Il Paese latinoamericano vive un momento di forte rafforzamento della propria economia anche se, nonostante i sensibili miglioramenti registrati negli ultimi vent’anni, la percentuale di peruviani che vive al di sotto della soglia di povertà sfiora il 23%.
Economia
Più investimenti privati e consolidamento della domanda interna: sono queste le due ragioni che hanno portato il Ministero dell’Economia peruviano a rivedere al rialzo le previsioni di crescita del Paese andino che, nel 2018, dovrebbe veder aumentare il proprio Pil del 4%. Tale trend, inoltre, dovrebbe essere confermato anche nei prossimi anni con una crescita che continuerebbe a rafforzarsi sia nel 2019 (+4,2%) sia nel periodo 2020-2022 (+4,8%).
Insomma il Perù sembra andar incontro ad anni positivi e colmi di speranza, soprattutto per l’ancora amplissima fascia di popolazione che continua a versare in condizioni di povertà e precarietà. La “Terra degli Incas” rimane infatti un regno di diseguaglianza economica e sociale nel quale sognare un futuro migliore è così complicato da indurre molti ad abbandonare il Paese in cerca di nuove opportunità. Ancora oggi in Perù convivono drammaticamente fasce di popolazione profondamente diverse che conducono stili di vita completamente opposti. C’è poi anche la questione della localizzazione della povertà, molto più pronunciata nelle aree rurali ed extra-urbane (dove supera il 40%) rispetto a Lima, dove “solo” il 13% della popolazione versa in condizioni di povertà.
Comunque il periodo più nero per l’economia peruviana – caratterizzato da iperinflazione (fra luglio ed agosto del 1990 il tasso toccò il 5% giornaliero) e scarsità di prodotti basici – è alle spalle anche se l’adozione di un modello di politica economica neo-liberale non è tuttavia riuscita a promuovere uno sviluppo equo ed inclusivo.
Tuttavia è proprio a partire dagli anni ’90 che, seppur in modo altalenante, la situazione cominciò a cambiare ed il Perù iniziò ad uscire dal sostanziale isolamento internazionale in cui era piombato, riuscendo anche ad evitare il contagio della crisi economico-finanziaria di fine anni 2000 tanto che nel quinquennio 2008-2012 il Paese crebbe a ritmi elevatissimi (tasso medio +6,5%).
Oggi il Pil peruviano cresce meno di qualche anno fa e, sebbene appaia difficile che possa tornare a toccare le vette del passato (nel 2008 arrivò al +9,8%), va ricordato che le sue performance rimangono decisamente migliori della media degli Stati dell’area che, secondo il Fmi, crescerà del +2,2% nell’anno in corso.
Fra i problemi più evidenti spicca il lavoro, con un tasso di disoccupazione non elevato (vicino al 7%) ma in forte crescita rispetto a pochi anni fa e con una cospicua percentuale di lavoratori che non possiede alcun tipo di contratto.
Politica
Alla guida del Paese c’è, da marzo 2018, Martín Vizcarra, subentrato a Pedro Pablo Kuczynski – eletto a giugno 2016 – ma costretto alle dimissioni dopo le accuse di corruzione derivanti dallo scandalo Odebrecht, nato in Brasile da un’inchiesta sul riciclaggio di tangenti e giunto a coinvolgere buona parte degli ex vertici della politica peruviana. Il compito più arduo per Vizcarra sarà proprio far riconquistare alla classe politica locale una certa credibilità agli occhi degli elettori, profondamente delusi dallo scandalo.
Inoltre, dal momento che l’economia peruviana è fortemente dipendente dall’export di Oil&Gas (e di altri prodotti come zinco e rame), la recente stabilizzazione verso l’alto del prezzo del petrolio ha sì fornito una boccata d’ossigeno all’ex colonia spagnola ma la lascia comunque sguarnita dinanzi ad eventuali nuovi cadute nelle quotazioni petrolifere. Fra i principali fattori di preoccupazione vi è poi l’andamento dell’economia cinese, partner di fondamentale importanza per il Perù e principale mercato di sbocco dell’export locale.
Fra le principali promesse del neo-presidente spiccano poi un forte impegno a contrastare il cambiamento climatico e la promozione di una crescita economica più omogenea, che non riguardi solamente la capitale del Paese ma che abbia a cuore anche e soprattutto le zone più periferiche.
Infine a livello internazionale Vizcarra ci ha tenuto a sottolineare la propria avversità al governo Maduro non riconoscendo il risultato delle elezioni venezuelane di maggio 2018 e nel contempo promuove con entusiasmo l’Alleanza del Pacifico, l’organizzazione nata con l’obiettivo di favorire una cooperazione rafforzata fra i Paesi latini più liberali, che ha recentemente accolto in qualità di “associated members” Canada, Singapore, Nuova Zelanda e Australia.
Opportunità per il Made in Italy
I rapporti commerciali fra Roma e Lima sono ottimi e si esemplificano in un interscambio che, nel 2017, ha sfiorato quota 1,2 miliardi di euro. I prodotti italiani maggiormente acquistati dal Perù sono di gran lunga macchinari, apparecchiature e beni rientranti sotto la voce “Altri mezzi di trasporto” vale a dire navi e imbarcazioni, locomotive e materiale rotabile, aeromobili e veicoli spaziali e mezzi militari.
Che le prospettive per un’ulteriore penetrazione dell’export Made in Italy a Lima e dintorni siano buone è confermato da Sace che prevede una crescita media delle vendite di prodotti italiani in Perù del +5,6% annuo, da qui al 2021. I settori che dovrebbero trainare questo incremento saranno mezzi di trasporto (9,2%), chimica (3,6%) e meccanica strumentale (+2,2%) anche se è bene far presente alle aziende italiane anche che si prevede un incremento della domanda di forniture estere da parte del Perù di metalli (+6,3%), food&beverage (5,6%) e tessile/abbigliamento (5,4%).
In assoluto l’appeal del Perù agli occhi delle imprese straniere rimane elevato per una serie di motivazioni fra cui spiccano, come evidenziato da Sace, il “recente impegno politico verso un maggiore sfruttamento delle risorse naturali” e “la ripresa della spesa pubblica mirata al miglioramento della dotazione infrastrutturale del Paese”.
Il Paese latinoamericano ha quindi tutte le potenzialità per proseguire nel percorso di sviluppo intrapreso anche se per compiere il salto di qualità non potrà fare a meno, nei prossimi anni, di una classe politica seria e lungimirante capace di mettere in campo politiche utili e sostenibili.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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