Con Carlo Sabatini, Ceo di Capalbio, abbiamo parlato della storica azienda toscana in grado di raccogliere apprezzamenti su mercati di mezzo mondo.
Se dovesse scegliere un aggettivo rappresentativo di Capalbio quale sceglierebbe e perché?
La giacca Capalbio incarna un modello assolutamente riconoscibile da sempre, prodotto iconico dallo stile intramontabile, mi piace definirlo come un capo di abbigliamento che esalta la personalità di chi la indossa.
Su quali mercati opera principalmente l’azienda e con quali modalità?
In Italia abbiamo circa 90 punti vendita attivi che sono stati selezionati per proporre al cliente uno stile di abbigliamento di buon gusto e trasmettere cultura del prodotto, piuttosto che fornirgli una selezione di brand. Ho assistito spesso alla vendita delle giacche Capalbio e devo dire che fa veramente piacere ascoltare che questa non si riduca ad un mero fatto estetico ma coinvolga la storia del prodotto e del suo territorio. Fuori dai confini nazionali siamo presenti in Giappone, in Francia, negli Stati Uniti, in Inghilterra, Olanda e Belgio.
In questi anni di crisi, quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità?
Le giacche Capalbio raccontano quel particolare gusto “country style” che, partendo dall’Italia, ha incontrato in passato ed incontra tuttora ampi consensi negli ambienti più colti, a prescindere dal Paese. L’estero è quindi per noi un naturale ambito di mercato piuttosto che una necessità commerciale contingente.
Nella sua esperienza qual è stato il mercato più problematico e quello con maggiori margini di successo?
Il mercato più difficile è stato quello tedesco nonostante in passato avesse registrato discreti numeri. Ottima invece la sintonia con i buyer giapponesi e coreani: abbiamo potuto constatare il loro interesse verso quei marchi che rappresentano una storia autentica ed una speciale sensibilità nell’intuire le nuove tendenze. Anche dagli Stati Uniti arrivano buone notizie con sell out sopra le aspettative che ci spinge a nuovi investimenti commerciali .
Se non si conoscono le modalità per accedere ad un mercato estero è facile cadere in trappole da parte di operatori locali?
Sì assolutamente: è impossibile trattare tutti i mercati locali con i medesimi approcci e con i medesimi strumenti.
Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero?
La diverse normative doganali e le relative incombenza impegnano maggiori risorse rispetto alla loro utilità. L’avvio della politica dei dazi reciproci non fa che aumentare tali costi.
Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?
Il nostro prossimo compito sarà quello di sostenere il sell out attraverso l’uso mirato dei social network e di alcuni ambassador che si stanno prestando molto volentieri ad incarnare un prodotto a loro molto affine. Inoltre vorremmo accostare il nostro marchio ad esperienze outdoor quali il golf e l’equitazione e per questo è appena iniziata una collaborazione con una specifica rete commerciale.
Ritiene che l’internazionalizzazione di cui oggi si parla tanto sia un’esigenza imprescindibile per tutte le imprese italiane?
Inutile ricordare quanto gli italiani possano innamorarsi dei propri prodotti, che diventano spesso esperienze troppo belle per non essere condivise. Ciò nonostante il processo di globalizzazione ha già bussato forte anche alle nostre porte per metterci di fronte alla scelta di renderci competitivi in termini dimensionali rispetto ai competitor, pena essere confinati al ruolo di ottimi artigiani ma ben rinchiusi nella propria bottega.
Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nello stesso contesto estero?
L’imprenditore è occhi e cuore dell’impresa. Per verificare la fattibilità di un approccio estero i migliori report e le impressioni degli esperti più qualificati servono, ma non sono tutto. In un settore come il nostro ciò che conta davvero è l’esperienza diretta: in primo luogo è bene osservare di persona se un determinato mercato può essere pronto per il nostro prodotto e, successivamente, è opportuno capire in loco a quali canali affidarlo. Infine è importante capire anche attraverso quale comunicazione promuoverlo: se ogni acquisto nel settore moda viene deciso dalla nostra parte “emozionale” allora è proprio sulle emozioni che si dovrà fondare una strategia pubblicitaria vincente.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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