In Bulgaria si Torna alle Urne: l’Era di Borissov è davvero al Tramonto?

In Bulgaria si Torna alle Urne: l’Era di Borissov è davvero al Tramonto?

05 Luglio 2021 Categoria: Focus Paese Paese:  Bulgaria

Tre mesi dopo le elezioni del 4 aprile e tre mandati esplorativi non andati a buon fine, in Bulgaria si torna a votare l’11 luglio, ma l’esito è più incerto che mai.

Il 45esimo parlamento bulgaro, formalmente costituito il 15 aprile scorso in seguito all’ultima tornata elettorale del 4 aprile, è durato meno di un mese.

Le votazioni di aprile, infatti, non hanno consegnato lo scettro della vittoria a nessuno dei partiti in lizza, che privi della maggioranza ed incapaci di coalizzarsi, non sono riusciti a formare un governo lasciando il Paese in una situazione politica estremamente ambigua.

Il movimento GERB dell’ex premier Boyko Borissov, dominatore della scena politica da oltre un decennio, con il 26% delle preferenze ha mantenuto la maggioranza relativa riconfermandosi il primo partito, ma si è trovato del tutto isolato nel nuovo parlamento. A causa delle proteste che già dall’estate scorsa hanno visto scendere in piazza migliaia di bulgari per via della corruzione nella pubblica amministrazione, di una magistratura debole, della bassa produttività, della mancanza di trasparenza negli appalti pubblici, della presenza della criminalità organizzata e dei servizi segreti corrotti, il GERB ha perso 7 punti percentuali rispetto al 33% dell’ultimo voto.

Anche le forze di opposizione, però, uscite collettivamente vincitrici dalle urne, non hanno trovato una piattaforma comune su cui lanciare un nuovo progetto di governo. Né il nuovo movimento populista “C’è un popolo così”, guidato dall’anchorman Slavi Trifonov e arrivato inaspettatamente secondo (18%), né gli storici rivali del GERB, i socialisti arrivati terzi (15%), sono riusciti a raccogliere numeri e idee per creare una maggioranza.

Preso atto dello stallo, e secondo quanto stabilito dalla Costituzione bulgara, lo scorso 11 maggio il presidente Rumen Radev si è dunque trovato costretto a sciogliere ufficialmente l’assemblea appena formata e ad indire nuove elezioni per il prossimo 11 luglio, dopo aver creato un esecutivo tecnico guidato dal generale Stefan Yanev.

Prima di essere deposto, però, il parlamento ha varato alcune modifiche alla legge elettorale, incluso l’aumento dei seggi all’estero di 500 unità e il potenziamento dell’apparato di voto elettronico, in modo da ridurre al minimo le frodi: si voterà esclusivamente con le macchine di voto, le elezioni ed il conteggio dei voti saranno videosorvegliate e non esisterà più limite per l’apertura di sezioni elettorali in paesi terzi.

Il governo ad interim di Yanev, inoltre, non si è limitato alla gestione dell’ordinario e all’organizzazione delle nuove elezioni. Di fatto, l’esecutivo ha iniziato a smantellare buona parte del sistema di potere radicatosi all’ombra di Borissov. Sostituzioni e avvicendamenti di funzionari hanno interessato quasi tutte le sfere dell’amministrazione, dai governatori regionali alle agenzie governative passando per i ministeri.

Oltre alla rottamazione di parte importante dell’“amministrazione Borisov”, l’azione del nuovo governo tecnico si è concentrata anche sull’istituzione di una commissione parlamentare a cui è stato affidato il compito di revisionare l’attività governativa degli ultimi dieci anni, facendo emergere una lunga serie di irregolarità legate all’esecutivo a guida GERB.

I controlli e le accuse interessano buona parte dell’apparato amministrativo: secondo il nuovo ministro, negli ultimi tre anni, il 90% delle commesse nel ministero della Difesa sarebbero state assegnate senza concorso. Secondo la procura di Sofia – che ha dato il via ad un’indagine - l’agenzia per le autostrade avrebbe distribuito 4,5 miliardi di leva (2,3 miliardi di euro) a compagnie “amiche”. La direzione dell’ex ospedale governativo “Lozenets” è stata collettivamente licenziata dopo la scoperta di attività di trapianto illegali e malversazione.

Sotto accusa sono finite le politiche di gestione della crisi COVID-19, che secondo l’Istituto bulgaro per le Iniziative legali (BIPI) sono state segnate da caos, poca trasparenza nelle commesse pubbliche, lievitazione sospetta dei costi nella risposta sanitaria alla pandemia.

Il più grave degli scandali però ha un carattere spiccatamente politico: nei mesi scorsi, segnati da forti e prolungate proteste antigovernative, la procura anti-mafia avrebbe ordinato intercettazioni a danno di decine di attivisti e politici dell’opposizione.

La lista potrebbe continuare ancora a lungo, rendendo più che evidenti le condizioni critiche in cui verte la democrazia bulgara, profondamente deteriorata da una forte limitazione delle libertà personali e flagellata da un sistema corruttivo che sembra ormai endemico. La corruzione diffusa, in effetti, si configura come una vera e propria piaga in Bulgaria che frena anche – insieme a eccesso di burocrazia e sistema giudiziario inefficiente – l’afflusso di investimenti dall’estero. Secondo il report di Transparency International il Paese ha il tasso di corruzione percepita più alto d’Europa e si calcola che quasi la metà dei lavori e degli incarici pubblici passi per processi di corruzione. Non solo: il 12% dei cittadini ha riportato di aver subito episodi di corruzione o di aver dovuto corrompere uno o più funzionari per avere un servizio dovuto. Infine, si calcola che, a causa della corruzione pubblica, il Paese perda 11 miliardi di euro all’anno.

La Bulgaria inoltre rimane il Paese con il più basso reddito pro capite fra i 27 stati europei con un potere d’acquisto di circa il 50% più basso rispetto alla media del Vecchio Continente. La prolungata incertezza politica, inoltre, potrebbe ostacolare ulteriormente la capacità dello Stato membro più povero dell’Unione Europea di riavviare la sua economia colpita dalla pandemia e attingere efficacemente al Recovery Fund da 750 miliardi di euro dell’UE.

Nonostante tutto, i cittadini bulgari sembrano però incapaci di svincolarsi dal vecchio sistema: secondo gli ultimi sondaggi, infatti, pur avendo perso consenso rispetto ai risultati di aprile, il GERB tiene ancora testa con il 22,8%, seguito dal crescente movimento di Trifonov al 20,1%, fotografando una situazione poco diversa da quella emersa dalle ultime consultazioni. Borissov ha dichiarato che non si proporrà come guida del nuovo governo, per non “dividere” la nazione, ma pare intenzionato a candidarsi alle elezioni presidenziali che si dovrebbero tenere a fine 2021.

Sebbene l’opinione pubblica sembra esprimersi in larga maggioranza per il cambiamento (a parole), di fatto la transizione ad un possibile “dopo-Borissov” resta per il momento fortemente in forse.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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