Angola, da colonizzato a colonizzatore?

Angola, da colonizzato a colonizzatore?

01 Luglio 2019 Categoria: Focus Paese Paese:  Angola

Dopo secoli di colonizzazione e una sanguinosissima guerra civile che ne hanno profondamente minato le fondamenta economiche, l’Angola ha vissuto – nell’ultimo decennio – una forte crescita spinta dall’export di materie prime, petrolio in primis. Oggi il Paese africano punta invece a diversificare la propria economia, proponendosi come business location sempre più attraente agli occhi degli investitori internazionali.

Dopo essere stata una colonia portoghese per oltre cinque secoli ed essere stata dilaniata per decenni da una ferocissima guerra civile, durata dal 1975 al 2002, oggi l’Angola è potenzialmente tra gli stati più ricchi del continente africano non solo per la presenza di importanti giacimenti di gas, petrolio, diamanti, ferro e tanti altri minerali ma anche per una florida agricoltura favorita dal clima e dall’abbondanza di acqua ed un enorme potenziale in termini di acquacoltura, che si può estendere lungo ben 1.600 km di costa atlantica.

Il conflitto interno durato oltre un quarto di secolo ha obbligato l’Angola e il presidente José Eduardo dos Santos, salito al potere nel 1979 e rimasto in carica fino al settembre 2017, quando gli è subentrato João Lourenço, a ridurre gli investimenti per casa, salute, scuola e lavoro, dovendosi concentrare nello sforzo bellico.

Due anni fa però Lourenço ha intrapreso un deciso processo di rinnovamento in alcuni dei settori più strategici dell’economia angolana avviando, in parallelo, una campagna anti-corruzione che ha colpito politici e uomini d’affari molto importanti.

Il nuovo presidente ha iniziato, inoltre, il complicato processo di diversificazione dell’economia angolana, che si basa per lo più sulle esportazioni di petrolio (che sono circa il 95 per cento di tutte le esportazioni nazionali e che valgono la metà delle entrate statali).

Ad oggi infatti l’andamento dell’economia angolana dipende fortemente dalle oscillazioni del prezzo del greggio. Il calo della produzione petrolifera ha causato una consistente recessione nell’ultimo triennio, facendo registrare tassi di crescita negativi nell’ordine del -2,6%, -0,1% e -1,1% rispettivamente per il 2016, 2017 e il 2018. Tuttavia il Ministero delle Finanze ha recentemente diffuso le proprie stime per il breve periodo sostenendo che l’economia dell’Angola crescerà del 3% nel 2020/2021 anche se, fino a poco meno di 10 anni fa, viaggiava su percentuali di crescita a doppia cifra.

Per questo motivo l’attuale Governo ha dovuto incentivare lo sviluppo di altri settori al fine di garantire uno sviluppo costante e sostenibile avviando diverse politiche riformiste sul piano economico fra cui:

- la preparazione di un piano di privatizzazione di un centinaio di società, incluse molte legate al colosso Sonangol, la compagnia petrolifera statale;

- l’eliminazione di una vecchia legge che obbligava gli investitori stranieri ad avere partner angolani per avviare attività nel Paese;

- la riforma del sistema finanziario nazionale, soprattutto nella sua parte legata all’operato delle banche, che agivano in maniera arbitraria e rischiosa;

- la decisione di revocare l’ancoraggio della valuta locale, il kwanza, al dollaro, allentando così la pressione sulle riserve di valuta straniera.

Lourenço, inoltre, ha cercato anche di riposizionare l’Angola sulla scena politica internazionale. Mentre dos Santos aveva creato un legame strettissimo con la Cina, così come molti altri leader africani negli ultimi anni, il presidente angolano ha cercato nuovi partner in Europa, di modo da essere meno dipendente da un solo Paese. Da non dimenticare che Lourenço si è anche speso per migliorare le relazioni con il Fondo Monetario Internazionale, introducendo alcune riforme richieste dall’organizzazione per poter ricevere i primi prestiti internazionali.

