Le prospettive per il Paese sudamericano sembrano finalmente tornate ad un buon livello ma per coniugare solidità economica e prosperità sociale è assolutamente necessario ridurre la dipendenza dal petrolio e riconvertire le piantagioni di cocaina.
Economia
Nel 2018 l’economia colombiana, dopo un triennio di decelerazione, invertirà la propria rotta anche grazie all’elezione di Iván Duque, nuovo presidente della repubblica (eletto a giugno 2018 ma in carica dallo scorso 7 agosto), che ha sconfitto il progressista Gustavo Petro ottenendo il 54% dei consensi. Il programma di Duque sembra infatti molto orientato a favorire le imprese attraverso l’introduzione di sostanziosi sgravi fiscali, che dovrebbero incrementare l’appeal della Colombia agli occhi degli investitori internazionali.
Le buone aspettative sull’andamento dell’economia colombiana sono confermate non solo dalle previsioni di crescita del Fmi per l’anno in corso (+2,7%) e per il 2019 (+3,6%) ma anche dall’inaugurazione di una nuova linea di credito internazionale (Flexible Credit Line) che tutelerà il Paese in caso di eventuali crisi, mettendo a disposizione circa 11,5 miliardi di dollari in due anni.
Inflazione in diminuzione, apprezzamento del peso colombiano e riduzione del deficit nelle partite correnti: quasi tutti i principali indicatori economici sembrano sorridere a Bogotà, eccezion fatta per il tasso di disoccupazione registrato in salita dal 9,9% del 2016 al 10,5% del 2017.
Tuttavia bisogna sottolineare che la stretta correlazione fra l’apprezzamento della valuta locale e la crescita del prezzo del petrolio rimane un fattore di rischio per i conti colombiani che infatti solo oggi sembrano riemergere definitivamente dalle enormi difficoltà provocate dal crollo del prezzo del petrolio del 2014.
Politica
Un’altra parola chiave quando ci si riferisce alla Colombia è, purtroppo, narcotraffico.
Nell’agosto del 2016 il processo di pacificazione con i guerriglieri delle Farc ha finalmente prodotto un risultato tangibile ma ancora troppo fragile perché moltissimi cittadini colombiani guardano con insofferenza all’accordo siglato dall’ex presidente e premio Nobel per la pace Juan Manuel Santos con il generale della guerriglia Timochenko.
In aggiunta va ricordato che il processo di pace non può dirsi del tutto esaurito dal momento che ci sono circa 400 guerriglieri che rifiutano gli accordi sottoscritti.
Inoltre l’intesa se da un lato ha avuto il grande merito di porre fine ad oltre mezzo secolo di guerra civile (che ha prodotto più di 200mila vittime) dall’altro ha indispettito molti colombiani che ritengono ingiusto il trattamento riservato agli ex 12mila guerriglieri, riusciti ad ottenere condizioni di reinserimento sociale assai vantaggiose.
Anche per questo probabilmente alle elezioni presidenziali la vittoria è andata a Duque, che si è dichiarato intenzionato a rivedere i termini dell’accordo.
Si deve poi sottolineare che, da quando il processo di pace ha preso piede, la produzione di cocaina in Colombia è aumentata sensibilmente ed è questo uno dei principali elementi di criticità su cui la classe dirigente del Paese dovrebbe incidere con maggiore urgenza. Per provarci è stata varata una importante riforma agraria che dovrebbe spingere la riconversione delle piantagioni di coca in cacao e caffè attraverso l’assegnazione di territori ai contadini che saranno affiancati nella creazione delle nuove colture ed attraverso la realizzazione di infrastrutture che rendano più facilmente accessibili coltivazioni.
Rapporti con l’Italia
Nel 2017 l’interscambio commerciale fra Roma e Bogotà è stato di circa 1,2 miliardi di euro, con una bilancia commerciale registrata in sostanziale equilibrio. I prodotti Made in Italy più richiesti in Colombia sono macchinari, prodotti farmaceutici e chimici, apparati e materiale elettrico, strumenti ottici e fotografici. D’altra parte le principali voci dell’import italiano sono combustibili e olii minerali, prodotti ortofrutticoli, caffè, erbe e spezie varie.
L’export italiano – stimato in 590 milioni di euro annui – dovrebbe crescere ad un buon ritmo nel prossimo futuro (+5,5%) tanto che Sace ha deciso di inserire la Colombia fra le 5 “nuove promesse” sui cui le imprese italiane esportatrici dovrebbero puntare.
Inoltre anche gli investimenti da parte delle imprese italiane in Colombia sono registrati in forte aumento (circa 115 milioni di dollari nel 2017, cifra quasi quadruplicata rispetto al 2016) anche per via degli incentivi per l’insediamento delle imprese introdotti da Bogotà. Fra questi rientrano anche la creazione di zone franche in sui si produce pagando una flat tax del 20% oltre a esenzioni da Iva e dazi di import-export.
Infine oltre a infrastrutture, tessile, farmaceutico – secondo Sace – fra i principali settori d’opportunità nei prossimi anni (2018-2021) vi sono food&beverage (+4,6%), gomma e plastica (+4,4%), chimica (+4,4%) e meccanica strumentale (+4%).
In conclusione si ricorda che a livello politico Italia e Colombia hanno concluso, negli ultimi anni, una serie di accordi come l’Accordo sulla Doppia Imposizione, il Memorandum d’Intesa sulle risorse energetiche ed un accordo di libero scambio in vigore ormai dal 2013.
Tutto ciò ha portato molti colossi italiani di diversi settori (Ferrero, Barilla, Illy, Saipem, Fiat, Piaggio, De Longhi, Zambon, Menarini, Scavolini, Natuzzi, Benetton, Ferragamo e moltissimi altri) a puntare sull’espansione commerciale a Bogotà e dintorni. Tuttavia va evidenziato che ci sono anche tante Pmi che hanno messo gli occhi sulla Colombia, attratte da una manodopera locale estremamente qualificata (la seconda del Sudamerica) e dall’esistenza di una solida infrastruttura 4G.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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