Come confermato dall’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes “Italiani nel mondo” il Paese d’Oltralpe rimane una meta assai ambita per i cittadini italiani intenzionati a trasferirsi all’estero. Sono infatti oltre 12mila le nuove registrazioni presso l’Aire (dati 2018) di cittadini italiani espatriati in Francia, un numero inferiore solamente a Germania (20.007) e Regno Unito (18.517).
Che la Francia non sia il paradiso per i lavoratori sembra essere un’informazione di pubblico dominio ormai da qualche settimana quando la protesta dei “gilet gialli”, esponenti di una classe media che non si rassegna all’impoverimento, ha colto di sorpresa il governo di Macron e lo ha costretto a correggere il tiro rispetto ad alcune misure economiche già deliberate per il 2019.
Da diversi anni in effetti la vita dei lavoratori francesi non è affatto una passeggiata, con tassi di disoccupazione molto alti per una potenza economica del calibro della Francia che rimangono, a fatica, sotto la soglia del 10%.
Insomma prima di decidere di trasferirsi a vivere e lavorare in Francia è bene raccogliere quante più informazioni possibile circa le opportunità offerte dal contesto socio-economico locale, senza lasciarsi ingannare dal fatto che essa rappresenti oggi la quinta potenza a livello globale.
La quotidianità in Francia è quindi più complicata di quanto si possa immaginare, specialmente nell’ultimo periodo in cui la qualità della vita dei residenti ha dovuto subire il peso dei numerosi attentati che hanno sconvolto il Paese.
Documenti necessari
Tuttavia qualcosa di semplice per chi vuole trasferirsi in Francia c’è: per traslocare all’ombra della Torre Eiffel è infatti sufficiente essere in possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità. Se poi si decide di rimanere nel Paese per un periodo di tempo superiore ai dodici mesi è necessario effettuare l’iscrizione all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, entro 90 giorni dall’avvenuto trasferimento.
Dopo aver trovato lavoro sarà poi necessario procedere all’apertura di un conto corrente bancario sul quale farsi accreditare il proprio stipendio. Per aprirlo, oltre ad un documento di riconoscimento, sarà necessario fornire anche una prova di residenza (Justificatif de domicile) ovvero un contratto d’affitto o l’intestazione di un’utenza. Fra l’altro, coloro che fossero interessati ad ottenere la residenza in Francia, devono tener presente che essa si può ottenere solo presentando alle autorità francesi un contratto d’affitto intestato a proprio nome.
Nel caso in cui invece si volesse aprire un conto corrente bancario mantenendo la residenza fiscale in altri Paesi sarà necessario presentare cinque documenti: 1) Documento di identità; 2) Tessera sanitaria; 3) Certificato di residenza rilasciato dal relativo comune italiano; 4) Prova domiciliare come fattura di un’utenza; 5) Copia dell’ultima dichiarazione dei redditi.
Infine è anche bene sapere che in Francia lo Stato non copre tutte le spesa a livello sanitario e, sebbene la maggior parte dei datori di lavoro assicurino ai propri dipendenti un certo livello di protezione (anche se non è obbligatorio), è opportuno mettere in conto di dover stipulare un’assicurazione sanitaria privata, per una spesa che oscilla tra i 600 e gli 800 euro annui.
Importantissimo è comunque ottenere la Carte Vitale, il corrispettivo della nostra tessera sanitaria, necessaria per svolgere visite mediche, interventi ed acquistare farmaci accedendo ai rimborsi statali. La richiesta per la Carte Vitale può essere fatta o attraverso il datore di lavoro oppure autonomamente presentandosi ad una Caisse d’assurance Maladie (CPAM) con i seguenti documenti:
• Documento di identità;
• Atto di nascita su formulario plurilingue;
• Giustificativo di domicilio;
• Documenti attestanti i redditi percepiti negli ultimi 3 mesi ed il rapporto di lavoro.
Opportunità di lavoro
Fra gli aspetti più positivi di trasferirsi a lavorare in Francia c’è che nel Paese esiste una legge sul salario minimo, che riconosce a ciascun lavoratore un importo minimo di 10 euro l’ora. Visto e considerato che la settimana lavorativa francese è, nella maggior parte di casi, di 35 ore settimanali lo stipendio minimo di un lavoratore francese è di circa 1500 euro mensili, cifra non sempre raggiungibile per un lavoratore italiano, specialmente se poco o per nulla qualificato.
Va però specificato che, in generale, la vita in Francia è più costosa rispetto al Belpaese con alcune realtà – fra le quali spicca l’affascinante ed ambita Parigi – che mantengono dei prezzi medi proibitivi per chi può contare su di un introito mensile medio-basso e non ha la fortuna di possedere un immobile di proprietà. Inoltre le garanzie per prendere un immobile in affitto sono abbastanza rigide: quasi tutti i proprietari di appartamenti, oltre ad un contratto di lavoro, richiedono infatti il versamento di 3 mensilità come caparra.
