoT, AI, AR/VR, Blockchain, Biotech e 3D Printing, si integrano con i complementi di arredo che popolano gli spazi in cui viviamo.
L’obiettivo è quello di proiettarsi verso una progettazione degli spazi che sia in grado di definire la relazione profonda che intercorre tra questi ed il benessere interiore delle persone che li vivono. In questa direzione vanno interpretati i concetti di smart working e smart living che racchiudono proprio questa filosofia di connessione dell’uomo con lo “spazio della sua vita”, riferendosi rispettivamente allo spazio lavorativo e a quello domestico.
In ambito lavorativo le aziende stanno già investendo nella misurazione e mantenimento della salute dei propri dipendenti grazie all’ausilio di tecnologie, sensori e analisi dei dati. In ambito domestico, invece, si assisterà sempre più all’introduzione di mobili intelligenti, dalle cucine in grado di proporre ricette ai lettini capaci di raccontare fiabe, che consentiranno allo spazio di prendersi cura del nostro benessere e della nostra salute, diventando un’interfaccia per servire e anticipare le nostre esigenze senza sforzo e/o necessità di contatto con un device. Queste applicazioni permetterebbero anche di migliorare la mobilità delle persone anziane nel proprio ambiente domestico (Active Ageing), grazie all’impiego di tecnologie che fanno uso di sensori e soluzioni domotiche installate nelle abitazioni e integrati in una piattaforma connessa con diversi interlocutori, come familiari e fornitori di servizi.
Naturalmente, attivare processi di innovazione significa effettuare ingenti investimenti in R&S ed avere nel proprio organico personale specializzato. Ecco quindi che molte aziende decidono di intraprendere la strada dell’open innovation, ovvero aprirsi alla collaborazione con realtà esterne, soprattutto startup, per soddisfare i propri bisogni di innovazione.
Le modalità concrete con cui si fa open innovation sono: gli accordi inter-aziendali; il sostegno economico a competizioni per startup; gli hackathon (una specie di grande convention di programmatori, sviluppatori, esperti e operatori della programmazione e del web che si riuniscono per trovare la soluzione a un problema informatico relativo al software o all’hardware); l’acquisizione, da parte di grandi corporation, di startup innovative; la creazione di corporate accelerator per startup; le partnership con università, centri di ricerca e incubatori per innovare su specifici settori.
Inoltre, dall’analisi del report “The status of Open Innovation in Europe: corporate-startups collaboration” di Mind theBridge e Nesta, emerge chiaramente che le aziende che investono in open innovation crescono due volte più velocemente, sia in termini di occupazione che di vendite, riportando performance nettamente migliori rispetto alle medie di settore.
Volgendo lo sguardo ad un futuro prossimo, quando l’offerta di componenti da integrare negli oggetti sarà enorme, il settore elettronico e quello dell’arredo potrebbero quindi trovarsi a competere per la stessa fetta di mercato. Essere presenti già da adesso, e in modo convinto, rappresenta un’opportunità enorme per le aziende del design.
Qualora foste interessati a far par parte di questo nuovo ecosistema per il DesignTech, vi segnaliamo la possibilità di iscrivervi fino al 31 marzo all’evento Hi-Hack, che si terrà a Milano il 13 aprile. L’evento, di cui Exportiamo.it è media partner, è promosso e organizzato da Hi-Interiors. L’obiettivo è quello di costruire un ecosistema di innovazione per il DesignTech nella città di Milano, portando sotto lo stesso tetto startup, designer, maker e hacker con l’intento di sviluppare soluzioni innovative per trasformare i nostri spazi di vita, rendendoli intelligenti e capaci di prendersi cura del nostro benessere.
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Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesca Simonelli, redazione@exportiamo.it
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