Con Federico Cremasco, founder di Fred Jerbis, abbiamo parlato della startup friulana che produce distillati artigianali a km zero per tutti i gusti e tutte le età. Dopo aver già conquistato migliaia di consumatori in Italia, il prossimo obiettivo è quello di raggiungere i “drink lovers” di tutto il mondo.
Benvenuto Federico! Per chi non ti conoscesse, raccontaci un po’ chi sei e cosa fa Fred Jerbis.
Mi chiamo Federico Cremasco e sono nato a Travesio, in provincia di Pordenone. La mia esperienza nel mondo dei cocktail inizia nel 2000; dopo diverse esperienze formative e lavorative tra l’Italia e l’estero ho deciso di rientrare in Friuli nel 2008 per aprire una scuola di formazione per barman e un cocktail bar a Polcenigo. Nel frattempo ho iniziato ad interessarmi al mondo della botanica, partecipando a diversi corsi per imparare a coltivare le erbe ed estrarne gli oli essenziali. Il progetto Fred Jerbis nasce nel 2014 con l’obiettivo di creare una linea di spirits completamente naturali ed artigianali, a filiera corta, tutti contraddistinti da un forte legame con il territorio. Fred Jerbis, infatti, sta per “le erbe di Federico” in dialetto friulano, ed abbiamo scelto questo nome proprio per dare risalto ed importanza alla nostra terra, fondamentale per la creazione dei nostri prodotti.
Com’è nata l’idea di Fred Jerbis?
Tutto nasce dalla mia passione per le piante, e per quei prodotti che hanno come base principale le botaniche; da lì, la mia attenzione si è incentrata prima sul gin, e successivamente sui principali liquori della tradizione italiana. Mi sono così convinto che era possibile pensare ad una linea di spirits, capace di raccontare il Friuli e l’Italia, in modo autentico e artigianale.
Da quali profili è composto il vostro team?
Questo progetto è stato creato da me e da Massimo Pignat che ha sviluppato il marchio e l’immagine aziendale. Ci sono poi altre figure che hanno dato un contributo fondamentale, a partire da Maurizio, il nostro fotografo e responsabile media che ci accompagna da sempre; Carlo che mi ha aiutato a coltivare le botaniche ed estrarne gli oli essenziali; Stefano con il quale abbiamo trovato il giusto equilibrio per la ricetta; e il Liquorificio Italia che si occupa dell’imbottigliamento e della logistica.
Qual è il vostro business model? Avete competitor in Italia? E all’estero? In cosa vi differenziate?
FJ è un progetto di ricerca e sperimentazione nel mondo dei distillati e dei liquori. Crediamo che per creare prodotti originali, serva innanzitutto un punto di vista diverso ed in divenire, senza mai dare nulla per scontato, ma cercando sempre di guardare da una nuova prospettiva.
Il progetto FJ ha due obiettivi distinti: il primo è di creare spiriti artigianali, in quantità limitate, utilizzando solo ingredienti di prima qualità; il secondo obiettivo che mi sono prefissato è quello di realizzare il miglior Negroni cocktail al mondo, così ho cercato di pensare oltre il singolo prodotto, ragionando su come potessero essere miscelati. La caratteristica comune di tutti i nostri prodotti, infatti, è che sono equilibrati e facili da bere ma, allo stesso tempo, ricchi di profumi e sfumature. Questo perché utilizziamo diversi ingredienti e vari processi per ciascun prodotto, il che implica un certo grado di complessità nella loro produzione; tuttavia, allo stesso tempo, le nostre bevande risultano estremamente semplici, anche se bevute lisce.
Solamente in Italia negli ultimi anni sono nate oltre 100 nuove etichette di gin, quindi i competitor non mancano assolutamente, quello che cerchiamo noi è di differenziarci grazie alla nostra filosofia e al nostro approccio in primis, e poi cercando di realizzare dei prodotti capaci di raccontare tutta la passione che ci dedichiamo.
Chi è il vostro cliente tipo? Come lo intercettate?
La nostra fortuna e sfortuna è che avendo una linea di prodotti ampia, riusciamo ad identificarci con vari target. C’è un pubblico giovane interessato al mondo Gin&Tonic; poi abbiamo un pubblico più maturo appassionato di liquori che cerca prodotti artigianali; ed infine abbiamo alcuni prodotti particolarmente apprezzati dalle donne come il nostro gin alla camomilla. Essendo ancora una realtà artigianale, cerchiamo di mantenere una comunicazione semplice che sappia raccontare cosa facciamo, ma soprattutto chi siamo.
Quanto tempo ci avete messo ad entrare sul mercato? Quale strategia avete adottato?
Abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta durante il Gin Day Milano del 2015, quando il riscontro del pubblico è stato talmente ampio ed inaspettato da permetterci di ricevere numerose richieste sia a livello nazionale che internazionale. Inizialmente abbiamo preferito seguire direttamente tutta la filiera commerciale, soprattutto per tutelare il posizionamento dei prodotti, senza l’ansia di crescere troppo in fretta e con la speranza di radicarci nel territorio. Negli anni siamo poi riusciti a trovare dei distributori ed importatori capaci di promuovere i nostri spirits in modo coerente e consapevole.
Come siete riusciti a finanziare la vostra startup fino ad ora e come pensate di finanziare i vostri progetti di crescita?
Per mantenere questo progetto il più autentico possibile abbiamo preferito rinunciare ad investitori esterni che potessero mettere a rischio la nostra genuinità. Dall’altro lato però crediamo che sia necessario pianificare una crescita costante e quindi in questi giorni abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding per permettere alla nostra community e a tutti quelli che credono in questo progetto di poter investire una piccola cifra per aiutarci a crescere e a consolidare la nostra presenza.
Ad oggi quali sono i vostri numeri?
Ad oggi la produzione annuale supera le 30.000 bottiglie ed i prodotti FJ sono presenti in 15 Paesi. I principali mercati sono quello italiano, dove possiamo contare oltre 5000 rivenditori, e quello americano.
E quali gli obiettivi per il futuro?
L’obiettivo che ci siamo prefissati, anche attraverso la campagna di crowdfunding, è da un lato quello di realizzare una distilleria dedicata di proprietà a Polcenigo, in una cornice unica e suggestiva dove poter seguire tutta la filiera produttiva, e dall’altro sviluppare ed implementare la parte commerciale, soprattutto a livello europeo, sfruttando a pieno le opportunità dei singoli mercati.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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