Singapore: il Green Plan 2030 e le Opportunità per il Made in Italy

Singapore: il Green Plan 2030 e le Opportunità per il Made in Italy

25 Febbraio 2021 Categoria: Focus Paese Paese:  Singapore

Con il nuovo Green Plan 2030 Singapore mira a diventare un hub per gli investimenti sostenibili, aprendo opportunità interessanti per le imprese italiane, dalla filiera alimentare fino all’agritech e all’automotive. 

Non solo hub finanziario internazionale e calamita per l’innovazione. Lo scorso 10 febbraio Singapore ha presentato il Green Plan 2030, un’iniziativa nazionale che punta a fare avanzare l’agenda della città-stato anche in materia di sviluppo sostenibile. Il Piano Verde delinea infatti obiettivi ambiziosi e concreti per i prossimi 10 anni, rafforzando gli impegni di Singapore nell’ambito dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile e dell’Accordo di Parigi.

Green Plan 2030: cos’è e cosa prevede

Il Piano Verde si basa su cinque pilastri fondamentali:

  • City in Nature: costruire case ecologiche, vivibili e sostenibili;
  • Sustainable Living: far diventare uno stile di vita la riduzione delle emissioni di carbonio, la cura per l’ambiente ed il risparmio di risorse ed energia;
  • Energy Reset: utilizzare energia più pulita e aumentare l’ efficienza energetica per ridurre l’impronta ecologica;
  • Green Economy: generare opportunità di crescita green per creare nuovi posti di lavoro, trasformare l’industria e sfruttare la sostenibilità come vantaggio competitivo;
  • Resilient Future: rafforzare la resilienza climatica di Singapore e migliorare la sicurezza alimentare.

Ecco quali sono invece gli obiettivi concreti che la città-stato si è proposta di raggiungere nei prossimi 10 anni:

  • piantare un milione di alberi;
  • aumentare la produzione di energia solare a 1,5 gigawatt di picco (Gwp) entro il 2025, e almeno 2 Gwp entro il 2030;
  • espandere le piste ciclabili a 320km entro il 2030;
  • aumentare la rete ferroviaria a 360km entro l’inizio del 2030;
  • immettere sul mercato automobilistico modelli green (tutte le auto di nuova immatricolazione saranno modelli a energia pulita dal 2030);
  • ridurre la quantità di rifiuti pro-capite inviati al giorno nelle discariche del 20% entro il 2026, con l’obiettivo di raggiungere il 30% entro il 2030;
  • aumentare la percentuale di viaggi effettuati con i mezzi pubblici al 75% entro il 2030;
  • rendere almeno il 20% delle scuole a zero emissioni di carbonio entro il 2030;
  • promuovere l’utilizzo di carburanti sostenibili per il commercio internazionale e i viaggi;
  • eliminare gradualmente l’impiego di apparecchiature di refrigerazione e condizionamento dell’aria che utilizzano refrigeranti ad alto potenziale di riscaldamento globale a partire dal quarto trimestre 2022;
  • usare il 15% in meno di energia nei quartieri popolari entro il 2030;
  • rendere “green” l’ 80% di tutti gli edifici nel prossimo decennio;
  • produrre localmente il 30% del fabbisogno nutrizionale entro il 2030 (obiettivo 30 per 30);
  • introdurre un programma per la sostenibilità delle imprese, per aiutare soprattutto le PMI ad abbracciare la sostenibilità e sviluppare le proprie capacità in questo settore;
  • creare nuove e diversificate opportunità di lavoro in settori quali green finance, consulenza per la sostenibilità, verifica e trading di crediti e gestione dei rischi;
  • diventare un hub per la finanza green in Asia e nel mondo, potenziando la resilienza del settore finanziario ai rischi ambientali, sviluppando soluzioni finanziarie verdi, costruendo conoscenze e capacità e sfruttando l’innovazione e la tecnologia;
  • promuovere l’innovazione locale nell’ambito del Research and Innovation & Enterprise Plan 2025 e spingere le aziende ad ancorare le loro attività di ricerca e sviluppo a Singapore per sviluppare nuove soluzioni sostenibili.

Rapporti con l’Italia

Questo imponente ed ambizioso piano costituisce “una grande opportunità anche per le imprese del Made in Italy. A partire da tutta la filiera del settore alimentare, dall’agritech e dall’automotive”, sostiene Alberto Maria Martinelli, presidente della Camera di Commercio italiana a Singapore (Iccs).

