Sono trascorsi quasi 4 mesi dal trionfo di Jair Bolsonaro alle presidenziali brasiliane ed adesso cominciano ad intravedersi le prime bozze di riforma indispensabili per riportare l’economia del colosso sudamericano sui binari di una solida crescita.
Il tempo della propaganda è finito: adesso il Brasile di Bolsonaro deve fare sul serio. Ed in fretta, perché nessuno sa quanto possa durare la luna di miele del “Trump brasiliano” con elettori e (soprattutto) mercati, che hanno concesso sin da subito grande fiducia al neo presidente. L’economia brasiliana in effetti necessita di una scossa dopo un quindicennio di governi di sinistra, targati Lula e Roussef, e la breve esperienza del centrista Temer che hanno distrutto la fiducia degli elettori nelle istituzioni conducendo il Paese sull’orlo del baratro, con il crollo del Pil del biennio 2015-2016 – superiore ai 7 punti percentuali – considerato fra i più pesanti dell’intera storia nazionale.
Mercati ed elettori quindi aspettano alla finestra le prossime mosse del governo che ha promesso maggiore sicurezza sociale, forte taglio degli sprechi e significativi aiuti al mondo imprenditoriale. In tal senso la nomina a ministro dell’Economia dell’ex banchiere Paulo Guedes rappresenta un segnale molto forte per i mercati, anche perché nelle intenzioni del neo ministro ci sarebbe una poderosa opera di privatizzazione con l’obiettivo di portare un po’ di respiro alle casse statali abbattendo, almeno parzialmente, il debito pubblico del Paese, schizzato a circa il 90% del Pil. Fra i principali asset liquidabili figura la compagnia petrolifera Petrobras, di cui lo stato brasiliano possiede le quote di maggioranza relativa (il 32,2%) che, se vendute in toto, garantirebbe un introito di circa 100 miliardi di dollari.
Intanto lo scorso 19 febbraio sono arrivati i dati, diffusi dalla Fondazione Getulio Vargas, relativi alla crescita economica brasiliana dello scorso anno che parlano di un +1,1% (stesso tasso registrato nel 2017). Secondo la Fondazione l’incremento sarebbe stato trainato dal settore dei servizi (+1,3%) e, in misura minore, dal settore agricolo (+0,6%) ed industriale (+0,4%). Tuttavia la performance ufficiale del Pil brasiliano nel 2018 sarà annunciata dall’Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge), il prossimo 28 febbraio.
Nel frattempo il rafforzamento del real degli ultimi mesi e il positivo andamento della borsa di San Paolo dimostrano il sentiment positivo venutosi a creare intorno a Bolsonaro, che però deve agire con risolutezza al fine di non dissipare la fiducia accordatagli. A quanto sembra il presidente avrebbe intenzione di portare a compimento, in tempi brevi, la contestata riforma delle pensioni, variabile che oggi incide per circa il 12% sul totale del Pil brasiliano anche perché, secondo il capo dello stato, “senza una riforma delle pensioni il Brasile rischia di fare la fine del Venezuela”.
Secondo alcuni il presidente avrebbe in mente di alzare l’età pensionabile a 65 anni anche per le donne (dagli attuali 60) lasciando però l’opportunità di accedere alla pensione a tutti i gli uomini in possesso di almeno 35 anni di contributi versati (mentre per le donne sarebbero necessari “solo” 30 anni di contribuzione). Infine gli anni di contribuzione minima per accedere alla pensione di vecchiaia passerebbero da 15 a 20 anni. Quest’impianto, molto meno severo rispetto a quello vigente nella maggior parte dei Paesi Ue, se confermato, produrrebbe risparmi molto consistenti per le casse brasiliane. Inoltre, secondo alcune indiscrezioni, il nuovo esecutivo sarebbe intenzionato ad introdurre uno schema privatistico di versamento dei contributi ispirato al modello cileno, i quali verrebbero investiti dai fondi privati per assicurare ai futuri pensionati assegni mensili capaci di integrare quelli pubblici.
In ogni caso un primo passo concreto verso l’attuazione della riforma è stato compiuto recentemente con l’elezione di due democratas alle presidenze di Camera e Senato, ovvero di due esponenti di un partito alleato del Partido Social Liberal di Bolsonaro che potranno decidere se e quando far esaminare alle rispettive assemblee le varie proposte di legge, comprese quelle in materia di welfare.
In tale contesto anche il Fmi ha speso parole di approvazione nei confronti del piano di riforme di Bolsonaro arrivando a complimentarsi pubblicamente per “il programma di riforme previste dal governo brasiliano in tema economico, che contiene significativi cambiamenti per sostenere la finanza pubblica ed in special modo la riforma previdenziale”. Inoltre l’istituzione internazionale ha diffuso delle previsioni di crescita molto positive per il Paese sia per il 2019 (+2,5%) sia per il 2020 (+2,2%).
Un’altra linea d’azione che il governo Bolsonaro intende adottare è poi quella di mettere in campo provvedimenti che portino ad una maggior attrazione d’investimenti dall’estero che sarebbero utilizzati per ammodernare il sistema infrastrutturale del Paese: nei prossimi mesi saranno infatti messe a gara le concessioni per la gestione di ferrovie, 12 aeroporti e 4 terminali portuari, con investimenti complessivi per circa 2 miliardi di dollari. Prevista infine anche una consistente semplificazione burocratica delle imposte ed una riduzione del tributario sulle imprese, che potrebbe scendere al 20 percento.
Tutte le misure sopra descritte potrebbero però incontrare sulla loro strada alcuni ostacoli fra cui spiccano la significativa frammentazione del Congresso di Brasilia e le possibili rimostranze di una parte dei cittadini brasiliani nei confronti della riforma del welfare state che, storicamente, è un passaggio molto delicato per tutti i governi, specialmente quando si innalzano i requisiti per l’accesso alla pensione. Tuttavia, ad oggi, i presupposti per l’implementazione di un serio e credibile piano riformatore paiono essere piuttosto realistici. Starà ora a Bolsonaro non tradire le attese e le speranze dei mercati e (soprattutto) di quasi 209 milioni di brasiliani.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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