Gli Emirati rappresentano da sempre una meta privilegiata per il Made in Italy, da quello più tradizionale a quello ad alto contenuto tecnologico. Oggi, grazie alla riforma sugli IDE da un lato, e dalla spinta offerta da Expo Dubai dall’altro, le opportunità per le PMI italiane non possono che moltiplicarsi.

Gli Emirati Arabi Uniti sono un mercato in continua crescita non solo per la produzione e il commercio del petrolio, che rimane il core business, ma anche per le innovazioni tecnologiche e l’eco-sostenibilità.

Il business climate nel Paese è assolutamente positivo e di gran lunga migliore rispetto altri Paesi Medio Orientali. Rappresenta un mercato cruciale per le imprese italiane, prima di tutto per i beni tradizionali, quali alimentari e lusso, ma ultimamente si sta facendo sempre più forte anche la richiesta di collaborazione per la ricerca e sviluppo in campo tecnologico.

Durante il periodo di lockdown mondiale dovuto al Covid-19, gli Emirati hanno sperimentato una grave mancanza di prodotti alimentari, in quanto dipendono quasi totalmente per questi beni dalle importazioni, le quali ammontano al 90% dei consumi alimentari. Questo è uno degli svariati motivi che sta muovendo il Paese a cercare delle soluzioni all’avanguardia per sopperire a tali mancanze, che si rivelano non solo nel settore alimentare ma anche delle energie rinnovabili. Stanno cercando infatti di instaurare nuove partnership straniere in progetti all’avanguardia, come in mobilità sostenibile, aerospazio, settore medicale e farmaceutico. Proprio in quest’ultimo settore hanno avviato la produzione in loco del vaccino Sinovac, prima ancora che arrivassero gli altri vaccini occidentali.

La riforma sugli Investimenti Diretti Esteri

Gli EAU mirano ad attrarre aziende che producono innovazioni ad alto contenuto tecnologico anche grazie alla nuova riforma sugli Investimenti Diretti Esteri. Il programma del governo emiratino, approvato da poco, prevede che nei prossimi 50 gli EAU diventeranno centro di investimenti globale e laboratorio per le nuove attività tecnologiche, digitalizzazione dei servizi (per es. medico sanitari), gestione di big data con un’attenzione particolare alla cyber security. Al fine di incoraggiare gli investimenti esteri e le PMI negli EAU ad aumentare la loro produttività in energie rinnovabili e intelligenza artificiale soprattutto, è stata varata una riforma sul nuovo assetto societario.

La riforma abolisce l’obbligo previgente di una partecipazione emiratina che costituisse almeno il 51% dell’assetto societario, lasciando solo un massimo del 49% alla società straniera. Questo permette, prima di tutto, un iter burocratico molto più breve per la costituzione della società straniera negli Emirati Arabi. Viene anche eliminato il vincolo per le SpA di avere un presidente e la maggioranza del Consiglio di Amministrazione di nazionalità emiratina. Da questa riforma rimangono comunque escluse le società ad impatto strategico sull’economia degli Emirati, come ad esempio quelle che operano nel settore dell’Oil & Gas.

Tassazione negli Emirati Arabi

Non da ultimo, gli Emirati Arabi presentano un sistema di tassazione estremamente attrattivo per le imprese straniere, oltre ad avere delle Free Trade Zone, ancora a minor tassazione.

Per iniziare, non esiste una corporate income tax, ovvero l’IRES italiana (che è pari al 24%). L’IVA, invece è stata introdotta a partire dal 2018 insieme all’Arabia Saudita. La percentuale ad oggi è ancora molto bassa:

- 5% per i beni standard;
- 0% per le forniture principali, come per il settore dell’assistenza sanitaria o per i trasporti pubblici.

Per la dichiarazione IVA è necessario registrarsi presso l’autorità fiscale IVA. Tuttavia, la registrazione può essere obbligatoria o volontaria. Il requisito minimo per richiedere la registrazione IVA volontaria sono un minimo di fatturato annuo di almeno 187.500 dirham (€43.600 circa); la registrazione IVA obbligatoria invece scatta al raggiungimento di un fatturato annuo di 375.000 dirham (poco più di €87.000).

Rapporti con l’Italia

Nonostante la crisi pandemica l’Italia è riuscita a mantenere la sua quota di mercato negli UAE, registrando un interscambio complessivo di oltre €3,44 miliardi, rimanendo di poco alle spalle della Germania, ma superando quest’anno Francia e Spagna. In termini percentuali, l’Italia ha registrato addirittura un incremento delle esportazioni rispetto al 2019 del +37%. I settori più apprezzati del Made in Italy rimangono il fashion, in particolare quello di lusso, ed il food & beverage. I settori ad alto contenuto tecnologico e di innovazione affiancheranno quelli tradizionali, non li sostituiranno.

L’Expo di Dubai 2021, iniziato il 1° ottobre, sarà un ottimo trampolino di ulteriore slancio per svariati settori del Made in Italy, dai più tradizionali a quelli più innovativi, i quali presentano un elevato potenziale nel mercato emiratino e non solo. Nel Padiglione Italia trovano spazio le migliori e più rappresentative eccellenze italiane. Si prevede che anche il pubblico presente sarà una novità, infatti l’età media sarà di molto inferiore al solito. La generazione Z, essendo molto più connessa ad internet, più attenta all’ambiente ed alla sostenibilità delle altre generazioni, rappresenta al momento il più alto potenziale per il Made In Italy.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Ambra Quadri, redazione@exportiamo.it

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