Etiopia, il riformismo africano riparte da Addis Abeba

Etiopia, il riformismo africano riparte da Addis Abeba

07 Gennaio 2019 Categoria: Focus Paese Paese:  Etiopia

Il Paese dell’Africa Orientale sembra essere giunto ad un punto di svolta, soprattutto per merito di un primo ministro che sta dimostrando capacità riformiste non comuni all’interno del “Continente Nero”.

Economia

La forza impetuosa dell’economia etiope è una realtà assodata ormai da molti anni, tanto che i tassi di crescita medi registrati nell’ultimo decennio si sono attestati intorno al +10% annuo. Per questo la crescita del 2018, +8,5%, non ha impressionato osservatori ed esperti che invece sottolineano la mancanza di equità nella distribuzione della ricchezza prodotta.

Negli ultimi decenni infatti a trarre beneficio dal progresso economico del Paese africano è stata solamente una piccola parte della popolazione etiope che, in larga parte (circa 1/3), vive ancora al di sotto della soglia di povertà.

L’economia locale necessiterebbe quindi di una forte spinta innovativa che dovrebbe obbligatoriamente coinvolgere il settore agricolo, sia per il peso relativo che esso mantiene nell’ambito della formazione del prodotto interno lordo etiope (circa il 50%) sia per le enormi potenzialità ancora inespresse.

Effettivamente la rilevanza del settore agricolo nell’economia etiope ha portato alla decisione di mettere a disposizione delle imprese straniere che formino joint venture con partner etiopi crediti agevolati e terreni, ottenibili in concessione dallo Stato a basso costo e per periodi lunghi.

Tali agevolazioni sono state promosse nell’ambito del Growth and Trasformation Plan (Gtp), piano quinquennale di sviluppo lanciato nel 2010 e giunto ora alla sua seconda edizione. Il Gtp punta quindi moltissimo sul settore primario per riuscire a realizzare l’obiettivo di trasformare l’Etiopia in un Paese a medio-basso reddito entro il 2025, annuo in cui si concluderà la terza “edizione” del piano.

Tuttavia bisogna essere chiari: molti Paesi in via di sviluppo hanno il proprio piano di crescita (ognuno coniugato in base alle specificità nazionali) anche se i casi di successo non sono così frequenti. Avere quindi la volontà di sostenere una crescita economica rapida, ampia e inclusiva e che acceleri la trasformazione economica ed il cammino verso la rinascita del Paese non è un’idea poi così rivoluzionaria.

Tuttavia, secondo il Fmi, la situazione etiope è in forte miglioramento e ciò sta producendo un elevato afflusso di capitali dall’estero, elemento vitale per permettere ad Addis Abeba di proseguire il proprio cammino di crescita specialmente nel comparto manifatturiero, infrastrutturale e nel terziario.

Fra i principali investitori del Paese spicca la Cina che, attraverso ingenti investimenti ha già finanziato la costruzione di numerose infrastrutture (dighe, linee ferroviarie, metropolitane ed autostrade) con l’intento di agevolare il commercio con l’Etiopia, promuovendo lo sviluppo del Paese. Questo tipo di politica, certamente meno aggressiva e forse anche più prosaica rispetto alla semplice erogazione di fondi portata avanti da buona parte del mondo occidentale, conserva però alcune storture fra le quali spiccano le espropriazioni di terreni a contadini o piccoli proprietari (la legge etiope afferma che le terre appartengono allo Stato che può decidere liberamente a chi darle in affidamento). Ciò ha seminato rabbia e rancore in alcune classi sociali e ha reso il Paese un potenziale ricettacolo di estremisti islamici.

Politica

Il principale motivo per il quale il clima politico etiope è considerato positivamente dalle più importanti istituzioni internazionali ha un nome ed un cognome: Abiy Ahmed, primo ministro dal 2 aprile 2018. In meno di un anno però il 42enne, salito al potere dopo 3 anni di proteste da parte dell’etnia orobo (l’etnia maggioritaria ma più marginalizzata del Paese), è riuscito ad imprimere un’impronta molto interessante al riformismo etiope tentando di mescolare pace con stati terzi, riconciliazione interna, democrazia e rispetto dei diritti umani.

Fra le misure più importanti ci sono infatti la recente pace firmata con l’Eritrea che chiude uno stato di guerra che durava da oramai vent’anni ed il rilascio di moltissimi prigionieri politici, oltre alla legalizzazione dei gruppi d’opposizione. Ma fra le riforme più importanti si annovera anche la liberalizzazione di alcuni settori dell’economia nazionale e la privatizzazione di alcune imprese statali come l’Ethiopian Airlines, la compagnia aerea di bandiera, da tempo in forte crescita.

Diversi analisti ritengono che il nuovo corso etiope potrebbe essere così incisivo da riuscire a ridefinire la politica dell’intera regione del Corno d’Africa, una delle più instabili di tutto il continente.

Rapporti con l’Italia

I rapporti sull’asse Roma-Addis Abeba sono buoni anche se nei primi 9 mesi del 2018 l’export italiano si è contratto sensibilmente (-25,8%) passando da 217 milioni di euro registrati nello stesso periodo dell’anno precedente a 161 milioni. Ma a quasi inevitabile frenata del 2018 dovrebbe però seguire un incremento dell’export nostrano superiore al 3,2% nel 2019, con meccanica strumentale ed apparecchi elettrici continueranno a trainare le vendite italiane in Etiopia, pesando per circa il 50% sul totale delle esportazioni.

In ogni caso l’interesse italiano nei confronti del Paese africano rimane evidente come dimostrato dalla recente visita del premier Conte ad Addis Abeba, primo premier europeo a recarsi nel Paese dopo la storica firma della pace con l’Eritrea del 16 settembre scorso.

Infine c’è da dire che sebbene si possa senza dubbio approfondire la collaborazione italo-etiope ci sono già alcune importanti imprese italiane che hanno contribuito alla realizzazione di opere fondamentali per completare l’elettrificazione del Paese e per trasformare l’Etiopia nel polmone energetico dell’Africa. In questo senso gli obiettivi di Addis Abeba sono infatti molto ambiziosi dal momento essa mira a diventare, entro il 2025, la prima nazione africana “carbon free”. Ma la rinnovata attenzione italiana nei confronti del Paese africano ha anche un’altra motivazione: da questa regione, infatti, arrivano quasi il 25% degli uomini e donne che tentano di raggiungere la Libia e successivamente l’Italia e, come è noto, il governo giallo-verde ha investito molto del suo capitale politico nel tentativo di ridurre gli arrivi di cittadini stranieri irregolari nel Belpaese. Un buon rapporto con l’Etiopia quindi può essere quindi strategico per il governo italiano per implementare le politiche promesse ai cittadini in tema di flussi migratori ed agevolerebbe l’esecutivo nel mantenere su buoni livelli il proprio consenso in patria.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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