L’arcipelago asiatico si conferma una delle economie più dinamiche della regione del Pacifico, sostenuta da un reddito pro capite in espansione, che apre degli scenari molto interessanti per le Pmi italiane orientate all’export.
Per farsi un’idea dei progressi compiuti dalle Filippine nel recente passato è sufficiente osservarne i ritmi di crescita dell’ultimo ventennio che, dopo un +4,5% medio realizzato fra il 2000 ed il 2009, sono saliti fino al +6,4% registrato nel periodo compreso fra il 2000 ed il 2017. E anche lo scorso anno la crescita del Paese dovrebbe essersi attestata, secondo i dati diffusi dal governo locale, intorno al +6,5% − in ribasso rispetto alle aspettative (+6,9%) ma comunque su livelli di assoluto rilievo.
Inoltre, nonostante le incertezze sull’andamento economico globale, l’esecutivo non sembra intenzionato a rivedere al ribasso le ambiziose stime di crescita per il biennio 2019-2020 che indicano un incremento rispettivamente del 7 ed 8 percento. In effetti secondo Coface la crescita dovrebbe rimanere forte anche nel corso di quest’anno spinta soprattutto dai consumi delle famiglie, che rappresentano il 70 percento del Pil nazionale. Proprio al fine di sostenere i consumi privati, minacciati da un sostanzioso aumento dell’inflazione – arrivata a toccare picchi vicini al 7% e spinta in alto dalla crescita dei prezzi dell’energia (importata per l’80%) – è stato anche rinviato di un anno l’atteso incremento delle accise sui carburanti.
In sostanza il governo guidato dal discusso Rodrigo Duterte sembra essere perfettamente conscio di quanto potrebbe essere pericoloso non agire per favorire un ulteriore rafforzamento della domanda interna, sostenuta anche da un vivace mercato del lavoro (tasso di disoccupazione di poco superiore al 5%) e da solide rimesse estere. Va tuttavia evidenziato che il tasso di sottoccupazione rimane elevato (intorno al 20%) e che la dinamica dei salari filippini rimane ancora piuttosto stagnante. La progressione economica filippina, comunque, continua ad essere alimentata anche da una significativa spesa per investimenti, con particolare riguardo a quelli realizzati in attrezzature durevoli e comparto edile, ed al portentoso programma infrastrutturale “Build, Build, Build”. Attraverso tale strumento si dovrebbero infatti investire ben 180 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni al fine di ridurre il gap infrastrutturale delle Filippine nei confronti dei suoi competitor, accrescendone il potenziale di crescita a medio e lungo termine e rendendo di fatto il Paese molto più attraente agli occhi degli investitori esteri.
Un elemento piuttosto sorprendente della crescita economica filippina degli ultimi anni, inoltre, riguarda la sua natura inclusiva che si esemplifica nel calo del tasso di povertà, ridottosi di circa 5 punti percentuali fra il 2006 ed il 2017 ed ora giunto al 21,4%. In più secondo i dati diffusi dalla Banca Mondiale Manila potrebbe accingersi, nel medio termine, a tramutarsi in un Paese a medio-basso reddito ad un Paese a medio-alto reddito. Una previsione che non fa altro che confermare un trend positivo per quello che, di fatto, rappresenta in assoluto uno dei mercati asiatici più interessanti per dimensioni, ampiezza della classe media e preferenze d’acquisto.
Fra i principali elementi di criticità si annovera invece il probabile peggioramento del saldo di bilancio nel 2019: il consistente incremento della spesa pubblica dovuto sia ai maggiori investimenti pubblici in infrastrutture sia a esosi programmi sociali (vaccinazioni infantili, assistenza per famiglie povere, copertura assicurativa sanitaria estesa, istruzione primaria universale) non potrà infatti esser compensato dalla pur ampia riforma fiscale approvata dal governo Duterte lo scorso dicembre.
In aggiunta si segnala il forte calo della popolarità dell’esecutivo Duterte che, nonostante la messa in opera di programmi riformatori non di poco conto, ha dovuto subire gli effetti negativi delle numerose esecuzioni extragiudiziali legate alla droga (5mila morti dal 2016), delle accuse di corruzione contro alcuni suoi alleati e dell’aumento dell’inflazione che ha eroso potere d’acquisto alle famiglie filippine. Ma soprattutto ciò che sembra aver più turbato l’opinione pubblica è la recente crociata intrapresa da Duterte contro la Chiesa cattolica definita una “istituzione ipocrita formata da preti che, per il 90%, sono omosessuali e che dunque non hanno titolo alcuno per professare moralità”. Il Presidente filippino si è spinto a definire i vertici della Chiesa cattolica “inutili” ed ha incredibilmente invitato i fedeli ad ucciderli: “Ammazzate i vescovi, non servono a nulla. L’unica cosa che sanno fare è criticare”.
Per recuperare consenso sembra che il presidente filippino stia accarezzando l’idea di cambiare il nome del Paese ribattezzandolo ‘Maharlika’, una parola locale traducibile come “creato nobilmente”, proposta già avanzata dall’ex dittatore Ferdinand Marcos nel tentativo di imprimere una “svolta nazionalista” che potesse cancellare l’eredità coloniale spagnola (il nome “Filippine” fu scelto nel 16esimo secolo dal re spagnolo Filippo II). La mossa avrebbe l’intento di risvegliare sentimenti nazionalisti negli elettori filippini anche contro l’influenza degli Stati Uniti, che rilevarono il controllo dell’arcipelago dopo una guerra con la Spagna nel 1898.
Rapporti con l’Italia
Le relazioni economiche fra Manila e Roma sono modeste con un interscambio commerciale che, nel 2017, sebbene in aumento, non è stato in grado di raggiungere neanche la cifra simbolica di 1 miliardo di euro. Quello filippino, ad oggi, rappresenta in effetti il 66esimo mercato di destinazione dell’export italiano: un posizionamento non di certo “nobile” che non può che esser migliorato, anche considerando che stiamo parlando di un Paese da quasi 106 milioni di consumatori e quindi impossibile da sottovalutare. Secondo Sace, in effetti, le vendite italiane sono destinate a crescere, da qui al 2021, passando da 669,7 a 941,7 milioni di euro. In conclusione alle aziende italiane interessate a fare business con Manila si consiglia anche la lettura di questo approfondimento che analizza nel dettaglio i settori più interessanti per le Pmi esportatrici del Belpaese.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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