Superati gli anni bui della guerra civile e della decadenza economica, la Costa d’Avorio si propone oggi come un Paese nuovo intenzionato ad attrarre imprese ed investimenti esteri per finanziare il proprio sviluppo economico e sociale.
Nell’ultimo decennio la Costa d’Avorio si è sviluppata a ritmi sostenuti, con una crescita media del Pil compresa tra l’8 ed il 9% annuo. La metà della massa monetaria dell’intera Comunità economica dell’Africa occidentale circola in Costa d’Avorio e più del 40% delle merci viene esportata dal porto di Abidjan. Un Paese che, se si considerano questi numeri, fa invidia a molti Stati europei e che potrebbe essere considerato la locomotiva dell’economia del Continente africano.
Tuttavia, l’indice di sviluppo umano dell’UNPD è rimasto stagnante in questi anni di crescita, aumentando di un lieve 0,003% (al 172esimo posto nel mondo) e più del 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, mentre il tasso di mortalità materna è uno dei più alti del mondo e più di 100 bambini su mille non raggiungono i cinque anni.
La Costa d’Avorio in effetti è un Paese dalle mille contraddizioni.
Da un lato gode di enormi ricchezze naturali che potenzialmente lo potrebbero rendere uno degli Stati più prosperi del mondo: è il maggior produttore ed esportatore mondiale di cacao, di anacardi, di olio di palma ed il terzo di caffè, solo per citare alcuni prodotti di cui dispone; è ricco, inoltre, di grandi quantità di minerali tra cui diamanti, manganese, nichel, bauxite e oro, oltre ad avere avviato le prime prospezioni per verificare la presenza di giacimenti di petrolio nelle proprie acque territoriali.
D’altra parte però tutto ciò non ha ancora avuto una sufficiente ricaduta sull’economia reale, soprattutto perché la Costa d’Avorio è letteralmente “drogata” da una corruzione dilagante facilitata da un nepotismo capillare, organizzato da una politica parastatale che ha favorito la crescita della classe media.
A partire dalla conquista dell’indipendenza politica dalla Francia nel 1960 (quella economica non è stata ancora del tutto raggiunta) fino agli anni Ottanta il Paese visse un periodo di notevole sviluppo economico, entrando così nel novero dei Paesi in via di sviluppo a medio reddito. Negli anni che seguirono, tuttavia, a causa del crollo dei prezzi dei principali prodotti d’esportazione (caffè, cacao e legname) e in seguito a problemi di siccità, l’economia subì uno stallo. Poiché basata principalmente sull’esportazione di materie prime, l’economia ivoriana è infatti tanto florida quanto fragile, essendo altamente sensibile alle fluttuazioni dei prezzi internazionali di questi prodotti e alle condizioni meteorologiche.
Per arginare la situazione e sperando di scaricare così le tensioni conseguenti all’impoverimento del paese, il governo allora guidato da Gbgabo tentò di applicare le ricette economiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale: privatizzazioni e liberalizzazione dei prezzi dei beni di prima necessità. In direzione contraria alle intenzioni, la strategia voluta dal FMI non fece che peggiorare drasticamente la situazione dell’economia ivoriana, andando a privilegiare i residenti di nazionalità straniera, francesi per la maggior parte, e acuendo l’astio della popolazione verso i più ricchi ex colonizzatori.
Le circostanze sono poi ulteriormente precipitate arrivando al culmine di una sanguinosa guerra civile che è durata dal 2002 fino al 2011, provocando negli ultimi anni un peggioramento della situazione, segnalato dalla graduatoria dell’indice di sviluppo umano, che, come si accennava sopra, colloca la Costa d’Avorio tra i 15 Paesi più arretrati del mondo.
Questi fatti, sommati alla giovane età della popolazione (il 50% circa dei 22 milioni di abitanti è al di sotto dei 35 anni di età), possono spiegare, forse, anche il fatto che la Costa d’Avorio sia il quarto Paese per provenienza dei migranti che sbarcano sulle coste del Mediterraneo, in particolare in Italia. E questo nonostante lo Stato africano goda oggi di una ritrovata stabilità politica e vanti indicatori economici di tutto rispetto.