Detto ciò le opportunità lavorative in territorio transalpino sono buone soprattutto per lavoratori qualificati che operino in alcuni specifici settori (energetico, aereonautico, elettronico, bancario-assicurativo e medico) ma i comparti migliori per cercare lavoro in Francia rimangono: biotecnologie, nanotecnologie, eco-tecnologie, energie rinnovabili, edilizia (gli architetti sono molto considerati, a differenza dell’Italia) ed economia digitale.
Se invece non si possiedono particolari qualifiche il settore più aperto all’ingresso di lavoratori stranieri rimane quello del food&beverage (partendo dal cameriere arrivando fino allo chef), anche perché gli italiani conservano un’ottima nomea in questo settore.
Fare impresa in Francia
Trasferirsi in Francia con l’idea di fare impresa è un’altra opzione che l’expat italiano dovrebbe valutare con attenzione, anche considerando che il Paese offre un ambiente di business interessante e meno complesso di quello italiano. Oggi la Francia si posiziona infatti al 32esimo nel ranking Doing Business 2019 pubblicato dalla Banca Mondiale, più indietro rispetto a Regno Unito (9°), Germania (24°) e Spagna (30°) ma ben più avanti rispetto al Belpaese, che si trova solamente in 51esima posizione.
Sebbene l’aliquota standard francese sia fissata al 33,33% dalla base imponibile è possibile dedurre molte voci di spesa inerenti allo svolgimento dell’attività d’impresa fra cui interessi passivi, royalties, provvigioni passive, remunerazioni pagate ai lavoratori e agli amministratori e spese promozionali.
Attenzione però perché i veri vantaggi per gli aspiranti imprenditori italiani che intendono tentare la fortuna in Francia sono relativi all’avvio di start up, che godono di una tassazione agevolata e di diverse facilitazioni. Inoltre l’attuale presidente Macron ha dimostrato di puntare con decisione sull’innovazione istituendo un fondo da 10 miliardi di euro con l’obiettivo di supportare le giovani imprese.
In generale si segnalano alcune interessanti agevolazioni fra cui:
- Il Credito d’Imposta per la Ricerca destinato a aziende industriali, commerciali o agricole pari al 30% sulle spese fino a 100 milioni di euro e del 5% sull’eccedenza. Inoltre il credito d’imposta è raddoppiato per i soggetti con alta specializzazione;
- Il Credito d’Imposta per l’Innovazione che fornisce alle Pmi con meno di 250 dipendenti e con fatturato inferiore a 50 milioni di euro un credito d’imposta del 20% (con un tetto massimo di 400mila euro l’anno) sulle spese relative alla realizzazione di prototipi o installazioni pilota di nuovi prodotti;
- Il Jeune Entreprise Innovante attivo dal 2004 che finanzia la creazione di PMI attraverso sgravi contributivi e fiscali come esenzione totale della tassazione degli utili nel primo anno di attività, riduzione al 50% negli anni successivi e esenzione totale di alcuni contributi sociali a carico del datore di lavoro. Tali agevolazioni si applicano però solo alle Pmi costituite da meno di 8 anni che investono in R&S almeno il 15% delle spese fiscalmente deducibili;
- il Jeune Entreprise Universitaire che offre vantaggi paragonabili a quelli del Jeune Enterprise Innovante ma ad aziende la cui attività prevalente sia la valorizzazione dei lavori di ricerca realizzati durante gli studi e la cui proprietà sia almeno per il 10% di studenti (o diplomati con master o dottorato da meno di 5 anni).
Inoltre si segnala che in Francia esistono corposi incentivi per chi investe in startup e PMI innovative, che prevedono l’abbattimento del 50% delle tasse se la partecipazione viene mantenuta per almeno un anno, del 65% se la partecipazione è superiore a 4 anni e dell’85% se supera 8 anni.
Infine va segnalata fra i vantaggi anche la velocità con cui si può creare un’impresa in Francia (4 giorni e mezzo stando ad i dati di Ubifrance) contro i 6 giorni del Regno Unito ed i 15 della Germania. Insomma per chi vuole fare impresa in Francia le opportunità e le agevolazioni sono veramente numerose (!), anche se è bene ricordare che vivere ed integrarsi in Francia senza un’adeguata conoscenza della lingua francese è praticamente impossibile e dunque chi parte conoscendo solo l’inglese dovrà mettere in conto di rimettersi (almeno per un periodo) sui libri. Da quel che sembra però potrebbe valerne davvero la pena!
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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