Il rapporto Migrantes 2018 offre una nuova preoccupante fotografia della situazione italiana: nel 2017 i nuovi iscritti all’AIRE sono stati 243mila, di cui oltre la metà sono expat (il 37,4% giovani tra i 18 ed i 34 anni). E se fino al 2002 il 51% degli espatriati con più di 25 anni aveva solo la licenza media, ora quasi il 30% è laureato…
La fondazione Migrantes sta presentando in questi giorni il “Rapporto italiani nel mondo 2018”. Dal 2006 al 2018 gli italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani residenti all’estero) sono passati da 3,1 milioni a più di 5,1 milioni con una crescita del 64,7%. Tenendo conto anche delle cancellazioni, nel 2018 la comunità italiana all’estero è cresciuta di oltre 140mila unità con un aumento del 2,7%, rispetto al 2017, e del 6,3% su base triennale.
L’Europa accoglie il 54,1% dei cittadini italiani che decidono di abbandonare il Belpaese, seguita dal Continente americano con il 40,3%: le comunità più numerose si trovano in Argentina (819.899 iscritti), Germania (743.799), Svizzera (614.545), Brasile (415.933) e Francia (412.263). Storicamente il fenomeno riguarda principalmente il Sud e le isole (49,5%) e, solo in misura inferiore, settentrione (34,9%) e Centro (15,6%).
Ma il dato del 2017 vede il maggior numero di migranti provenienti da Lombardia (+23.519 nel 2017), Veneto (+17.415), Emilia Romagna (+12.912), Sicilia (+11.912) e Piemonte (+11.227). Per quanto riguarda le classi di età degli italiani iscritti attualmente all’AIRE il 15% sono minori, il 22,2% hanno tra i 18 ed i 34 anni, il 23,4% tra i 25 ed i 49 anni, il 19,1% tra i 50 ed i 64 anni, mentre gli over 65 sono il 20,3% del totale.
I dati dello scorso anno
Da gennaio a dicembre 2017 i nuovi italiani iscritti all’AIRE sono stati 243mila di cui il 52,8% per espatrio, il 36,2% per nascita, il 6,3% per re-iscrizione da irreperibilità, il 3,7% per acquisizione di cittadinanza e l’1% circa per trasferimento dall’AIRE di altro comune. Il dato interessante riguarda quello degli espatriati, ovvero 128.139 italiani che hanno spostato la propria residenza oltre i confini nazionali (+3,2% rispetto all’anno precedente).
Crescono in particolare i nuclei familiari che decidono di trasferirsi all’estero (Francia in primis) viste le iscrizioni all’AIRE di 24.570 minori (19,2% del totale) di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e ben l’11,5% meno di 10 anni.
La classe più rappresentata è quella dei giovani tra i 18 ed i 34 anni composta da oltre 48.000 unità, ovvero il 37,4% degli espatriati. Un altro 25% è composto dai giovani adulti (35-49 anni).
Il primato regionale spetta alla Lombardia con 21.980 partenze per motivi di espatrio, mentre Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le principali province di provenienza. Tra le destinazioni principali del 2017 si segnalano l’Europa (70%) e l’America (22,2%), in particolare Brasile (+9.016) ed Argentina (+5.458). La Germania (+20.007) torna ad essere la meta preferita degli expat italiani, seguita da Regno Unito (+18.517), Francia (12.870) e Svizzera (+11.931). Tuttavia, con oltre 6mila arrivi in meno rispetto al 2016, il Regno Unito ha fatto registrare un decremento del 25,2% dovuto principalmente all’effetto Brexit, mentre sono cresciute esponenzialmente altre mete fra cui Portogallo, Brasile, Spagna ed Irlanda.
L’emorragia di giovani continua
C’è da dire che i dati analizzati in questo articolo sono basati sull’effettiva iscrizione all’AIRE che non è obbligatoria: si calcola che in realtà il numero di expat nel 2017 sia stato più del doppio, ovvero 285.000 unità (cifra superiore agli abitanti di Verona o Messina) .
E’ poi triste constatare che solo 1/3 degli espatriati fa poi ritorno in Italia e ciò contribuisce ad affossare il tasso di natalità nel Belpaese in continua diminuzione: nel 2017 sono venuti alla luce 458.151 bambini (record storico in negativo), ovvero 15mila neonati in meno rispetto al 2016.
Ed il dato più preoccupante riguarda sicuramente i tanti giovani e le famiglie che scelgono di trasferirsi all’estero: infatti ben 48.000 sono in nuovi iscritti all’AIRE di età compresa tra i 18 ed i 34 anni. E se fino al 2002 il 51% degli emigrati con più di 25 anni aveva la licenza media, ora quasi il 30% sono laureati. Si tratta di risorse che vanno a impoverire il tessuto economico del Belpaese: la partenza di un laureato equivale ad un perdita di 164.000€ investiti dallo Stato in formazione, cifra che sale a 228.000€ per un ricercatore (dati OCSE).
Ma la cosa più preoccupante è da rintracciare nei motivi del trasferimento che secondo il Rapporto Migrantes sono principalmente la “ricerca di indipendenza economica e di una occupazione a necessità di ordine sentimentale e/o culturale, dal bisogno di sentirsi professionalmente realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita, dal voler confrontarsi con altre realtà al rifiuto di un sistema nazionale, quello italiano per l’appunto, in cui non ci si identifica più”.
Insomma un quadro negativo e preoccupante con l’Italia che ogni anno vede partire migliaia di risorse alla ricerca di un futuro migliore, evidenziando una palese difficoltà ad evitare questa fuga. Una vera e propria emorragia che ha come unico effetto quello di arricchire il PIL di altri Paesi a discapito degli investimenti in formazione fatti dal Belpaese.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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