PlayWood, l’Arredo Fai da Te che Rispetta l’Ambiente

PlayWood, l’Arredo Fai da Te che Rispetta l’Ambiente

22 Aprile 2020 Categoria: Un'Italia da Export

Con Stefano Guerrieri, CEO e CoFounder di PlayWood, abbiamo parlato della startup Made in Italy che produce sistemi di assemblaggio per montare e rimontare arredi per case, uffici, fiere e negozi. Questo sistema consente di ridurre gli sprechi riutilizzando i complementi d’arredo. In più, PlayWood ha lanciato durante l’emergenza coronavirus, la nuova linea per gli smart worker, e gli ordini online segnano un’impennata del +201%.

Se dovesse scegliere un aggettivo rappresentativo di Play Wood quale sceglierebbe e perché?

Modulare è senza dubbio l’aggettivo più corretto, un famoso blog internazionale trend Hunter ci ha descritto così: se Lego ed Ikea avessero un figlio questo sarebbe PlayWood. Non è un aggettivo ma rende molto bene lo spirito e la funzione del nostro prodotto.

Su quali mercati opera principalmente l’azienda e con quali modalità?

Attualmente distribuiamo il nostro prodotto in oltre 32 paesi, oltre all’Europa i nostri mercati principali sono Stati Uniti e Canada, Giappone, Perù. L’82% del nostro prodotto è dedicato all’export. Per raggiungere il cliente utilizziamo grandi brand della distribuzione organizzata ad esempio in Europa: Leroy Merlin, Obi, importatori e catene locali che hanno deciso di distribuire il nostro prodotto. Vendiamo direttamente sui canali on line disponendo di un centro logistico in Europa ed uno negli Stati Uniti. Abbiamo un nostro e-commerce ma siamo presenti anche su Amazon dove sfruttiamo tutti i benefici della logistica e della consegna in modalità “Prime”.

In questi anni di crisi, quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità?

Sono del 1979, la prima generazione Erasmus, per lavoro mi sono spostato spesso ed ho avuto la possibilità di abitare per diversi anni in nord Europa. Tornando in Italia con un piccolo team, abbiamo fondato PlayWood convinti che nel nostro Paese, ci fossero le più grandi eccellenze artigianali e della manifattura ed altrettanto convinti che per noi i confini geografici non potessero essere una barriera alla vendita. Da subito il nostro sito è stato tradotto in 4 lingue e grazie al web ed all’e-commerce, ci siamo velocemente aperti ai mercati internazionali, raggiungendo rapidamente gli Stati Uniti e il Giappone.

Nella sua esperienza qual è stato il mercato più problematico e quello con maggiori margini di successo?

Alcuni mercati sono più difficili di altri, le barriere linguistiche e culturali sono importanti. Credo che la chiave dell’efficacia sia trovare il partner corretto che non disponga solo delle giuste relazioni sul territorio, ma che sappia aiutarti nello sviluppare la comunicazione perché sia la più efficace possibile sul suo mercato. Ormai il prodotto è un’esperienza ed è fondamentale che il distributore ti aiuti non solo negli aspetti logistici, ma nel ricostruire anche nel suo Paese quell’esperienza che è riconosciuta come innovativa nel tuo prodotto. Non entriamo mai in un mercato con una distribuzione fisica senza prima averne testato il mercato on-line. Sulla rete possiamo modificare il messaggio e la proposizione commerciale con rapidità eseguendo numerosi test, una volta capite le migliori strategie di introduzione del prodotto on line le replichiamo sul canale fisico.

Se non si conoscono le modalità per accedere ad un mercato estero, è facile cadere in trappole da parte di operatori locali?

Si certo, prima di scegliere un partner e magari fornire dei diritti di esclusiva e necessario poterne testare l’affidabilità, per noi questa è una caratteristica essenziale e va ben oltre il rispetto dei termini di pagamento della merce. Il nostro compito è trovare quelle realtà capaci di collaborare in modo proattivo, a loro è affidata una grande responsabilità, quella di introdurre nel modo più corretto il prodotto sul mercato e fornire la stessa esperienza che ne ha determinato il successo nei mercati più maturi.

Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero?

La burocrazia, è un male necessario. Poiché siamo abituati a quella italiana spesso le altre ci appaiono più semplici, bisogna però essere sempre molti attenti, ogni Paese dispone di normative particolari che bisogna conoscere e studiare adeguatamente.

Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?

In questo momento siamo focalizzati sugli Stati Uniti, li il potenziale di sviluppo è davvero importante, in Europa invece stiamo consolidando velocemente la nostra presenza.

Ritiene che l’internazionalizzazione di cui oggi si parla tanto, sia un’esigenza imprescindibile per tutte le imprese italiane?

La ritengo fondamentale, non possiamo pensare di svilupparci solo sul nostro mercato quando la comunicazione e la produzione sono già completamente globalizzate.

Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nei mercati esteri?

Il consiglio migliore è quello di aprirsi completamente alle opportunità che possono derivare da altri mercati e di coglierle con il più grande entusiasmo. Le sorprese saranno molte ed anche le soddisfazioni.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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