Grande attesa in America Latina per le elezioni presidenziali argentine che si terranno il 27 di ottobre. La sfida per il prossimo leader sarà quella di dare impulso alla crescita e al consumo di un Paese che sta vivendo una forte recessione, ed evitare l’ennesimo default finanziario. Attrarre imprese straniere può essere il cammino giusto per allontanare il possibile crollo.
L’Argentina sta vivendo un periodo molto difficile e si registra una forte tensione alla vigilia delle elezioni presidenziali. L’attuale presidente, Mauricio Macri, eletto nel 2015, è stato sconfitto durante le elezioni primarie avvenute l’11 agosto e i peronisti di Alberto Fernandez si preparano a riconquistare la Casa Rosada a fine mese. Il sistema elettorale argentino prevede che per essere eletti direttamente al primo turno, senza ricorrere al ballottaggio, i candidati devono avere almeno il 45% dei voti. Durante le primarie Fernandez ha guadagnato il 48,8% dei voti (circa 75% degli argentini hanno partecipato alle pre-elezioni) quindi se fossero questi i risultati dell’elezione del 27 ottobre, Macri perderebbe al primo turno.
A livello economico questa notizia è stata accolta con un crollo del 37,93% della borsa di Buenos Aires e del peso, la moneta argentina. Il dollaro volato del 23% ha toccato il valore di 60 pesos e solo sette anni fa per comprare un dollaro erano necessari 8 pesos.
La crisi economica degli ultimi mesi, caratterizzata da forte recessione e pesante inflazione dei prezzi, ha portato all’aumento dell’indice di povertà del 35% (nei primi sei mesi del 2019) ed è una macchia importante per un Paese che è la terza maggior economia dell’America Latina.
Un rapido sguardo alla recente storia politico-economica argentina
In realtà, la crisi economica argentina dura da ormai trent’anni, da quando negli anni ’90 è iniziato lo storico deficit fiscale e la situazione da allora oscilla tra alti e bassi ma non si è mai totalmente risolta.
L’epoca Kirchner è iniziata nel 2003, con l’elezione di Néstor Kirchner, politico che è rimasto in carica fino al 2007 quando gli è succeduta la moglie Cristina Elizabeth Fernández de Kirchner rimasta al potere fino al 2015. Il periodo tra il 2003 e il 2007 è stato un periodo economico positivo, durante il quale il PIL aumentava dell’8% all’anno e si era registrata una diminuzione drastica della disoccupazione. Kirchner, opposto alle politiche neoliberali aveva concentrato lo sforzo economico nella esportazione di commodities dando conseguentemente un alleggerimento all’economia che arrivava dal collasso del 2001. Con la morte di Kirchner nel 2010, la successiva svolta più conservatrice di Cristina e gli scandali di corruzione assieme alla perdita di fiducia degli organismi internazionali, hanno portato al ritorno di una profonda crisi e alla dichiarazione di bancarotta nel 2013, (ottava dichiarazione di questo tipo della storia argentina).
A partire dal 2015 Mauricio Macri, figlio di Franco Macri, imprenditore edile di origine reggina emigrato in Argentina nel 1948 e divenuto uno dei più grandi uomini d’affari nel settore industriale, ha assunto la carica presidenziale. Macri ha ereditato una situazione economica disastrosa e ha cercato di ridurre il debito pubblico tagliando le spese e riducendo la partecipazione statale nell’economia adottando politiche di austerity ben viste agli occhi del mercato finanziario internazionale. La sfida gli è riuscita per un breve periodo poi la situazione è crollata di nuovo. Tanto che nel 2018 la svalorizzazione del peso argentino e l’altissima inflazione hanno portato il governo a chiedere aiuto al FMI.
Situazione attuale
Nel secondo trimestre del 2019 l’economia argentina ha registrato una crescita dello 0,6% uscendo dalla recessione grazie alla buona performance del settore agricolo. Il governo liberale di Macri ha permesso l’afflusso di ingenti capitali esteri verso il debito pubblico argentino con investitori fiduciosi dell’appoggio dato dal FMI e dal governo USA. La situazione rimane comunque critica se pensiamo che il prestito elargito dal FMI (56 miliardi di dollari) dovrà essere restituito in valuta statunitense.
L’Argentina secondo il ranking elaborato dal World Economic Forum sulla competitività è al 83esimo posto dei 141 paesi in esame. Ed è un peccato che un paese così ricco di risorse naturali debba ancora affrontare la trappola del debito estero. È comunque importante sottolineare che stando alle statistiche riportate dagli esperti del settore dell’economia e della finanza mondiale, si è assistito negli ultimi anni ad un incremento costante degli investimenti in Argentina, che sono cresciuti a partire dal 2015. La bilancia commerciale argentina deficitaria, denota le caratteristiche strutturali dell’economia argentina: grande esportazione di prodotti agricoli e materie prime e importazioni ad ampio spettro dovute ad una economia industrialmente debole.
Analizziamo quindi i settori più indicati per possibili investimenti.
Dove investire
I settori più favorevoli secondo gli analisti sono: prodotti alimentari; energia elettrica, gas; energie rinnovabili, prodotti del settore metallurgico, miniere e cave; autoveicoli, rimorchi e semirimorchi. Tra queste opportunità di investimento è importante sottolineare che il governo argentino, per dare una spinta agli investimenti, ha scelto di muoversi anche a livello di infrastrutture urbane e su settori come l’industria automobilistica dove le imprese italiane potrebbero inserirsi facilmente. Macri vorrebbe continuare ad agevolare gli investimenti esteri soprattutto nel settore delle energie rinnovabili, nell’agroindustria, nel settore minerario e delle infrastrutture.
Rapporti con l’Italia
I rapporti tra Italia e Argentina oltre ad essere storici sono eccellenti, in virtù dei forti legami culturali che legano i due paesi. In Argentina si trova la maggior comunità italiana nel mondo, le stime parlano di 804.260 presenze. Nelle sola Buenos Aires risiederebbero più di 300.000 oriundi italiani.
Lo scambio commerciale tra i due paesi si è mantenuto sostanzialmente stabile: nel 2018 le esportazioni italiane verso l’Argentina sono state pari a 1.153,7 milioni di Euro, contro i 1.346,2 milioni del 2017, mentre, per quanto riguarda le importazioni italiane, queste hanno raggiunto i 1.098,6 milioni di Euro, contro i 1.008,6 del 2017. Tra le esportazioni italiane troviamo principalmente macchine, apparecchi e materiale elettrico, prodotti chimici ed affini.
Aspettando i risultati delle elezioni del 27 ottobre possiamo solo essere sicuri che il legame tra Argentina e Italia non sarà spezzato così facilmente e che le opportunità di investimento non mancheranno, qualsiasi sarà il risultato.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anna Lopane, redazione@exportiamo.it
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