Il Paese non è solamente una delle mete più ambite dai vacanzieri di mezzo mondo per le sue spiagge meravigliose ed il caldo clima tropicale, ma rappresenta anche una realtà in forte progresso economico sulla quale molte PMI, anche italiane, farebbero bene ad investire senza troppi indugi.

Il 2017 è stato un anno importante per l’economia della Repubblica Dominicana, riuscita a dimostrare una sorprendente resilienza dinanzi a due eventi catastrofici che l’hanno pesantemente danneggiata, vale a dire gli uragani Irma e Maria. Nonostante tutto infatti il Paese centroamericano è cresciuto ad un ritmo del 4,8%, in frenata di due punti percentuali rispetto al biennio precedente ma realizzando un incremento significativo del PIL pro capite passato da 16.600 a 17.000 dollari.

Ciò significa che le riforme messe in campo dal presidente Danilo Medina hanno avuto l’enorme pregio di aiutare l’economia nazionale a diventare “granitica” e quindi meno soggetta a shock esterni. Il presidente, pur non attraversando un momento semplicissimo in quanto sfiorato da uno scandalo di corruzione che ha messo in luce i suoi legami con ambienti tutt’altro che trasparenti, è però riuscito a risollevare le sorti di molti comparti – dall’agricoltura all’edilizia, passando per il settore turistico e quello dell’intermediazione finanziaria.

Ma uno dei risultati più soddisfacenti riguarda il miglioramento dei dati sugli Investimenti diretti esteri (IDE) passati, in soli dodici mesi, da 33,56 a 35,93 miliardi di dollari: numeri che dimostrano l’aumentato appeal del meraviglioso Paese caraibico agli occhi degli investitori internazionali. Il buono stato di salute dell’economia domenicana è poi confermato anche dal dato relativo agli investimenti all’estero compiuti dal tessuto economico domenicano, incrementati di 100 milioni di dollari fra il 2016 ed il 2017.

La crescita del Paese è sotto gli occhi di tutti e comincia a presentare alcuni elementi che non sarebbe sbagliato definire come strutturali e che quindi hanno cominciato a catturare l’attenzione di più di un investitore. Uno sviluppo confermato dalla “mutazione genetica” di Santo Domingo avvenuta nell’ultimo ventennio che oggi non ha nulla da invidiare alle principali realtà urbane presenti nella regione.

Anche a livello internazionale il lavoro portato avanti da Medina ha avuto alcuni innegabili effetti come il riavvicinamento con la Corea del Sud, grazie all’apertura di una nuova ambasciata sul territorio domenicano, evento che segnala la volontà di Seoul e Santo Domingo di approfondire la loro collaborazione già ben strutturata soprattutto nel comparto energetico e nel settore turistico.

La considerazione che Medina si è guadagnato nel panorama internazionale è quindi al momento sensibilmente più elevata di quella di cui gode a livello nazionale dove il suo tasso di popolarità è crollato dal 90% del 2016 a meno del 50% di questa prima parte di 2018.

E’ paradossale infatti come da un lato il presidente sia internazionalmente considerato uno dei principali mediatori nella crisi venezuelana mentre dall’altro deve affrontare, in patria, ormai da mesi manifestazioni di protesta che ne chiedono le dimissioni.

Inoltre, notizia recente, è l’interruzione delle relazioni diplomatiche fra Repubblica Dominicana e Taiwan, conditio sine qua non per la realizzazione di un avvicinamento a Pechino (la Cina non intrattiene relazioni diplomatiche con tutte le nazioni che riconoscono Taiwan) che, a differenza di Taipei, può offrire imperdibili opportunità di sviluppo al Paese caraibico. In particolare a far gola ai dominicani è la possibilità di partecipare all’iniziativa Belt and Road oltre a poter beneficiare degli ingenti investimenti che Pechino ha in cantiere sul territorio nazionale e che riguardano sette progetti infrastrutturali e che ammontano, complessivamente a 3,1 miliardi di dollari.

In ogni caso, in linea generale, si può dire che ci sono una serie di buone ragioni per investire sul piccolo ma popoloso Paese caraibico (10,7 milioni di abitanti); fra questi spiccano:

  • una posizione geografica vantaggiosa che la mette in comunicazione facilmente tanto con l’America del Sud tanto con l’America del Nord;
  • una serie di incentivi molto interessanti come: presenza di zone franche, possibilità di usufruire dell’esenzione dalle imposte doganali (solo per alcuni comparti) e facilità nel costituire una società locale;
  • una popolazione giovane e connessa (il tasso di penetrazione di internet sfiora il 60%);
  • uno dei livelli di sviluppo infrastrutturali migliori di tutta l’area.

Rapporti con l’Italia

Le relazioni commerciali fra Roma e Santo Domingo sono ottime e sono “esplose” grazie ad un incremento dell’export di Made in Italy che, nel 2016, ha toccato il 36% passando da 252 a 343 milioni di euro. I dati definitivi relativi allo scorso anno non sono ancora disponibili, tuttavia quelli parziali, che si riferiscono ad i primi nove mesi del 2017, indicano una leggera frenata (-9%) delle nostre vendite nella Repubblica Dominicana. Un dato perfettamente normale dal momento che nel 2016 il boom del nostro export era connesso ad una commessa specifica relativa alle forniture per la centrale elettrica di Punta Catalina. La crescita era stata così imponente che le esportazioni italiane erano addirittura arrivate vicine ai livelli dell’export spagnolo, per ovvi motivi da sempre più performante di quello italiano nel Paese centroamericano.

In assoluto comunque la solidità dei rapporti tra i due Paesi è confermata da un dialogo politico proficuo culminato con la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Santo Domingo nel febbraio del 2017 e da una collaborazione molto intensa soprattutto nel settore dell’energia e delle risorse idriche ma anche in materia di sicurezza e di contrasto alla criminalità organizzata, come sottolinato dall’ex ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, nel recente incontro (4 maggio 2018, ndr) con il ministro degli Esteri della Repubblica Dominicana, Miguel Octavio Vargas Maldonado.

In conclusione quindi investire sul piccolo Paese centroamericano può rivelarsi davvero un’ottima idea per le PMI italiane soprattutto perché nonostante permanga un’ampia fetta della popolazione (circa il 30%) che vive al di sotto della soglia di povertà sono presenti sacche di consistente ricchezza che possono permettersi ed apprezzano le nostre pruduzioni premium.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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