Nonostante le molte novità nei settori dell’economia, della finanza e della politica estera, il leader angolano tuttavia non sembra volere essere un riformatore politico: si è rifiutato di modificare la Costituzione per limitare i suoi poteri, ha mostrato scarso interesse nel rendere indipendenti i tribunali nazionali e ha messo uomini a lui fedeli nelle posizioni chiave dell’esercito e dei servizi segreti. In più, finora, ha mostrato di non voler introdurre riforme politiche per concedere maggiori libertà e maggiore spazio ai partiti di opposizione. Uno dei problemi più grandi dell’Angola, oltre all’inefficienza del suo apparato pubblico e all’estesissima corruzione, è infatti che al governo c’è sempre stato lo stesso partito: l’MPLA (Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola), cioè la forza politica a cui appartiene anche Lourenço. L’MPLA controlla tutta la macchina burocratica statale, la polizia, i media e molti funzionari governativi. I suoi membri sono stati quasi gli unici ad arricchirsi negli anni successivi alla fine della guerra civile, nel 2002, quando in poco più di un decennio il PIL angolano crebbe del 10 per cento l’anno, senza però portare significativi miglioramenti agli standard di vita della popolazione.

Nonostante diverse difficoltà, l’Angola è ritenuta da diversi esperti un vero e proprio miracolo economico. Miracolo che si concretizza in una “vendetta” della storia: vi sono, difatti, aziende angolane che investono in Portogallo mentre non pochi portoghesi cercano e trovano lavoro a Luanda. Alcune testimonianze portoghesi raccontano che, in Angola, hanno trovato opportunità e occasioni di lavoro inimmaginabili in patria. Stipendi alti e ricerca di professionisti qualificati per sostenere la crescita economica dell’Angola hanno portato, secondo dati ufficiali dell’Ambasciata Portoghese a Luanda, ben 150.000 portoghesi a trasferirsi in Africa. Il ribaltamento dei ruoli tra ex madre patria ed ex colonia è testimoniato anche negli investimenti. Occorre infine osservare che l’Angola ha condotto già sostanziosi investimenti e acquisti nel Banco Bpi e Bic, due tra i più importanti gruppi bancari portoghesi, ha acquistato quote importanti della compagnia Galp e di un colosso delle telecomunicazioni come Zon Multimedia.

Rapporti con l’Italia

I rapporti tra Roma e Luanda sono sempre stati ottimi, ma negli ultimi anni si sono ulteriormente rinsaldati grazie alle recenti visite in Angola di Matteo Renzi nel luglio 2014, di Paolo Gentiloni nel novembre 2017, e lo scorso febbraio, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che è stata la prima visita di un capo di Stato italiano in una nazione strategica per la proiezione di una maggiore presenza italiana nei mercati dell’Africa sub-sahariana e meridionale.

Trovandosi a dover riconvertire velocemente la sua economia, l’Angola infatti oggi guarda con grandissimo interesse all’Italia, alle sue piccole e medie imprese e all’alta tecnologia.

Anche se l’Angola rappresenta il 97° mercato di destinazione per l’export italiano in generale e l’8° mercato di destinazione dell’export Italiano in Africa sub-sahariana, quello attuale è un momento favorevole per gli imprenditori italiani che vogliono investire nei settori dell’agricoltura, turismo, industria tessile, calzaturiera e di trasformazione agroalimentare. In vista di un futuro sviluppo del sistema produttivo del Paese, le particolari caratteristiche e potenzialità dell’Angola fanno intravedere la possibilità di realizzare elevati livelli di complementarietà e sinergia rispetto al sistema economico italiano (approvvigionamento energetico, macchine industriali, settore agro-alimentare e industria del legno, manifattura, infrastrutture del territorio, delocalizzazione industriale, Made di Italy di alta qualità). Anche il settore turistico sta inoltre attraversando una decisa fase di sviluppo.

Sace prevede che, nel 2019, si avrà una crescita dell’export italiano in Angola pari al +5,8%, per un valore di 200 milioni di euro. Ma in realtà, il Made in Italy venduto in Angola è molto più rilevante di quanto dicono i livelli dell’export. Paesi come il Portogallo, il Brasile e il Sud Africa utilizzano infatti ampiamente e con profitto lo strumento della triangolazione commerciale, acquistando in Italia e vendendo in Angola a prezzo maggiorato i nostri prodotti, senza alcuna lavorazione aggiuntiva, grazie alla ottima reputazione dei marchi italiani.

In conclusione sebbene l’Angola resti un Paese con molte contraddizioni e difficoltà, è innegabile che stia diventando una business location sempre più interessante agli occhi di investitori ed imprese capaci di afferrare le opportunità che esso può offrire.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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