Singapore, d’altronde non è una meta sconosciuta alle imprese italiane che rappresentano il ventesimo posto tra i suoi fornitori con una quota di mercato dell’1,2% rimasta stabile nel corso degli anni.

Sul piano delle relazioni commerciali, la città-stato è il maggiore partner commerciale dell’UE nel Sud-Est Asiatico e la prima destinazione per le esportazioni italiane nella regione. Relativamente al settore dei servizi l’Italia è al settimo posto in Europa come partner commerciale di Singapore, mentre si colloca al 14° posto tra gli investitori europei. Secondo gli ultimi dati ISTAT, nel 2019 l’interscambio commerciale tra Italia e Singapore è stato di 2,375 miliardi di euro (2,533 nel 2018). Le esportazioni italiane sono state pari a 1,962 miliardi (-7,4% circa rispetto al 2018), le importazioni 413 milioni (come nel 2018): il saldo è quindi ampiamente positivo per l’Italia, anche se leggermente in diminuzione rispetto all’anno precedente. Nel bimestre gennaio-febbraio 2020 l’interscambio è ammontato a 404 mln di euro, di cui 313 mln di export, ma gli effetti della pandemia si sono fatti sentire anche qui: nei primi sei mesi del 2020 l’export italiano ha registrato una battuta d’arresto del 13%.

Tuttavia, per fronteggiare l’impatto economico il Governo di Singapore ha stanziato un pacchetto di stimoli di oltre 92 mld di dollari singaporiani (circa 60 mld di euro). La gestione del Covid e le misure messe in campo rendono dunque quest’area una delle più promettenti nei prossimi mesi, tanto che Prometeia l’ha annoverata tra le cinque rotte per l’export quest’anno.

Perciò, l’interscambio e la presenza italiana nella Città-Stato hanno certamente margini di incremento. Singapore continua infatti a costituire tutt’oggi un ‘hub’ strategico, commerciale, finanziario e logistico di assoluta rilevanza, punto di riferimento dell’alta tecnologia quali elettronica, informatica, telecomunicazioni e biotecnologie, tutti settori in cui il governo di Singapore ha effettuato ingenti investimenti negli ultimi vent’anni.

Opportunità per il Made in Italy

Le imprese italiane, in particolare quelle ad alto contenuto tecnologico, possono trovarvi partner di alto profilo per sviluppare il prodotto oppure per ri-esportarlo nel resto della regione, nonché un supporto concreto da parte delle agenzie governative dedite al sostegno degli investimenti ad alto valore aggiunto. Sfruttando la piattaforma logistica ed infrastrutturale offerta dalla Città-Stato, esse possono proiettare le proprie operazioni all’insieme dell’ASEAN, il mercato regionale ormai da qualche anno unificato.

“Si tratta di un mercato – spiega Martinelli – di 5,7 milioni di persone con un reddito pro capite che è il doppio rispetto a quello italiano. Meta di destinazione, ma anche snodo verso il Sudest asiatico e l’asia-Pacifico in termini di export o per investimenti più duraturi. La città-Stato è infatti la porta di accesso a un mercato potenziale di oltre 600 milioni di abitanti con un’età media sotto i 30 anni”.

Qual è dunque l’identikit delle imprese che già scommettono su questa area e che potenzialmente potrebbero trovare qui terreno fertile? Martinelli non ha dubbi: “Oltre ai settori già citati, Singapore è una destinazione interessante per le imprese della farmaceutica su cui si concentrano i recenti sforzi della politica di attrazione degli investimenti da parte del Governo locale, ma anche il design e l’arredamento, la cosmetica, i macchinari, l’edilizia”. Le opportunità comprendono anche la possibilità di partnership con omologhi locali interessati al know how italiano.

A facilitare i contatti è anche l’accordo commerciale di libero scambio tra la Ue e la città Stato asiatica. Entrato in vigore a fine novembre 2019, ha eliminato i dazi doganali migliorando gli scambi dei beni di elettronica e dei prodotti alimentari e farmaceutici.

“Essere presenti qui – prosegue Martinelli - è un po’ come giocare al trofeo Sei nazioni di rugby. Attenzione però, perché non si improvvisa e occorre avere le idee chiare. Si tratta di un mercato molto competitivo e costoso, con consumatori esperti che richiedono l’eccellenza ma sono disposti a pagare il giusto. Proprio per questi aspetti è un mercato che va seguito e richiede una presenza sul posto anche per comprenderne le sfaccettature culturali”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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