“I newyorkesi camminano più in fretta, parlano più in fretta, pensano più in fretta. Non è necessario esserci nati per essere newyorkesi, ma dopo sei mesi tu camminerai parlerai e penserai più in fretta. E da quel momento anche tu potrai considerarti newyorkese”. Questa frase di Edward Koch racchiude l’essenza di New York, la città dove tutto è davvero possibile tra gli infiniti grattacieli e sogni mai troppo grandi. Tra i tanti italiani che popolano la Grande Mela vi è Piero Armenti, fondatore de “Il Mio Viaggio a New York” che, in pochi anni, è diventato il punto di riferimento per i turisti provenienti dal Belpaese. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo, visto anche il grande successo ottenuto sui social network confermato dai numerosi ed attivissimi follower: ad oggi se ne contano 890.000 su Facebook e 159.000 su Instagram.
Piero, ci racconti innanzitutto il tuo percorso?
Ho studiato Giurisprudenza a Salerno, ma ho abbandonato questo percorso dedicandomi all’affascinante tema del viaggio. Sono dunque partito per Caracas con l’idea di restare per 3 mesi che alla fine sono diventati 5 anni. Ho intrapreso la strada del giornalismo collaborando con Panorama: in America Latina avevo una vita leggera e piena di emozioni. Poi però il richiamo dell’Italia è stato forte: tornato a Napoli ho concluso un dottorato in cultura ispanoamericana all’Università Orientale e a 30 anni sono finalmente salito su un aereo di sola andata per New York. Da giornalista sono diventato “urban explorer” coltivando la mia curiosità e raccontando la Grande Mela attraverso filmati amatoriali ed esperienze in diretta sfruttando gli strumenti messi a disposizione dai social che mi hanno permesso di raggiungere agevolmente migliaia di persone in ogni angolo del mondo.
Che cos’è “Il Mio Viaggio a New York”?
Siamo un tour operator ricettivo, organizziamo attività turistiche a New York e anche nel resto degli Stati Uniti, tra cui per esempio il tour delle terrazze panoramiche di Manhattan. Siamo nati da una pagina Facebook, con cui ho iniziato a raccontare la città. New York è una città estremamente amata dagli italiani e per questo è facilissima e bellissima da raccontare. Poi abbiamo aperto il nostro ufficio a quattro minuti da Times Square e siamo così diventati un vero e proprio punto d’assistenza per i turisti italiani che ci vengono a trovare. Offriamo di tutto: dai biglietti per salire sull’Empire State Building, agli show di Broadway.
Quali consigli daresti alle persone che intendono investire o trasferirsi a New York per lavoro?
Secondo me ne vale la pena sia per lavoro che per investire perché New York non è una semplice città ma è un marchio associato alla grandezza ed al successo. Fare un’esperienza di lavoro a New York è qualcosa che ti porti con te, nel tuo curriculum, per sempre. Allo stesso modo investire a New York denota grande ambizione, che è una dote necessaria per chi fa impresa. Però prima di tutto io vi consiglio di venire qua per conoscerla e poi capirla. Alcuni ci mettono cinque minuti, a volte invece ci vuole più tempo. Bisogna entrare nello spirito di questa città.
Cosa ti ha insegnato New York?
Mi ha insegnato a guardare avanti, non perder troppo tempo a rimuginare sugli errori passati. Non farsi troppe domande, ma sperimentare, provare, tentare nuovi cammini. Mi ha insegnato che i problemi vanno risolti senza fare troppa filosofia, ma in maniera pragmatica e che ogni risultato nella vita è temporaneo, non esiste nulla di acquisito perché se molli un attimo la presa, qualcuno da dietro ti scavalca. New York è un campo di battaglia in cui devi lottare.
Quali sono le principali difficoltà per un italiano che vuole vivere e fare business negli Stati Uniti?
Per chi vuole lavorare qui serve solamente il visto, neanche la conoscenza della lingua è fondamentale perché quella si può imparare senza troppi problemi. Tuttavia per chi vuole fare business spesso manca una concreta conoscenza dei meccanismi di New York e della concorrenza. Per esempio sono già in tanti che esportano prodotti enogastronomici a New York, quindi può sembrare saturo come mercato. Ma stiamo parlando di un mercato molto aperto alle novità, quindi c’è ancora spazio per qualcosa di nuovo. Potrebbe aver senso concentrarsi su piccole nicchie di mercato: se dovessi investire io, lo farei sulla pasta fatta in casa newyorkese.
Il prossimo obiettivo?
Mi piacerebbe vivere in un’altra città ed imparare una nuova lingua. Parigi ed il francese mi attirano da sempre, ma vado avanti con il mio sogno da emigrante con la valigia di cartone qui negli Stati Uniti. Sto pensando di scrivere un libro su New York, per ora siamo concentrati sul settore degli hotel con il portale “Il mio Hotel”. Nel breve termine apriremo anche a Miami, meta prediletta da tanti italiani, ma ho anche altri progetti in mente anche se per il momento non voglio ancora parlarne!
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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