Cuba: è il momento di cambiare

Cuba: è il momento di cambiare

28 Maggio 2018 Categoria: Focus Paese Paese:  Cuba

Sono tempi nuovi per Cuba, Paese che continua a vivere all’insegna dell’ideologia comunista ma che, negli ultimi anni, si è trovato a sperimentare cambiamenti significativi che stanno incidendo su economia e società. Scopriamo insieme quali.

Cuba è un’isola meravigliosa che da sempre suscita curiosità ed affascina milioni di visitatori attratti dalla possibilità di vedere – oltre a luoghi meravigliosi – anche la concreta applicazione del comunismo e quindi i suoi effetti economico-sociali. Anche a La Havana però qualcosa sta cambiando, in primo luogo da un punto di vista politico.

A Cuba infatti, dallo scorso 19 aprile, c’è nuovo presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio di ministri dell’Assemblea nazionale cubanaMiguel Díaz-Canel – ingegnere elettronico di 57 anni, che ha preso il posto – al vertice dello stato centroamericano – di Raul Castro (fratello di Fidel) che però manterrà la carica di segretario del Partito comunista cubano (PCC) fino al 2021. In tal modo quindi Raul intende vigilare sul passaggio di consegne anche perché è proprio il PCC che guida e decide le sorti del Paese come si legge nell’articolo 5 della Costituzione cubana infatti “il Partito Comunista di Cuba, martiano e marxista-leninista, avanguardia organizzata della nazione cubana, è la forza dirigente superiore della Società e dello Stato, che organizza e orienta gli sforzi comuni verso i fini più alti della costruzione del socialismo e l’avanzata verso la società comunista”.

In ogni caso va sottolineato che Díaz-Canel non è certamente una figura nuova nel panorama politico cubano dal momento che già nel lontano 1983 fu nominato presidente dell’Unione dei giovani comunisti. In tempi più recenti ha inoltre ricoperto la carica di ministro dell’Istruzione (2009-2012) ed ha infine coadiuvato il fratello di Fidel nel suo secondo mandato presidenziale (2013-2018) in qualità di vice presidente del Consiglio di Stato di Cuba. Un successore quasi designato quindi, anche se è pur sempre il primo presidente che, dopo 42 anni, non porta più il cognome Castro.

Gli analisti esteri, tuttavia, non nutrono grande fiducia in questo personaggio considerato molto poco carismatico ed innovativo e che pare non avere alcuna intenzione di distaccarsi dalla linea ufficiale del partito che prevede il mantenimento del monopolio politico del PCC.

A quanto pare però la scelta di non procedere con un ricambio dinastico che avrebbe dovuto portare alla presidenza del Paese l’unico figlio maschio di Raul, Alejandro Castro, è stata una scelta ben studiata proprio per non rovinare l’immagine di Cuba a livello internazionale anche se egli rappresenterà in ogni caso una figura ingombrante per il nuovo presidente.

Quello che però dovrebbe preoccupare maggiormente Díaz-Canel sono le note difficoltà economiche di un Paese in cui la grave carenza di beni di prima necessità, il razionamento dell’energia e la fuga dei cervelli sono diventati ormai una triste consuetudine.

La situazione è quasi drammatica se si guarda ad alcuni dati che inchiodano la classe dirigente del Paese dinanzi alle proprie colpe: la produzione agricola è ferma ai livelli del 2005, per quella industriale bisogna ritornare addirittura al 1989 mentre l’export, complice la crisi venezuelana, è tornato ampiamente sotto quota 3 miliardi di euro annui.

Garantire un posto di lavoro a tutti (tasso di disoccupazione al 2,2%) non è sufficiente perché nella maggior parte dei casi i salari non coprono neanche i bisogni primari della popolazione costretta a lavorare anche nel settore privato in cui, secondo alcune stime, oggi opera infatti il 40% dei cubani.

La vera sfida che attende il nuovo presidente quindi riguarda innanzitutto il passaggio ad un regime socialista di mercato, sul modello cinese e vietnamita, che conceda quindi ai cubani che lo desiderano l’opportunità di lavorare per sé stessi e di incrementare così la produttività di una working class demotivata da stipendi universalmente livellati verso il basso.

Ma il timore, profondamente infondato, che cambiamenti del genere possano portare verso un rovesciamento del potere costituito dovrebbe prevalere anche in Díaz-Canel. Con buona pace della qualità della vita dei cubani.

A livello internazionale invece i rapporti con gli Stati Uniti sembrano essersi molto raffreddati dopo l’elezione di Donald Trump che sembra voglia legare la prosecuzione dell’opera di avvicinamento fra Washington e La Havana al raggiungimento di standard democratici minimi che al momento non sembrano essere raggiungibili nell’isola.

Con l’UE invece, anche grazie all’Accordo di Dialogo Politico e di Cooperazione (PDCA) siglato nel 2016 ed applicato in via provvisoria dal novembre 2017, si è aperta una fase nuova di dialogo che potrebbe portare ad un ulteriore rafforzamento delle relazioni commerciali (già oggi il Vecchio Continente rappresenta il primo investitore estero a Cuba).

Rapporti con l’Italia

Nel 2017 l’interscambio fra Roma e La Havana, storicamente sbilanciato a favore del Belpaese, si è attestato su circa 311 milioni di euro. Tuttavia l’export italiano verso Cuba è sceso da oltre 330 milioni di euro del 2015 a 291 milioni del 2017 (ma va detto che nel 2010 si fermava ad appena 184 milioni di euro) mentre nello stesso periodo è cresciuto il peso di macchinari ed apparecchiature arrivati a contare per oltre un terzo sul totale delle vendite italiane verso Cuba.

Comunque per tutte le PMI interessate ad esportare i propri prodotti sul mercato cubano è bene tener conto che a Cuba “l’importatore è lo Stato, pur nelle sue diverse declinazioni imprenditoriali. Per esportare a Cuba è necessario quindi accreditarsi presso un elenco dei fornitori (Cartera de proveedores) di una delle strutture imprenditoriali pubbliche cubane deputate all’importazione della categoria di prodotti d’interesse. Tale registrazione, dovrebbe avvenire una volta individuato un interesse potenziale da parte cubana ad acquisire i propri prodotti in funzione del loro rapporto qualità/prezzo” come ha spiegato Mauro De Tommasi, direttore dell’ufficio ICE di La Havana (aperto nel 2016), ad Exportiamo.it.

Infine per quanto riguarda le opportunità d’investimento all’estero un grosso aiuto è fornito dalla legge sugli investimenti esteri del 2014 (che ha di fatto aperto agli investimenti esteri in tutti i settori eccezion fatta per sanità, istruzione e forze armate) e dalla creazione di una Zona di Sviluppo Speciale (ZED) in un’area adiacente al nuovo porto di Mariel per accelerare lo sviluppo dell’industria locale, agevolare il trasferimento di tecnologie avanzate e know-how e sviluppare infrastrutture e servizi.

Ovviamente però per compiere il vero salto di qualità nei rapporti con l’Italia e più in generale con tutti gli stati occidentali sarebbe necessario che Cuba si muovesse in direzione di un cambiamento più deciso che scongiuri il pericolo di rimanere ulteriormente indietro, in un mondo in continua evoluzione.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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