A fronte di questa situazione, l’attuale Presidente Ouattara si è fatto promotore di una nuova strategia economica volta a rilanciare lo sviluppo economico e migliorare in maniera sostanziale le condizioni di vita della popolazione, con l’ambizione fondamentale di condurre la Costa d’Avorio nel novero dei “paesi emergenti” entro il 2020, anno in cui tra l’altro si svolgeranno le prossime elezioni presidenziali.
In linea con questa visione strategica, è stato adottato un primo Piano Nazionale di Sviluppo per il periodo 2012-2015, che ha portato a importanti riforme strutturali e settoriali che hanno permesso di accrescere la produttività e la competitività dell’economia e di migliorare notevolmente l’ambiente degli affari, aumentando in maniera rilevante l’attrattività del Paese per gli investimenti diretti esteri.
Per continuare a sostenere e promuovere lo sviluppo del Paese, nel dicembre 2015 il Governo ha adottato un nuovo Piano Nazionale di Sviluppo, relativo al periodo 2016-2020. Esso prevede la realizzazione di una serie di riforme strutturali e settoriali, in continuità con quelle già messe in atto, per un ammontare complessivo di investimenti pari a 30.000 miliardi di Franchi CFA (pari a circa 45 miliardi di Euro), per attuare le quali sarà però necessario il sostegno di investitori stranieri, sia pubblici che privati.
Inoltre è stato creato il Centro di Promozione e Investimento del Paese (CEPICI), essenziale per aiutare i potenziali investitori, fornendo agli imprenditori stranieri informazioni, contatti ed assistenza durante le trattive di investimento, seguendoli passo dopo passo.
Opportunità per l’Italia
Il nostro Paese ha partecipato al processo di sviluppo della Costa d’Avorio attraverso una costante presenza imprenditoriale, operante soprattutto nei settori della lavorazione del legno, dei trasporti marittimi, dell’agroalimentare, delle infrastrutture e, in passato, del turismo. È italiana l’impresa leader nel settore della trasformazione del tonno, la Airone SpA. Sono inoltre presenti il gruppo industriale Trevi e tre importanti società di trasporto marittimo: Ignazio Messina & C., MSC e Grimaldi. È tornata ad essere presente l’ENI con attività off-shore nel settore del gas, realizzate insieme a TOTAL. Per il resto, la presenza imprenditoriale italiana in Costa d’Avorio consiste in una serie di svariate PMI.
Altro settore in cui il governo ivoriano intende investire è il comparto ittico. L’attuale Ministro della Pesca ritiene che l’Italia possa giocare un ruolo di primo piano nel settore. Il Distretto Produttivo della Pesca di Mazara del Vallo ha firmato un Protocollo d’Intesa sulla Pesca, per la creazione di un distretto produttivo della pesca nella zona di Bassam e di un laboratorio per il controllo e l’ispezione dei prodotti ittici.
Tra i settori più attrattivi per gli imprenditori italiani c’è quello agroindustriale poiché, al momento, nel Paese è quasi completamente assente il settore della trasformazione industriale dei prodotti agroalimentari. La costruzione di linee di produzione potrebbe essere destinata non solo al consumo interno ma anche all’esportazione nella regione. In tale settore sono presenti alcune realtà italiane impegnate nella trasformazione dell’olio di palma.
Altri settori interessanti, il cui sviluppo è giudicato prioritario dal Governo, sono il settore dell’energia, in particolare energie rinnovabili, il settore dei trasporti e quello delle infrastrutture. Il trattamento dei rifiuti e delle acque sono altri due settori promettenti. Si rileva un crescente interesse da parte delle aziende italiane nella produzione di biocombustibili e biomasse derivanti dagli scarti della produzione del cacao, degli anacardi e dell’olio di palma, nonché dal trattamento dei rifiuti.
La vera sfida per il Paese sarà quella di riuscire ad inscrivere questa crescita esponenziale in un contesto stabile e duraturo e di riuscire ad estendere il suo impatto anche alle zone rurali, riducendo in maniera significativa la povertà e garantendo un migliore accesso ai servizi di base come acqua potabile, elettricità e sanità anche alle fasce più povere della popolazione, investendo fortemente anche sul capitale umano, sostenendone l’istruzione e la formazione professionale.
Innegabili sono i progressi registrati negli ultimi anni, ma ancora molto resta da fare.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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