Con Davide Lugli, CEO e co-fondatore di Competitoor, abbiamo parlato della startup che ha inventato un utilissimo strumento di price intelligence rivolto agli e-commerce che vogliono controllare i concorrenti, alle imprese che intendono controllare la propria rete distributiva e agli uffici acquisti.
Da dove nasce l’idea di Competitoor?
L’idea nasce nel 2015 da una richiesta del mercato che rimaneva insoddisfatta. Io e Maximilian Lanaro, fondatori di Competitoor, lavoravamo da 15 anni nel settore dello sviluppo di progetti e-commerce e i nostri clienti non sapevano come fare correttamente i prezzi online. Il Web, infatti, eliminando le barriere geografiche, mette tutti in competizione, rendendo più facile per il cliente confrontare le offerte. Inoltre il prezzo è sempre uno dei primi 3 fattori di scelta e l’80% degli utenti lo controlla prima di acquistare. Riuscire a scegliere un prezzo corretto rispetto al resto del mercato è dunque importantissimo per convincere il visitatore ad acquistare. Il problema vero per chi vende è che i prezzi dei competitor non possono essere controllati “una tantum”, perché cambiano ogni giorno essendo sempre più spesso guidati da algoritmi e dunque controllarli a mano non è possibile. Per questo ci siamo resi conto che serviva uno strumento che aiutasse gli store manager e i marketing manager a sfruttare questi cambi di prezzo per migliorare competitività e margini di guadagno. Così il primo Competitoor al servizio della nostra attività consulenziale si è trasformato rapidamente in una azienda indipendente che – oltre ad aiutare sul fronte e-commerce – supporta anche le attività dei brand nel controllo dei propri prodotti nel mondo e le agenzie per la marketing automation.
Da chi è composto il vostro team e quali sono le competenze più importanti per lo sviluppo e la crescita della vostra idea imprenditoriale?
Siamo una ventina di persone tra dipendenti e collaboratori stretti, tutti con un forte background tecnico. Non puoi infatti parlare di price intelligence o strategia di prezzo online, senza conoscere molto bene il mercato e-commerce e in generale il Web.
Quali sono le principali difficoltà che una startup incontra nel mercato italiano?
Innanzitutto va detto che in Italia si confonde un po’ il significato di startup mettendo insieme aziende innovative con imprese tradizionali nate con fondi di investitori. Una startup è fondamentalmente un’azienda con un modello di business in grado di scalare rapidamente e “distruggere” grazie all’innovazione il mercato verso cui si relaziona. Da qui tutti i problemi che può incontrare una startup in un mercato come quello italiano: vecchio, protezionista, povero e poco coraggioso.
Quali mercati internazionali pensate siano più attrattivi per il business e quali quelli dove trovare più facilmente investitori o finanziamenti?
La concorrenza, che misuriamo e tracciamo giornalmente si muove a livello nazionale. Spedizioni e dazi limitano la concorrenza oltreconfine per cui i mercati per noi più interessanti devono essere: evoluti a livello di impresa, di grandi dimensioni, con una moneta e una lingua unica. I mercati che rispondono meglio a queste caratteristiche, come gli USA, sono anche quelli in cui si trovano più opportunità commerciali e maggiore attenzione negli investimenti.
Partecipare a programmi di supporto e tutoraggio offerti da incubatori ed acceleratori italiani genera un’utilità ed un vantaggio competitivo per una startup?
Dipende da come vengono vissute queste esperienze. Con Competitoor ho avuto la fortuna di partecipare ad alcuni degli incubatori più importanti del mondo, come il Plug’N'Play della Silicon Valley, ma anche in Italia ci sono posti come H-FARM in cui si respira vera voglia di innovazione. Se si è in grado di fare networking ed acquisire esperienze reali sono opportunità valide, altrimenti lascerei perdere. Quando si fa innovazione meglio imparare da chi ha già maturato certe esperienze, rispetto che professori o consulenti di dubbia provenienza che ti spiegano “come si fa”, il vantaggio dell’innovazione è proprio fare “quello che non si faceva”.
Quale consiglio dareste ai giovani startupper che intendono sviluppare una propria idea in Italia?
Di non limitarsi all’Italia. Siamo cittadini d’Europa e del Mondo, possiamo e dobbiamo valutare dove siano le condizioni migliori per permettere alle nostre idee di svilupparsi, soprattutto nella delicatissima fase iniziale. Ed è inutile negare che in Italia spesso tali condizioni non siano le migliori. Competitoor, ad esempio, è nata in Regno Unito, poi è stata trasferita in Italia.
Obiettivi per il futuro?
Competitoor non è più una startup ormai. Ha un modello di business ben definito, clienti internazionali, procedure standard e un piano di lavoro preciso. Il futuro adesso è farla crescere e conoscere anche fuori dall’Italia.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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