Sofia, dopo il crollo del comunismo, sembra non aver trovato ancora la propria strada verso uno sviluppo equilibrato, nonostante i generosi aiuti economici europei di cui però – troppo spesso – viene fatto un uso illecito. Così, alla vigilia delle europee, il governo si trova ad affrontare nuovi scandali che potrebbero condurre alla quarta elezione parlamentare in soli 7 anni e alla quinta elezione anticipata consecutiva.
Giusto qualche giorno fa l’aggiornamento delle previsioni economiche realizzato dalla Commissione Europea ha certificato che, anche per il 2019, la crescita economica bulgara rimarrà al di sopra del 3%, attestandosi al 3,3%. Una buona performance anche se in contrazione rispetto a quella del 2018 (+3,7%) e del triennio precedente ma che, unita ad un livello di debito pubblico molto modesto (di poco superiore al 20% del Pil) ed un tasso di disoccupazione stabile intorno al 6 percento, dovrebbe rappresentare un risultato apprezzabile per il Paese dell’est.
La realtà è però ben diversa: Sofia infatti rimane il Paese con il più basso reddito pro capite fra i 28 stati europei con un potere d’acquisto di circa il 50% più basso rispetto alla media del Vecchio Continente. Il Paese, inoltre, mostra una preoccupante difficoltà nel mettere in campo delle serie riforme che combattano povertà, corruzione e che “ristrutturino” un malconcio sistema sanitario. Tutto ciò nonostante sia già trascorso oltre un decennio da quando Sofia aderì alla Ue (2007) cominciando così a beneficiare di una serie di programmi di supporto comunitari, sul cui utilizzo si è però recentemente scatenata una vera e propria bufera che ha messo in discussione la tenuta del governo guidato dal premier Bojko Borisov, leader del partito conservatore Gerb ed ex sindaco di Sofia.
Lo scorso aprile, si è aperto infatti un filone d’indagini riguardante presunti abusi nell’uso di fondi (112 milioni di euro) del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) che non sarebbero stati utilizzati per costruire piccoli alberghi a conduzione familiare bensì per costruire grandi alberghi di lusso poi utilizzati o intestati a parenti o prestanome di personaggi politici. L’indagine ha coinvolto anche l’ex vice ministro dell’Economia Manolev, che avrebbe utilizzato i fondi europei per costruire una struttura di ricezione turistica di lusso poi utilizzata esclusivamente dalla sua famiglia.
Ma non è finita qui ed infatti un altro scandalo si è da poco abbattuto sul Paese, il cosiddetto appartmentgate: un’inchiesta secondo cui un’impresa di costruzioni, la Artex, avrebbe venduto a personaggi politici di spicco della maggioranza, appartamenti di lusso a prezzi ribassati di circa il 75% rispetto a quelli di mercato. L’inchiesta ha portato un collaboratore molto stretto di Borisov, Tsvetan Tsvetanov, capogruppo di Gerb, a rassegnare le proprie dimissioni ma fra i membri del governo coinvolti figurano anche il ministro della Giustizia, Tsetska Tsacheva, il viceministro dello Sport, Vanja Koleva, e il viceministro dell’Energia, Krassimir Parvanov.
L’appartmentgate, come se non bastasse, arriva poche settimane dopo l’uscita di un’altra inchiesta che ha evidenziato le stesse pratiche (ovvero l’acquisto di immobili di pregio a prezzi scontatissimi) e che ha coinvolto esponenti di primissimo ordine della giustizia bulgara: il capo della Corte suprema Lozan Panov, il figlio del direttore del servizio investigativo nazionale Borislav Sarafov e il commissario dell’anti-corruzione Plamen Georgiev.
Dunque, come è facile immaginare, la credibilità della classe politica e delle massime istituzioni del sistema giudiziario bulgaro è ai minimi storici anche se i dati più preoccupanti emergono dalla ricerca “L’economia sommersa: una violazione cosciente e ben mascherata di leggi e norme sociali” condotta dall’Istituto per lo studio della società e della conoscenza presso l’Accademia delle Scienze della Bulgaria. Secondo lo studio infatti il 34,8% del campione intervistato (1000 cittadini bulgari di età superiore ai 15 anni) sarebbe disposto a dare una tangente, il 61,1% è sostanzialmente favorevole a non rispettare la legge se questa impedisce di raggiungere un obiettivo ed il 65,2% ha dichiarato di non condannare l’economia sommersa.
La corruzione, quindi, si configura come uno dei problemi più gravi per la Bulgaria che frena anche – insieme a eccesso di burocrazia e sistema giudiziario inefficiente – l’afflusso di investimenti dall’estero. Un vero peccato visto che la Bulgaria può vantare – oltre alla corporate tax più conveniente a livello europeo, fissata al 10%, ed un livello di pressione fiscale complessivo molto contenuto (28,9%) –una manodopera con costi sensibilmente inferiori rispetto alla media Ue.
A partire dal 2020 però, se dovesse essere confermato l’improprio utilizzo dei fondi Ue, da Bruxelles potrebbe arrivare una stretta che avrebbe ricadute di un certo rilievo sull’economia bulgara visto e considerato che, grazie ai fondi Ue, il Paese ha finanziato miglioramenti infrastrutturali importanti (soprattutto nella capitale) ed ha fornito un importante supporto sociale ad alcune fasce della popolazione, in particolare agli anziani, che vivono situazioni di fortissimo disagio e che spesso devono sopravvivere con pensioni di appena 100 euro al mese.
Infine, scorrendo alcuni report per comprendere il livello di soddisfazione dei cittadini bulgari, si nota che la Bulgaria è uno dei Paesi più tristi del mondo. Secondo il World Happiness Report la Bulgaria è 100esima su 156 Paesi, peggiore in Europa. Un dato in linea con l’Happy Planet Index, che posiziona la repubblica balcanica al 109esimo posto su 140. Fra i fattori che incidono maggiormente su queste pessime performance c’è la totale disillusione nel poter migliorare la propria condizione sociale e, guarda caso, l’elevato livello di corruzione percepita. L’unica nota lieta emerge da una ricerca di Eurostat secondo cui le fasce più giovani della popolazione (16-24) mostrano livelli di soddisfazione più elevati rispetto alla media del Paese.
Rapporti con l’Italia
I rapporti commerciali fra Roma e Sofia sono intensi, con un interscambio commerciale in crescita dal 2014 e che, nel 2018, si è attestato intorno ai 4,7 miliardi di euro. I flussi commerciali fra i due Paesi sono sostanzialmente in equilibrio come si evince dal dato sul saldo che è negativo, per il Belpaese, di appena 64 milioni di euro. La Penisola, con un export di 2,3 miliardi di euro (in crescita del 10,1% rispetto al 2017), rappresenta il terzo Paese fornitore dopo Germania e Russia ed è, inoltre, uno dei principali investitori a Sofia e dintorni. Nell’arco degli ultimi 10 anni infatti il numero delle imprese italiane in Bulgaria è salito di oltre il 300% fino a raggiungere quasi le 9000 unità, in grado di contribuire per circa il 10% alla formazione del Pil bulgaro.
Le relazioni sull’asse Italia-Bulgaria appaiono dunque molto solide ed anche nel prossimo futuro la partnership italo-bulgara pare destinata a rinsaldarsi come si evince dai dati di Sace che prevede un incremento per l’export italiano, da qui al 2021, intorno al 4% annuo.
Per avere maggiori informazioni sul mercato bulgaro si consiglia di contattare IBS Italia scrivendo a info@ibsitalia.biz oppure chiamando la nostra sede italiana al numero 06-5919749.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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